COSENZA Sono iniziati questa mattina in Prefettura a Cosenza, i lavori della Commissione parlamentare antimafia presieduta da Nicola Morra. In audizione, questa mattina, istituzioni e membri delle forze dell’ordine.
Prima di raggiungere la sala riunioni, Morra ha rilasciato alcune dichiarazioni ai nostri microfoni. Il presidente si è soffermato sulla presenza della criminalità organizzata nel territorio calabrese. «L’economia privata al Sud e in particolar modo in Calabria, che è la regione con il reddito pro capite più basso d’Italia e forse Europa, è molto fragile, per cui tantissimi dipendono dall’economia pubblica o assistita. L’economia pubblica è a rischio infiltrazione e lo dimostrano per esempio tutti i ripetuti scioglimenti di enti locali per infiltrazioni mafiosa». Domani la missione dell’Antimafia continuerà a Crotone e proprio sulla provincia pitagorica, Morra parla di situazione difficile: «La Dda è intervenuta sul centro d’accoglienza di Sant’Anna. Fa schifo far soldi in maniera criminale, ma fa ancor più schifo far soldi sulla pelle di disgraziati».
Morra poi individua la possibile soluzione. «Se diventa una questione di tanti, di tutti, allora c’è speranza ma se al contrario si preferisce rimanere clienti e quindi sudditi e non cittadini, la ‘ndrangheta ha vinto». «Se lo Stato non riesce ad essere concorrenziale e l’offerta di sanità pubblica, l’offerta di servizi pubblici, l’offerta di credito viene di fatto dirottata a privati che molto spesso celano interessi di carattere mafioso è ovvio che vince la ndrangheta».
Sulle elezioni e liste di impresentabili, il presidente si sofferma sulla presenza di parenti di alcuni candidati che non hanno partecipato alla contesa elettorale. «Candidando per mogli di incandidabili viene aggirata la legge. La Commissione da me presieduta aveva rafforzato il “codice Morra” di autoregolamentazione che è stata una delle innovazioni rispetto al periodo in cui era presidente Bindi, purtroppo però l’aula della Camera così come l’aula del Senato non ha ratificato». «Spesso – conclude – si viene rinviati a giudizio o comunque condannati con sentenza non definitiva a distanza di anni rispetto al fatto contestato, nel frattempo magari si è gestito il potere come rappresentante del popolo e questo a me fa rabbia».
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