CORIGLIANO ROSSANO La medicina di frontiera «è stata scientemente smantellata». Il servizio del 118, per com’era concepito il primo soccorso, non c’è più. Da tempo, tanti equipaggi viaggiano senza medico, con tutte le conseguenze del caso e nonostante l’abnegazione e la dedizione, gli infermieri professionali si ritrovano a dover affrontare casi “più grandi” di loro nella gestione dell’intervento: senza medico chi traccia una primissima diagnosi? Chi decide come e cosa fare? Questo genere di domande se le pone chi chiama i soccorsi, un parente che allerta il 118 ma anche le parti in causa.
Sinibaldo Iemboli, medico del servizio sanitario di urgenza ed emergenza «per dedizione e vocazione», nello svolgimento delle sue mansioni si è spesso trovato in situazioni critiche. È stato accoltellato, è stato uno dei primi a contrarre il Covid e da sindacalista denuncia da anni quanto il servizio 118 si senta impotente di fronte alle esigenze della popolazione.
«Qualcuno ha voluto radere al suolo l’unico servizio sanitario calabrese che funzionava “benino”» dice alle telecamere del Corriere della Calabria e de L’altro Corriere Tv. Elenca i motivi per i quali i giovani medici scansano le fatiche del 118 anche per questioni legali, oltre che per un rapporto lavorativo a “convenzione” e racconta i pericoli a cui i medici «di frontiera» sono sottoposti.
Nella notte fra il 3 e il 4 novembre, ad esempio, era l’unico medico disponibile e in servizio per tutta la Sibatitide, da Cariati a Rocca Imperiale – 230 mila abitanti – nelle varie postazioni del 118 territoriali (Cariati, Rossano, Corigliano, Cassano, Trebisacce).
«Queste sono le condizioni in cui il 118 è stato ridotto. Un servizio essenziale per il territorio che qualcuno ha voluto uccidere – dice il dottor Iemboli – e lo ha voluto chi doveva dare risposte alle richieste dei medici del 118». Chiaro il riferimento ai commissari alla sanità regionale che si sono succeduti negli ultimi undici anni. «Come rappresentante del Sindacato Medici Italiani, da anni denuncio cosa non va. Un tempo i problemi segnalati venivano risolti, oggi sembra che nessuno abbia responsabilità. E poi 118 di per sé è già un “mestieraccio” difficilissimo, ci troviamo di fronte a situazioni assurde, a prescindere dai pericoli che corriamo. Il primo medico morto per Covid in Calabria è stato Giuseppe De Vita del servizio 118 di Trebisacce. Siamo medici di frontiera senza alcuna cautela. Peraltro, in alcune aree della nostra regione come Catanzaro, Crotone e Vibo Valentia hanno disincentivato i colleghi sottraendo 5,40 l’ora di indennizzo anche in forma retroattiva e da rimborsare. Ecco perché nessuno vuole venire a lavorare al 118».
Sinibaldo Iemboli rincara la dose. «Un medico in ambulanza è colui che tiene separate la vita dalla morte e nessuno lo vuole capire. Se chi gestisce la sanità in Calabria non ha le capacità o i mezzi, compia un passo indietro».
«Nei casi estremi – dice ancora Iemboli – non possiamo contare su nessuno: non abbiamo tutela legale nel rapporto di lavoro a convenzione e le cause che si intentano contro di noi sono a nostre spese. Questi sono i motivi reali del fuggi fuggi generalizzato dal 118. I medici non sono tutelati né dal punto di vista economico, né legale. L’accordo integrativo regionale è fermo al 2004».
Il professionista del 118 di Rossano rammenta quanto il servizio sia «essenziale per la sanità calabrese, giacché sopperisce anche a molte carenze legate alle distanze dagli ospedali. Un infarto, un ictus, devono ricevere risposte immediate, con diagnosi rapide e trasferimenti altrettanto celeri e quando non c’è un medico sull’ambulanza, quella determinata diagnosi non può essere formulata. Stiamo parlando di vita o di morte, dell’invalidità o meno di un paziente».
Il problemi del 118 ed il reclutamento del personale «devono finire sui tavoli della politica regionale – sottolinea Sinibaldo Iemboli –. Da tre anni stiamo richiedendo incontri che rimangono solo sulla carta, nessuno affronta l’argomento sull’accordo integrativo regionale fermo a dieci anni fa, anche perché siamo pochi e contiamo poco, ma chi decide non si rende conto dell’importanza del servizio sanitario di urgenza ed emergenza».
«Fare il medico del 118 è una passione difficile – e ritorna il sorriso nel descrivere proprio quella devozione al lavoro – siamo quelli che arrivano per primi e salvano le vite. Questo servizio offre anche gioie e soddisfazioni immense. Proprio per questo dovremmo essere maggiormente tutelati da parte dello Stato. Il rischio concreto è che le ambulanze viaggeranno solo con i soccorritori che non potranno dare risposte dal punto di vista medico. Il governatore della Campania, De Luca, è riuscito a risolvere il problema: ha aumentato gli indennizzi da 5,40 a 10,50 a quel personale che copre le ore in più, fermando così l’emorragia di medici dal servizio 118. In Calabria una cosa del genere non è stata neanche presa in considerazione. Anzi, si vuole distruggere l’unico servizio che funzionava “benino”».
In queste ultime settimane di casi legati al servizio di emergenza urgenza, ai tempi, ai mezzi demedicalizzati se ne sono registrati tanti, troppi. La donna di Campana deceduta in autostrada dopo un malore accusato a casa mentre tentava di raggiungere l’ospedale di Cosenza accompagnata dal figlio, preferendo il viaggio all’attesa, la donna investita a Rossano e soccorsa da un’ambulanza senza medico come il 40enne di Roseto Capo Spulico e l’episodio di un’altra donna morta a Villa San Giovanni attendendo i soccorsi, rappresentano solo la punta dell’iceberg. «La Regione – è il monito conclusivo di Sinibaldo Iemboli – si adoperi per la sopravvivenza del 118 altrimenti non rimarrà nessuno a svolgere queste mansioni». (l.latella@corrierecal.it)
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