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Stop (parziale) agli aiuti covid, in Calabria imprese a rischio insolvenza

Parte delle misure per fronteggiare l’emergenza pandemica si concluderanno a fine anno. Altre a metà giugno. Mettendo nei guai la tenuta dei bilanci. Nicolò: «Necessario creare le condizioni per lo…

Pubblicato il: 31/10/2021 – 6:59
di Roberto De Santo
Stop (parziale) agli aiuti covid, in Calabria imprese a rischio insolvenza

LAMEZIA TERME C’è una “spada di Damocle” che pende sul sistema produttivo calabrese particolarmente fragile per le sue caratteristiche strutturali: la conclusione di parte delle misure introdotte dai governi per mettere in sicurezza le aziende devastate dall’emergenza coronavirus. Misure che termineranno entro la fine dell’anno, oppure al massimo a metà giugno del 2022, dopo la proroga prevista dalla manovra licenziata dal Governo che ha rifinanziato il sistema di garanzia per le Pmi. Un termine che potrebbe tramutarsi per molte imprese – già logorate dalla lunga fase di stagnazione, prima generata dalla doppia crisi economica e poi dalle conseguenze della pandemia sull’economia reale – in una trappola mortale.
Il rischio maggiore, paventato dagli analisti, è che il blocco di quelle misure ridurrebbe ulteriormente la liquidità delle aziende facilitando un’impennata dei crediti deteriorati e delle insolvenze già a partire dal prossimo anno.
Un terreno che vede da tempo la Calabria rimanere in cima alle classifiche nazionali per qualità del credito deteriorato e per numero di titoli protestati. E con una ripresa economica che in Calabria stenta ancora a farsi sentire; i timori di un nuovo e più pesante tracollo per i bilanci delle imprese è un’ipotesi non molto remota. Anzi.
Il combinato disposto di un forte indebitamento delle aziende assieme al mancato robusto segnale di rimbalzo dell’economia reale e alla conclusione del ciclo di sostegno straordinario programmato dal governo potrebbe costituire un mix micidiale per l’intero sistema produttivo calabrese con ennesimi e ancor più devastati effetti anche sui livelli occupazionali.
Se non dovessero essere intraprese azioni mirate e rapide tese a restituire liquidità alle imprese locali, anche gli investimenti in arrivo in Calabria, attraverso il Piano nazionale di ripresa e resilienza così come dal prossimo ciclo di programmazione comunitaria del Por, rischiano di cadere nel vuoto. Non riuscendo a centrare l’obiettivo principale che resta quello di generare produttività endogena e dunque occupazione essenziale per ripianare il gap con il resto del Paese. Senza liquidità infatti il sistema produttivo calabrese non sarà in grado di compartecipare in maniera decisiva alle misure d’ investimento previste dalle programmazioni comunitarie e nazionali.

I numeri del livello di indebitamento delle imprese

Per dare la dimensione del livello di indebitamento delle imprese calabresi e la forte accelerazione al ricorso ai prestiti, grazie alle misure attivate per fronteggiare gli effetti sull’economia del Coronavirus, è sufficiente scorrere i dati dell’ultimo report di Bankitalia. Il quadro che si delinea fa emergere che il ricorso ai prestiti bancari è cresciuto di 7 punti percentuali su base annua. Un’espansione spinta, fanno rilevare gli analisti di Bankitalia, proprio dalle erogazioni finalizzate al sostegno della liquidità, introdotte dalle misure pubbliche tese a mitigare gli effetti della pandemia sull’economia: la moratoria sui debiti bancari contratti dalle piccole e medie imprese e il rafforzamento del sistema di garanzie pubbliche sul nuovo credito. Stando ai calcoli di Bankitalia, le due misure inserite nei decreti varati dagli esecutivi che si sono succeduti nel periodo dell’emergenza Covid hanno influito decisamente sulla scelta delle imprese calabresi di ricorrere ad un maggiore indebitamento: ben il 65% delle aziende utilizzava almeno una di queste misure e circa un quinto usufruiva di entrambe. Percentuali superiori alla media nazionale.
Somme che però sono servite in gran parte a finanziare il capitale circolante e soprattutto al consolidamento delle posizioni pregresse. E solo marginalmente a programmare nuovi investimenti.

Imprese fragili

Dai dati emerge che il quadro di aiuti previsti per l’emergenza Covid è andato incontro ad un sistema produttivo decisamente fragile. I numeri indicano che la Calabria resta tra le regioni con la peggiore qualità del credito. Nell’ultimo decennio si è assistito, fanno rilevare da Bankitalia, ad «un rapido e marcato accumulo di prestiti deteriorati, soprattutto di sofferenze». Un aspetto che rischia appunto di precludere l’accesso, oltre a nuovi investimenti, ad accedere a misure di sostegno.
Secondo i dati della Centrale dei rischi (CR) e Infocamere, alla fine del 2019 le imprese iscritte al Registro che presentavano prestiti a sofferenza erano oltre 10.000, un dato superiore di quasi l’80 per cento rispetto al 2007.
Inoltre c’è da aggiungere che la Calabria, vanta il triste primato di avere un alto tasso di imprese con titoli di credito protestati che la pone al secondo posto in Italia: risultano in questa situazione, dai dati Istat, 10,1 aziende ogni 1.000 attive. Un quadro che è però migliorato in seguito alle azioni messe in campo dal governo per fronteggiare la crisi pandemica. Ma alcune di quelle iniziative, appunto, termineranno con la fine dell’anno, quando le aziende dovranno dimostrare di poter camminare con le proprie gambe.

Nicolò: «Occorre creare le condizioni per lo sviluppo economico»

Tutto dipenderà dalla ripresa del mercato e dalla capacità delle imprese di puntare sulla formazione. Un aspetto che peserà anche sulla gestione corretta delle risorse del Pnrr.Ne è convinto Domenico Nicolò, professore ordinario di economia aziendale all’Università Mediterranea di Reggio Calabria che indica come soluzione per superare la fase di crisi post covid la necessità di «creare le condizioni per lo sviluppo economico e l’occupazione»

Domenico Nicolò, professore ordinario di economia aziendale all’Università Mediterranea di Reggio Calabria

Professore perché la Calabria finisce sempre tra le regioni con il peggiore indice di crediti deteriorati. Ed è l’area in cui si registrano maggiori protesti?
«È normale che sia così, il tessuto imprenditoriale calabrese è caratterizzato dalla netta prevalenza delle microimprese e delle ditte individuali, quasi sempre a conduzione familiare e con una esigua dotazione di risorse finanziarie. Queste loro caratteristiche le rendono molto fragili: alle prime difficoltà dovute alla contrazione delle vendite, la rigidità dei costi fissi drena le modeste risorse finanziarie di cui dispongono, creando tensione di tesoreria e in molti casi la chiusura dell’attività».

L’impatto del Covid sull’economia reale in Calabria ha peggiorato la capacità delle imprese di onorare i debiti?
«Io sto conducendo una ricerca sulla gestione delle problematiche poste dalla pandemia da parte dei vari attori sociali, protagonisti della vita delle istituzioni, insieme con colleghi di Bergamo e Trento. Questa ricerca pone in luce come tutto il nostro Paese abbia sofferto e stia soffrendo le conseguenze economiche del covid. Le imprese calabresi molto fragili per i motivi già detti, pertanto hanno subito un impatto ancor più forte di quelle di altre regioni. C’è da augurarsi che le imprese riescano a sopravvivere beneficiando dei segnali di ripresa che cominciano a manifestarsi nel nostro Paese, grazie all’efficacia della campagna vaccinale e di prevenzione».

L’intervento dei decreti introdotti dal Governo per far fronte alla mancanza di liquidità da parte degli imprenditori è stata una misura sufficiente per rispondere a questa esigenza delle imprese calabresi?
«Su tutto il territorio nazionale le imprese hanno ricevuto poco rispetto a quanto hanno perso in conseguenza della pandemia. Ci siamo trovati tutti, soprattutto i decisori pubblici, di fronte ad un problema gravissimo e nuovo, che ha prodotto e sta producendo effetti sull’economia delle differenti nazioni paragonabili a quelli di una guerra. Il nostro Paese, inoltre, ha affrontato la pandemia in condizioni di grave squilibrio della finanza pubblica. Difficilmente si sarebbe potuto fare più di quanto si è fatto».

Intravede il rischio che trasferire risorse alle aziende calabresi per rispondere alla mancanza di liquidità finisca però solo a ripianare il quadro finanziario, senza contribuire all’innalzamento della loro capacità di compiere investimenti?
«Le risorse ricevute hanno consentito alle imprese del nostro Paese di tamponare qualche falla, non potevano certo bastare anche per effettuare investimenti. Per la ripresa e lo sviluppo l’Europa ha stanziato ingenti risorse per finanziare il piano di resilienza e crescita, adesso tocca alle imprese e alle istituzioni saper programmare e realizzare investimenti. È molto importante sviluppare capacità di programmazione e di spesa delle risorse pubbliche e non ripetere errori fatti nel passato. È cruciale formare tecnici specializzati nella programmazione degli investimenti».

Cosa occorrerebbe fare di più per sostenere le aziende calabresi e in maniera maggiormente strutturale?
«Le aziende calabresi, soprattutto quelle dei settori turistico e agroalimentare, che sembrano essere quelle con maggiore potenzialità, devono essere aiutate a conquistare i mercati esteri, fornendo loro, a condizioni di particolare favore, servizi di consulenza e formazione soprattutto in materia di commercio elettronico e di internazionalizzazione».

C’è qualche misura aggiuntiva che potrebbe essere attivata in particolare dalla Regione per far fronte alla crisi di liquidità delle imprese?
«La Regione non ha questa funzione istituzionale, ma può e deve investire risorse nella creazione delle condizioni per lo sviluppo economico e l’occupazione. Particolarmente efficaci sono a tal fine gli stage in azienda e presso studi professionali. Molti giovani riescono a dimostrare le proprie qualità proprio grazie ai tirocini e riescono a trovare lavoro. Assai utili sono i servizi di assistenza alle imprese che intendono accedere alle fonti di finanza agevolata, ad ottenere certificazioni di qualità e brevetti, ad intraprendere processi di internazionalizzazione». (r.desanto@corrierecal.it)

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