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L’incompiuta

Da centro di recupero a ricettacolo per tossicodipendenti: il rudere nel cuore di Castrovillari (da 40 anni) – VIDEO

Laghi: «Lo stato in cui versa la struttura è emblematico dell’ambiente e della sanità calabrese»

Pubblicato il: 31/10/2021 – 16:05
di Luca Latella
Da centro di recupero a ricettacolo per tossicodipendenti: il rudere nel cuore di Castrovillari (da 40 anni) – VIDEO

CASTROVILLARI Quello che quarant’anni fa sarebbe dovuto essere il Centro polivalente per la lotta all’emarginazione, a Castrovillari, oggi è un rudere di ferro, cemento e mattoni a vista. In pieno centro, a due passi da molte abitazioni e nella disperazione delle famiglie che vi vivono attorno.
Quella struttura di due piani è un classico esempio – con l’aggravante di essere a tinte calabre – di sperpero di risorse pubbliche e di rimpallo delle responsabilità tra enti.

Avrebbe dovuto ospitare un centro di recupero dalle tossicodipendenze ed oggi, paradossalmente, né è divenuto ricettacolo. Poteva essere trasformato in una struttura di accoglienza per le donne in difficoltà ed invece dal 1982 – anno in cui i lavori si sono definitivamente fermati – è lì, incastonato fra palazzine e attività commerciali.
Per erigere le colonne di cemento armato, lo scheletro e le mura, sono stati impegnati nel 1975 prima quasi 400 milioni di vecchie lire, poi altri 100 per una variante ai lavori. Come se oggi si fossero dilapidati – secondo i calcoli de Il Sole 24 ore sul potere di acquisto – 1,3 milioni di euro.
In una vecchia relazione della Provincia di Cosenza, si ripercorre tutte le tappe dello spreco, a partire dalla concessione del terreno da parte del Comune di Castrovillari proprio alla Provincia. L’ente intermedio affida i lavori che iniziano il 18 giugno 1980. Si sarebbero dovuti concludere esattamente due anni dopo, ma prima la necessità della variante da 100 milioni poi i passaggi di competenze prima alla Regione e quindi all’allora Usl, affossano definitivamente il progetto.

Laghi: «Lo stato in cui versa la struttura è emblematico dell’ambiente e della sanità calabrese»

«È paradossale – commenta il neo consigliere regionale Ferdinando Laghi, profondo conoscitore della questione – che da un’idea di recupero per tossicodipendenti, questa struttura si sia trasformata in un ricettacolo per persone dedite all’uso degli stupefacenti. Siamo di fronte a una delle tante eterne incompiute calabresi che, come in questo caso rappresenta un elemento di gravissimo disturbo per tutte le famiglie che vivono qui intorno».

Ferdinando Laghi

Quello che Laghi definisce un “tentativo”, «nasce alla fine degli anni ’70, con una previsione di spesa di 378.942.000 di lire, stanziate dalla Provincia che aveva ricevuto il terreno dal Comune. Poi anche per via di una variante da 100milioni, alla fine il cantiere lavora dal 1980 al 1982 quando viene chiuso definitivamente. Da allora – spiega – i lavori sono fermi ed il manufatto si sta deteriorando».
È a quel punto che inizia il valzer delle competenze. La Provincia passa la patata bollente alla Regione che a sua volta, nel 1983, incarica quella che un tempo era l’Unità sanitaria locale, antesignana di Asl e Asp, «che solo nel 2000 – precisa il consigliere regionale – accatasta il bene».
Il tempo passa e nel frattempo incuria e intemperie alterano il manufatto. «C’è stato anche un tentativo – riferisce Fernando Laghi – dell’amministrazione comunale di intercettare un finanziamento regionale, ma senza alcun seguito. Questa situazione rimane immobile, nessuno sa bene cosa farne mentre il bene continua a degradarsi». Peraltro, l’immobile «è un elemento di disturbo sociale visivo e urbanistico, giacché insiste al centro della città» anche e soprattutto «per le abitazioni vicine. Le famiglie che vi abitano hanno più volte sollecitato l’intervento delle autorità, affinché risolvessero i problemi sorti dall’incuria».
Ferdinando Laghi segnalerà, in Consiglio regionale, «le cose che non vanno. I miei interventi saranno collegati sostanzialmente agli ambiti di mio interesse, la sanità e l’ambiente. Qui si incrociano le due cose. Lo stato in cui versa la struttura è emblematico dell’ambiente e della sanità calabrese».
Adesso bisognerebbe capire cosa farne. «Buttarlo giù, perché è meglio un prato che un rudere fatiscente – conclude Ferdinando Laghi – o valutarne la struttura per recuperare l’idea originale». (l.latella@corrierecal.it)

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