REGGIO CALABRIA Si richiamano al movimento di Trieste, i componenti del “Comitato per il diritto al lavoro” che stamani a Reggio Calabria hanno aperto una tre giorni di sit-in per manifestare dissenso al green-pass e sensibilizzare contro quello che definiscono un ricatto.
«Non vogliamo entrare nel merito dei temi inerenti la pandemia, il vaccino, o altro – afferma il loro portavoce Giuseppe Modafferi – ma riteniamo umiliante che molti lavoratori siano costretti ogni due giorni a fare lunghe file e sottoporsi ad un fastidioso tampone per poter svolgere il proprio lavoro. E lo è sia sotto il profilo economico, per i costi legati ad ogni esame, un vero e proprio pizzo, sia sotto il profilo fisico, per le difficoltà e i disagi di essere sottoposti a tampone ogni 48/36 ore».
«La nostra iniziativa qui in piazza – afferma ancora Modafferi – è soprattutto informativa ma anche di sostegno, perché abbiamo notizia di persone psicologicamente provate da questa procedura, ed infine di solidarietà ai lavoratori portuali di Trieste che stanno portando avanti una battaglia, non solo per loro, ma per tutta l’Italia. Trieste è diventato il ‘fronte nazionale’ per un ritorno alla libertà e per il rispetto della nostra Costituzione. Venerdì e sabato ci sposteremo in piazza Italia. Sabato, in particolare stiamo tentando di coinvolgere più persone per un abbraccio. Quando c’è un momento di crisi, culturale, sanitaria, economica, i cittadini devono aggregarsi, abbracciarci e manifestare civilmente e democraticamente il nostro punto di vista. Non siamo per azioni violente. Siamo padri di famiglia, imprenditori, liberi professionisti che democraticamente vogliono fare sentire il loro dissenso. Pur essendo questa una iniziativa “politica”, non si tratta più di un problema ideologico. Siamo lontano dai partiti. In Italia abbiamo un Parlamento, di fatto, sterilizzato, con le decisioni che passano da un nucleo ristretto di individui e la democrazia un po’ ne soffre».
«Anche Reggio, così come le altre città si unisce a questa protesta civile – conclude Modafferi -. Le persone hanno bisogno di essere tranquillizzate, hanno bisogno di uscire fuori da questa situazione che si trascina orma da quasi due anni».
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