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Tutte le rotte portano a Roccella Jonica, cronaca di un’emergenza quotidiana – FOTO

Uno sbarco al giorno. Circa 4mila persone arrivate negli ultimi mesi. Le nuove rotte e le strategie degli scafisti. L’impegno della Croce Rossa. Il “non hotspot” per l’accoglienza

Pubblicato il: 23/10/2021 – 12:22
di Francesco Donnici
Tutte le rotte portano a Roccella Jonica, cronaca di un’emergenza quotidiana – FOTO

ROCCELLA JONICA “Ciao, Italia!”. Al molo sono passate da poco le tre del pomeriggio quando, il 21 ottobre, la motovedetta della Guardia costiera si avvicina veloce al porto “Madonna delle Grazie”, al punto individuato per le operazioni di sbarco.
A bordo ci sono 87 persone soccorse qualche ora prima sessanta miglia a largo della costa. Sono tutti uomini, la maggior parte con poco più di vent’anni. Il loro grido di gioia ricorda molto quello degli emigranti d’un tempo alla vista del “nuovo mondo”, dopo lunghe traversate, stipati in terza classe o nelle stive. «Alzi la mano chi viene dall’Iran», dice l’ufficiale che effettua il conteggio prima dello sbarco. «C’è anche qualcuno dall’Afghanistan? E dalla Siria?» Uno dopo l’altro vengono fatti scendere. Qualcuno è scalzo perché nel tragitto le scarpe hanno assorbito così tanta acqua di mare da essere inutilizzabili. Qualcun altro trema, ma sorride. Solo nella giornata del 21 ottobre, al porto di Roccella Jonica è il terzo sbarco. Non l’ultimo. Ce ne sarà un altro durante la notte, 60 persone circa. Poi un altro il giorno dopo, così come a Seminara. Quasi tutte le volte vengono portate a riva dopo essere state soccorse. Gli scafisti non sbarcano più mescolandosi ai passeggeri o tentando la fuga (via terra o via mare) prima dell’arrivo delle autorità. La nuova strategia è quella di abbandonare l’imbarcazione molto a largo, spesso danneggiandola così da giustificare la richiesta di soccorso in mare.
«Se gli scafisti non vengono trovati alla guida, diventa molto più difficile identificarli ed arrestarli», dicono i militari della Guardia di finanza.

Roccella Jonica, Sbarchi
La motovedetta della Guardia costiera entra nel porto di Roccella Jonica. Terzo sbarco del 21 ottobre 2021

Già alle prime luci dell’alba, era stato annunciato il primo approdo.
Questa volta i migranti sono 62 (50 provenienti dall’Afghanistan) tra cui 18 donne e diversi bambini, uno nato da pochi mesi. Due minori non accompagnati. Una donna accusa un malore. Ha i panni zuppi d’acqua. Viene soccorsa e cambiata d’abito, poi si distende sotto la tenda della Croce Rossa.
La struttura è appena qualche passo avanti alle carcasse dei pescherecci utilizzati per i “viaggi della speranza” dei giorni precedenti. Enormi casse di legno ammuffito con scritte arabe e pneumatici legati ai bordi.
Nemmeno il tempo di ultimare i controlli come da protocollo, viene annunciato l’arrivo di una barca a vela con a bordo 28 persone. Molti vengono dall’Egitto, a testimonianza che oltre a quella turca, anche altre rotte potrebbero condurre in Calabria, individuata come nuova meta appetibile. La parte di un disegno più ampio, che passa dalla chiusura del confine turco-greco via terra e prosegue con l’intensificarsi di controlli e respingimenti sulla rotta libica e nel Mar Mediterraneo.

Il primo approdo

Roccella Jonica, Sbarchi
Dopo la registrazione, le persone sbarcate attendono il tampone

«Me ne sono arrivati 700 e siamo senza ambulanza». Concetta Gioffrè, presidente del “Comitato Riviera dei Gelsomini” della Croce Rossa Italiana sta parlando al telefono nel container dedicato ai volontari dell’associazione. Non si ferma un attimo. Dà il numero delle persone sbarcate solo nell’ultima settimana. «Sì, oggi altri due sbarchi e almeno un altro tra poche ore».

Concetta Gioffrè

I migranti che giungono al porto della Locride, appena messo piede a terra, devono fornire luogo di provenienza ed età. Gli viene appiccicato un numero sul petto, poi le autorità scattano la foto segnaletica. «Appena arrivano – ci racconta Gioffrè – non hanno un’identità, il riconoscimento richiede tempi lunghi».
Le difficoltà e l’impegno nell’intervento si apprezzano anche dal punto di vista emotivo.
«Basta assistere a uno sbarco per capire l’intensità di quello che incontriamo quotidianamente. – dice la presidente del comitato Cri – Come facciamo a non diventare affabili quando vediamo quei bimbi che già dalla barca cominciano a salutarti». Tra le storie più forti ci sono quelle delle persone soccorse con sul corpo ancora i segni delle torture subite nei “lager” libici. «Oppure il bimbo di pochi mesi che non mangia da diversi giorni ed ha bisogno di un po’ di latte per rifocillarsi. È naturale. È impossibile non farsi coinvolgere emotivamente».

Roccella Jonica, Sbarchi
Dopo lo sbarco gli operatori dell’Usmaf effettuano i tamponi Covid-19

Numeri mai visti

Le persone sbarcate vengono sottoposte a tampone da parte degli operatori dell’Usmaf, che accertano eventuali casi di positività al Covid-19. «Ieri (riferito alle 98 persone sbarcate il 19 ottobre e provenienti in prevalenza da Afghanistan, Bangladesh e Pakistan, ndr) non c’era nessun positivo». Il giorno prima, lo sbarco più imponente tra gli oltre 40 di questi ultimi 4 mesi: 299 persone, in prevalenza dall’Egitto. Tra loro 26 positivi, come riportato nel report che ogni sera viene stilato dal comitato e inviato alla sala operativa nazionale.

Roccella Jonica
Agente di polizia durante le operazioni di sbarco e primo soccorso

«Come Croce Rossa veniamo attivati dal sindaco e dalla prefettura. Nell’immediatezza provvediamo al soccorso sanitario e socio-assistenziale. Provvediamo a dare un minimo di aiuto, un primo supporto alimentare, una reidratazione. Successivamente, diamo supporto sanitario. Siamo tutti soccorritori ma la nostra squadra è dotata quasi sempre di un infermiere».
Nemmeno loro si aspettavano che quello degli sbarchi, in Calabria, divenisse un fenomeno strutturale. Quotidiano. «Roccella è sempre stato un porto d’approdo per imbarcazioni provenienti da Turchia o Libia, ma negli anni passati parliamo di un flusso tutto sommato gestibile».
Gli sbarchi avvenuti nella mattinata del 21 ottobre sono il numero 40 e 41 in poco più di cento giorni. In concomitanza, altri due imbarcazioni erano state intercettate a largo di Bova Marina e Crotone con a bordo rispettivamente 81 e 127 persone. In quello stesso giorno viene superata la complessiva somma delle quattromila persone sbarcate nell’ultimo periodo. «Possiamo parlare di vera e propria emergenza».

La struttura comunale

Roccella Jonica, Sbarchi
Dopo le procedure previste dal protocollo, le persone sbarcate attendono i mezzi per il trasporto nella struttura comunale o per lo smistamento diretto

Operatori e forze dell’ordine ormai da mesi vivono gran parte delle loro giornate a coordinare le operazioni al porto. «Mentre prima vedevamo una bella sinergia da parte della rete di supporto alle persone che arrivavano, negli ultimi giorni facciamo fatica a coordinare il tutto», dice Gioffrè.
Dopo aver fatto i tamponi, le persone sbarcate vengono fatte sedere sotto le tende allestite al molo. Alcuni si riparano all’ombra dei relitti e rimangono in attesa. «Dopo l’accertamento delle positività (al Covid-19, ndr) vengono divisi per nucleo familiare anche per capire se ci sono minori non accompagnati. Normalmente venivano ospitati nella struttura comunale, ma da qualche giorno la situazione è cambiata perché il coordinamento è difficile».
La struttura comunale è un edificio sito sulla statale, non molto distante dal porto. In termini di distanza e gestione, solo sostanzialmente, pare rispondere ai requisiti – previsti dall’agenda europea sulla migrazione del 13 maggio 2015 – di un “hotspot”, ma non lo è. Cancelli chiusi, impossibilità di entrare ed uscire se non autorizzati. Tanto che le autorità delegate ci spiegano che tutti i passaggi quotidianamente affrontati rientrano nella così detta “Sop”, la procedura operativa standard adottata dal Ministero dell’Interno come misura necessaria e funzionale a trattenere le persone per identificarle ed a stabilire i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato competente per l’esame di una domanda di protezione internazionale.
L’edificio di Roccella Jonica, dov’è impegnata anche la Protezione Civile, può arrivare ad ospitare fino a 120-130 persone per turno. Troppo poche a fronte dei numeri registrati nell’ultimo periodo. Le persone allocate nella struttura non rimangono per più di 24-48 ore, fino all’arrivo del pullman che li porta al “Cara” di Crotone o nei centri di accoglienza che danno disponibilità. Altri vengono portati in Sicilia, sulle navi quarantena, com’è stato per le due sorelline disabili provenienti dall’Afghanistan – imbarcate insieme alla famiglia con la speranza di approdare in Germania per trovare una cura – la cui storia è stata riportata sulle colonne di Avvenire. Tra un ricambio e l’altro, la struttura viene sanificata anche se i tempi, negli ultimi giorni, sono sempre più stringenti. L’impossibilità sopravvenuta di passare per la struttura comporta che alcune delle persone sbarcate vengano prelevate direttamente dal porto per lo smistamento. Il numero eccessivo di sbarchi del 21 ottobre scorso ha fatto sì che alcuni di loro, in attesa di collocazione, fossero costretti a passare la notte al porto.

Lo “stato di emergenza”

Roccella Jonica, Sbarchi
Peschereccio utilizzato per traversate precedenti

Il sindaco Vittorio Zito ha spesso parlato di Roccella Jonica come un «unicum» in tutta Italia: costretta a fronteggiare il fenomeno senza strutture adeguate per l’accoglienza. Anche per questo, negli ultimi giorni chiede con insistenza alla prefettura di dichiarare lo “stato di emergenza”: «Alle condizioni attuali non c’è più possibilità di dare la massima dignità dell’accoglienza». All’indomani dello sbarco di 299 persone, ha indirizzato una lettera al prefetto Massimo Mariani sollecitando un «intervento urgentissimo».
«Abbiamo modo di ritenere – si legge – che nel corso del 2021 le spese impegnate (e quindi le obbligazioni assunte) dal comune di Roccella per la gestione degli sbarchi supereranno la cifra di 300mila euro». Il Ministero dell’Interno ha assunto l’impegno di attivare per il prossimo anno «una struttura che segua con competenza, professionalità e risorse adeguate l’assistenza ai migranti».
«Ma – conclude Zito – oggi non abbiamo tempo per attendere ed è necessario un intervento immediato e straordinario».
Mentre gli Stati discutono di muri e gestione dei flussi migratori intorno al tavolo dell’Unione Europea, interi popoli continuano ad investire migliaia di euro a tratta. E un’altra nave è già pronta a prendere il largo in cerca di un futuro diverso. (redazione@corrierecal.it)

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