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La riflessione

«Politici in Calabria: più danni che meriti»

Ancora una volta l’astensionismo si è confermato il primo partito in Calabria.  Questa volta mettendosi al paio con le altre regioni italiane nelle quali, fatte salve rare eccezioni, gli elettori …

Pubblicato il: 25/10/2021 – 10:31
di Franco Scrima*
«Politici in Calabria: più danni che meriti»

Ancora una volta l’astensionismo si è confermato il primo partito in Calabria.  Questa volta mettendosi al paio con le altre regioni italiane nelle quali, fatte salve rare eccezioni, gli elettori hanno preferito non recarsi ai seggi elettorali. E non è cosa da poco! È come essere in presenza di una crisi generalizzata della politica di cui nessuno sembra volere prendere atto.
Il voto recente ha fatto segnare una partecipazione tra le più basse di sempre. Alle urne si è recato il 54,68% degli italiani. E, volendo entrare nel merito, si intuisce che il ritornello è sempre lo stesso: far credere che la responsabilità sia degli altri! Il che significa continuare ad assistere ad una massa di elettori che preferisce una gita “fuori porta”, piuttosto che sentirsi responsabilizzata dal voto. Anche per questo la causa è da attribuire alla classe politica che si mantiene sempre più lontana dai bisogni della gente.
È un aspetto importante quello della partecipazione elettorale, proprio perché si va sempre più assottigliando il numero dei votanti. Gianfranco Pasquino, raffinato politologo, ha evidenziato due possibili cause che attengono all’astensionismo: l’una è la convinzione che la vittoria dell’uno sull’altro è ritenuta di scarso impatto sulla condizione dei cittadini e l’altra che i partiti non riescono più a coinvolgere gli elettori proponendo candidati non sufficientemente validi. Sono questi, a giudizio degli studiosi della materia, gli elementi prioritari che vanno considerati se si vuole scongiurare in futuro il crollo delle affluenze oggi attestate intorno al 54,60 per cento degli aventi diritto: a Milano e Torino si sono presentati alle urne meno di un elettore su due; un record storico negativo della partecipazione al voto.
Se si dovesse ulteriormente abbassare l’asticella, il rischio potrebbe essere catastrofico anche per la tenuta democratica.
Inutile dire che buona parte della responsabilità del depauperamento dei valori partecipativi ricade per intero sui partiti. È vero che, in taluni casi, si indicano soluzioni a volte lontane dalle reali necessità della gente, da cui nasce l’effetto apatico degli elettori che non si sentono più rappresentati e che considerano i politici alla stregua di “affaristi” che si servono della democrazia per un uso personale e clientelare, tralasciando di considerare i problemi reali.
Ne deriva un bisogno, non più rinviabile, di cambiare le strategie elettorali, la prima delle quali dovrebbe essere l’abbandono dell’idea di supportare candidature di soggetti il cui unico merito è di vantare capacità nella ricerca del voto. L’etica vuole che un politico abbia tra le caratteristiche personali l’onestà, intesa come l’esercizio di un ruolo pubblico senza vantaggi personali, tenendo conto che al primo posto deve esserci l’interesse della collettività.
Anche le competenze personali hanno la loro importanza perché richiedono capacità nel capire le priorità per indirizzare i processi, così come per attuarli è indispensabile che le conoscenze specialistiche si incontrino con la moralità. Si determina, in tal modo, un risultato soddisfacente dell’azione politica.
Ecco perché conta di più proporre ai cittadini persone culturalmente e tecnicamente preparate, piuttosto che i soliti “raccoglitori di voti” che poi, se eletti, non riusciranno a trovare la giusta corrispondenza tra l’oggetto e il predicato.
*giornalista

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