COSENZA C’è un’accelerazione a potenziare la macchina amministrativa pubblica italiana. Una strategia che punta sia ad incrementare l’immissione di nuovo personale sia anche a qualificare quanti da anni lavorano nelle strutture principali e periferiche dello Stato come negli enti locali. L’ultima manovra varata nei giorni scorsi dal Governo Draghi che è passata all’esame del Senato prevede risorse per 1,8 miliardi in tre anni di cui 870 milioni sul 2022. Somme che serviranno ad assumere oltre centomila dipendenti con contratto a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione. A cui si sommano le assunzioni a tempo determinato del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Un’eccezionale stagione annunciata anche del ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta per rispondere alla penuria di personale all’interno della macchina amministrativa dello Stato. Uno studio di Unioncamere-Anpal a questo proposito, stima in oltre 741mila unità il fabbisogno di cui avrà necessità la pubblica amministrazione da qui al 2025, in gran parte per coprire il turnover. Secondo quelle stime, infatti, 692mila saranno necessari a coprire quanti in questo lasso di tempo andranno in pensione. Ma nel piano del Governo c’è anche quello di inserire personale qualificato in alcuni settori di cui al momento c’è grave necessità: dagli informatici agli esperti nella gestione degli investimenti delle risorse comunitarie.
Un’esigenza quest’ultima dettata dalla necessità di mettere a terra i progetti che saranno realizzati utilizzando le risorse del Pnrr.
Nella manovra, in particolare, si autorizzano nuovi concorsi a partire già dal prossimo anno. Sul piatto ci sono 100 milioni per il 2022, 200 milioni per il 2023 e ulteriori 250 milioni per il 2025. E poi c’è l’indicazione a sostenere la formazione del personale. A questo fine la manovra prevede di istituire un fondo con una dotazione iniziale di 50 milioni di euro per il 2022. Somme che si aggiungono agli oltre 900 milioni previsti dal Pnrr e dai fondi strutturali per gli interventi di formazione e sviluppo organizzativo delle amministrazioni pubbliche. Un’occasione forse unica che dovrà essere colta anche dalla Calabria per potenziare la macchina amministrativa locale, formare la nuova classe dirigente e riqualificare quanti lavorano nei gangli del sistema burocratico calabrese.
Reclutamento di giovani laureati altamente formati così come l’innalzamento delle competenze del personale amministrativo degli enti locali. Sono le principali direttrici indicate da Vincenzo Fortunato – professore associato di Sociologia dei processi economici e del lavoro all’Unical nonché coordinatore del corso di Studi triennale e Magistrale in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni all’interno dell’Università della Calabria – per potenziare la macchina burocratica locale e rispondere alle sfide che deriveranno dalla gestione di risorse aggiuntive europee e nazionali. Un sistema burocratico che sconta gli effetti del blocco del turnover in diversi settori e un’età media dei dipendenti pubblici decisamente alta: 50 anni.
Professore quanto è importante per la Calabria procedere ad un rafforzamento della qualità del management pubblico?
«I temi della classe dirigente e della qualità del management pubblico rappresentano una priorità assoluta per la nostra regione e, più in generale, per l’intero Paese. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una progressiva trasformazione delle Pubbliche amministrazioni sia dal punto di vista strutturale sia organizzativo e gestionale. Tali trasformazioni come il cosiddetto “Nuovo managerialismo pubblico” e la lean administration, non sono state sempre accolte e accompagnate da un cambiamento delle persone e, soprattutto, dei dirigenti e manager chiamati a implementare e guidare il cambiamento. In Calabria questo è ancora più evidente ed evidenzia la necessità di intervenire rapidamente sul fronte della formazione di chi già lavora nella PA, ma soprattutto nel reclutamento mirato di giovani laureati e laureate che abbiano le competenze richieste dal nuovo paradigma organizzativo (digitale, sostenibile, inclusivo). Le competenze sono così importanti nel Pnrr che questa parola è presente ben 205 volte nelle 269 pagine del documento. In particolare, il tema delle competenze dei dipendenti pubblici è centrale nel capitolo dedicato alla prima delle “Riforme orizzontali”, appunto quella della PA. Si parte dall’analisi della situazione esistente, per tracciare poi obiettivi e direttrici di intervento. Al riguardo, appare centrale il ruolo dell’Università e dei Corsi di Studio in Scienze dell’amministrazione nella formazione inter e multidisciplinare proprio di quelle competenze strategiche anche in vista dell’attuazione degli interventi previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza».
Quali sono i principali limiti che attualmente accusa la pubblica amministrazione locale calabrese?
«Innanzitutto c’è un problema di numeri, cioè di entità del personale impiegato in Calabria. Erroneamente a quanto si possa ritenere, il numero dei dipendenti pubblici della nostra regione, se rapportato alla popolazione residente, ci colloca appena al di sopra della media nazionale (circa il 13%) in una posizione compresa tra il 49% della Valle D’Aosta e il 7,5% della Puglia. C’è poi un evidente problema di età anagrafica del personale. Infatti, il ricambio generazionale nell’ultimo decennio è stato lento e parziale: un solo nuovo assunto a fronte di tre cessazioni nelle amministrazioni centrali e di un assunto ogni due cessazioni nelle amministrazioni locali. Così l’età media dei dipendenti pubblici oggi è pari a 50 anni (dati 2019) e soltanto il 4,2% ha meno di 30. Il mismatch tra competenze richieste (progettazione, analisi dei dati, change management, ma anche soft skills nell’ambito della gestione delle risorse umane e della leadership) e competenze attualmente disponibili è un altro dei nodi fondamentali da risolvere per rafforzare la capacità amministrativa. Una capacità amministrativa essenziale negli enti locali per reagire prontamente alle sfide poste dalla imminente realizzazione degli interventi nel Pnrr. A tal fine le risorse impegnate nell’ambito di “Next Generation PA” per i prossimi anni prevedono un consistente piano di reclutamento e potrebbero cambiare il volto e l’efficienza della Pubblica Amministrazione italiana, in linea con i Paesi europei più virtuosi. Sul piatto ci sono 1,67 miliardi tra fondi Pnrr e fondi strutturali suddivisi lungo le tre direttrici della riforma ovvero accesso e reclutamento, buona amministrazione e semplificazione, capacità e competenze».
Ci sono i margini per qualificare il personale attualmente in servizio nella macchina burocratica degli enti locali?
«A mio avviso c’è sicuramente margine per migliorare, anche in considerazione del fatto che il punto di partenza è decisamente negativo. Negli ultimi 10 anni è cresciuto del 24% il numero di laureati nella PA, ma nello stesso periodo l’investimento in formazione si è quasi dimezzato (-46%): ammonta a 49 euro per dipendente pubblico, in media solo 1,04 giorni di formazione l’anno. Le differenze tra i comparti sono molto significative e salta agli occhi il dato relativo al personale scolastico che nell’anno della pandemia e della didattica digitale “d’emergenza” è stato formato per una media di circa 1 ora e mezza. Avere una PA competente non significa solo avere impiegati con un elevato livello formativo all’ingresso, ma anche opportunamente formati sul posto di lavoro. Il rilancio della formazione dei dipendenti pubblici è uno snodo cruciale per la “transizione amministrativa” necessaria ad attuare il Recovery Plan. Sul punto, il ministro Brunetta ha lanciato recentemente “Riformare la Pa” finalizzato ad accrescere le competenze dei lavoratori del pubblico impiego. I primi tasselli finanziari sono portati dal Pnrr, che prevede 139 milioni di euro destinati alla vera e propria formazione individuale e 351 milioni per i piani di riorganizzazione, con focus particolare sugli enti locali; dai fondi strutturali Ue della programmazione 2021-2027, poi, potrebbero arrivare fino a 4-500 milioni da destinare alla nuova sfida. Parliamo quindi di quasi un miliardo per formare e valorizzare le persone che lavorano nelle amministrazioni».
Cosa si potrebbe fare per accelerare l’iter e puntare ad una maggiore efficacia del reclutamento nella PA?
«Innanzitutto, definire chiaramente i fabbisogni e i gap di competenze. Ci sono amministrazioni che hanno seguito correttamente questo percorso. Tra le più interessanti la Città Metropolitana di Bologna che, aiutata dalla relativa recente costituzione dell’ente, ha redatto un Piano di fabbisogno di personale veramente di alto livello. Chiedersi prima, cosa è necessario fare e poi chi dovrà farlo, è una norma di buon senso che nel pubblico vale comunque la pena di richiamare. Occorre poi puntare sulla selezione di Commissioni di qualità, ben remunerate e motivate sui risultati da conseguire. Altri aspetti importanti riguardano la comunicazione chiara delle funzioni richieste e la predisposizione di bandi ben fatti, la centralità delle prove con l’uso delle nuove tecnologie e, infine, la cura dell’accoglienza. Nella nostra regione, sarebbe sufficiente adeguarsi a queste semplici indicazioni, ma questo implica un cambiamento anche culturale oltre che di qualità e disponibilità della già citata classe dirigente locale. Ci sono a livello nazionale delle buone pratiche alle quali si potrebbe guardare per poi provare a fare lo stesso».
E poi c’è la trappola del clientelismo sempre in agguato per la profonda pervasività della politica. Un meccanismo che spesso si rivela un muro insormontabile da superare per far vincere la meritocrazia nel reclutamento. Come demolirlo?
«Questa è una sfida tanto importante quanto difficile da vincere, almeno nel breve periodo. Ci sono però alcuni aspetti positivi che emergono. Innanzitutto, il progressivo allineamento tra settore pubblico e privato richiede una rinnovata attenzione al merito ed al possesso effettivo di competenze e abilità legate alle mansioni da svolgere. Anche la trasparenza e le innovazioni normative, legate al sistema di controlli sulle procedure, garantisce una maggiore imparzialità e favorisce le opportunità di accesso al lavoro di tutti i partecipanti ad una determinata selezione. Inoltre, come accennavo prima, si deve prestare maggiore attenzione ai soggetti ed alle commissioni preposte al reclutamento puntando su persone di elevata competenza e professionalità, motivate e orientate al risultato. Oggi più che mai non possiamo perdere l’opportunità di investire sui migliori, il futuro della nostra regione e del nostro paese dipenderà nei prossimi anni dal reclutamento dei giovani chiamati a rinnovare la nostra pubblica amministrazione. Come ha ricordato lo stesso Premier Draghi nel suo discorso a Bari: “Ai giovani spetta il compito di trasformare l’Italia. Il nostro compito è mettervi nelle condizioni di farlo”». (r.desanto@corrierecal.it)
x
x