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l’inchiesta mala pigna

«Il villaggio Tucano realizzato con i soldi dei sequestri dai clan della Piana di Gioia»

Gangemi «una slot-machine per Piromalli». I «contatti costanti» con l’imprenditrice Flora Fabiano per il resort di Le Castella e l’incontro a Vibo

Pubblicato il: 21/10/2021 – 15:26
di Pablo Petrasso
«Il villaggio Tucano realizzato con i soldi dei sequestri dai clan della Piana di Gioia»

REGGIO CALABRIA Nella holding della famiglia Gangemi, che la Dda di Reggio Calabria considera legata ai clan della Piana di Gioia Tauro, ci sono interessi turistici nel Crotonese. Lo racconta il pentito Cosimo Virgiglio nel corso di un interrogatorio del 6 dicembre 2018. I Gangemi, dice «investirono mediante la costruzione del villaggio Tucano» di Le Castella. L’idea che risale a diversi anni fa, sarebbe stata di una delle menti economiche della famiglia, Nino. Le sue conseguenze, però, portano ai giorni nostri. E si incrociano con un passaggio della maxi inchiesta “Rinascita Scott” e con considerazioni imbarazzanti per la famiglia Fabiano, che gestisce quella struttura e altre nel Cosentino.
Anche il collaboratore di giustizia Antonio Russo, «nel verbale di interrogatorio del 25 giugno 2019 riconduce il villaggio “il Tucano” a un investimento nel Crotonese del fu Nino Gangemi». Secondo il pentito, Gangemi «riciclava le ingenti somme di denaro derivanti dai sequestri di persona». «Nino Gangemi – spiega Russo – veniva definito, “una slot-machine” da Peppino Piromalli; era, diciamo, una macchinetta di soldi, lui ha investito molto sulla zona di Isola Capo Rizzuto con il villaggio Tucano, la posizione del villaggio Tucano, dove non sappiamo… quanti centinaia di appartamenti avevano fatto a “Le Castella”, precisamente una delle località turistiche più belle della Calabria». Era, per Russo, una «operazione di riciclaggio, anche perché Nino Molè…. eh Nino Gangemi, era colui il quale riciclava i soldi dei sequestri di persona… lui era la mente».

L’operazione Rinascita Scott e l’incontro al “Cin Cin” bar

Dopo la morte della «mente» dell’affare, i Gangemi avrebbero però continuato a portare avanti il business grazie al fratello Domenico. Un «elemento», questo, che secondo i magistrati della Dda di Reggio Calabria, «emerge dai contatti telefonici e personali tra quest’ultimo e Flora Fabiano, spesso vertenti sulle dinamiche gestionali della struttura turistica, gestita da quest’ultima». Un passo indietro. È il 2 febbraio 2016, quando Rocco Delfino e Domenico Cangemi si siedono al Cin Cin Bar, locale considerato dall’Antimafia catanzarese come lo snodo di alcune attività criminali legate alle cosche del Vibonese. Al tavolo con i due uomini che arrivano dalla Piana di Gioia Tauro ci sono il proprietario, Gianfranco Ferrante (considerato dai pentiti un bancomat del clan Mancuso) e Vincenzo Barba, altro presunto esponente delle ‘ndrine di Vibo. «Alle ore 13.27 circa – appuntano gli investigatori – si nota Domenico Cangemi alzarsi ed andare incontro ad una donna che era stata notata entrare poco prima all’interno del locale». È il Nipaf di Reggio Calabria, in un’informativa dell’aprile 2020, a completare l’informazione.
«Sul punto – annotano i carabinieri – occorre far presente che dai riscontri delle videoriprese ritraenti ia donna in questione, è possibile risalire all’identità della stessa, coincidente con l’intestataria dell’auto ritratta dagli investigatori». Si tratterebbe appunto di Flora Fabiano, «soggetto che gestisce attività turistiche nel Cosentino e nel Crotonese, in costante contatto con Domenico Cangemi, con il quale le interlocuzioni telefoniche erano numerose e con cadenza quasi quotidiana, spesso vertenti su aspetti gestionali delle strutture turistiche».

L’affare immobiliare a Crotone e il presunto ruolo dell’imprenditrice

Un rapporto che si ripresenta quando Rocco Delfino, uno dei principali indagati nell’inchiesta “Mala Pigna”, considerato il braccio economico del clan Piromalli, cerca «di concludere un affare avente ad oggetto l’acquisto su asta fallimentare di complessi immobiliari nel Crotonese». In una conversazione ambientale captata il 10 marzo 2019, Delfino si interfaccia «con Ettore Gangemi per ottenere consigli circa un importante investimento avente a oggetto l’acquisto di 17 appartamenti e di altre attività commerciali (supermercato, bar, tabacchino, ristorante) per un valore di asta di circa 600mila euro». L’affare non andrà a buon fine ma, per chiudere l’operazione, sarebbe stata «determinante – è il virgolettato riportato nell’ordinanza di custodia cautelare – tale “Flora”, espressamente nominata da Delfino durante la conversazione, intesa Flora Fabiano, soggetto che gestisce il villaggio turistico “Il Tucano” nel Crotonese, (…) attività turistica sulla quale incide significativamente Domenico Cangemi, come dai riscontri investigativi ottenuti con la presente attività di indagine. Le interlocuzioni telefoniche tra Fabiano e Cangemi sono numerose e con cadenza quasi quotidiana, spesso vertenti su aspetti gestionali della struttura turistica».
In questo contesto, l’imprenditrice «sarebbe stata il soggetto da incaricare per la gestione delle attività commerciali in quanto persona abile nel settore. Trattasi di una donna ben conosciuta dal Delfino e descritta come persona scaltra e “uguale a suo padre”, in grado di esercitare su Mimmo Cangemi una particolare influenza». In sostanza, Cangemi e Delfino «ragionavano sull’opportunità di far entrare la Fabiano nell’affare e, nella circostanza, Delfino proponeva di farle gestire le attività commerciali garantendole un tot all’anno». I due progettano l’acquisto delle attività da un’asta fallimentare ma sanno che «non è il settore nostro», dunque pensano di coinvolgere Fabiano perché «in queste cose è brava: per gestire il ristorante, per gestire il supermercato». «Io – dice Delfino – volevo, lei che rimanga lì dentro, perché se sanno che c’è lei, le diamo 10mila euro all’anno tutte cose».

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