VIBO VALENTIA Per il quarto anno consecutivo, all’interno della programmazione del Festival Leggere&Scrivere che si è svolto a Vibo Valentia dal 26 al 30 di ottobre, è stata inserita, grazie ai direttori artistici Mariateresa Marzano e Gilberto Floriani, una sezione dedicata all’archeologia curata da Maria d’Andrea. Negli anni è stato così possibile discutere di problematiche scientifiche, tematiche locali, ma, anche più in generale, di riorganizzazione e riforme ministeriali con importanti ripercussioni nei luoghi periferici della cultura afferenti al mondo dell’archeologia.
L’ultima edizione del Festival, nel 2019, si era conclusa senza lasciar presagire quello che da lì a qualche mese sarebbe successo in tutto il mondo. La pandemia da Covid-19 ha modificato indubbiamente il modo di vivere, di pensare, di rapportarsi agli altri, lasciandoci sgomenti, insicuri e pieni di paure. Si è reso necessario reagire ed impegnarsi a fondo per ritornare presto alla normalità, ad una consuetudine, ad una quotidianità fatta di lavoro, ma anche di incontri, socialità, frequentazione di luoghi d’arte, musei, pinacoteche, biblioteche, teatri, aree archeologiche, spazi per ascoltare la musica, alla ricerca di situazioni positive da condividere con gli altri.
Una crisi, ma anche l’opportunità di un nuovo impegno per quegli operatori culturali, spesso fuori dai paludati ambienti istituzionali, che, ancora, si sforzano di ricoprire un ruolo di traino verso una riappropriazione collettiva di una rinnovata e più attiva identità culturale. Un ruolo che grazie alle competenze e allo straordinario patrimonio artistico, architettonico e archeologico di cui è ricca la città può ancora essere messo a servizio della comunità e delle singole sensibilità dei cittadini.
Sono moltissimi i musei italiani e internazionali che hanno organizzato visite virtuali, installazioni in streaming e iniziative online per permettere al pubblico di continuare ad ammirare opere e collezioni e soprattutto per evitare dissaffezione nei confronti di un settore, quello appunto dei beni culturali, già penalizzato da vecchi problemi irrisolti aggravati ancor più da questa rovinosa emergenza sanitaria.
In questo solco, quindi, da tradizione, sono state inserite diverse voci all’interno del Festival Leggere & Scrivere 2021, che hanno offerto una finestra sul dibattito generale, e proposto argomenti stimolanti su ricerca, archeologia, storia dell’arte e politica dei beni culturali, grazie alla presenza di ospiti qualificati e competenti.
Il primo appuntamento è andato in scena, suo malgrado, ed in sostituzione di un incontro soppresso per le condizioni meteo avverse che hanno impedito ad alcuni relatori di raggiungere Vibo Valentia. Ed allora, la presenza tra il pubblico di Ermanno Antonio Arslan, già direttore dei Civici Musei di Milano, con un ruolo importante nella ricerca archeologica nella Calabria tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso, oggi Accademico dei Lincei, Cittadino Onorario di Vibo Valentia dal 2019, in Calabria per continuare e completare alcuni studi, insieme alla docente ungherese Agnes Bencze ed a Maria d’Andrea, è stata l’occasione per dare vita ad un interessante dibattito, seppur improvvisato, con quanti si trovavano lì per ascoltare la relazione poi annullata. Una bella occasione anche per i giovani studenti di archeologia presenti che, attenti e con domande e curiosità hanno colto l’attimo per ascoltare e farsi ascoltare da un importante e stimato archeologo che conserva, nonostante i tanti anni di lavoro sul campo quella curiositas necessaria per continuare a lavorare con profitto scientifico ed immutato entusiasmo.
Nel secondo incontro, Giuseppe Mantella e Sante Guido, eccellenti professionisti di origine calabrese, docenti-restauratori con importantissime esperienze al loro attivo- da ultimo il restauro di S.Teresa d’Avila del Bernini a Roma-, hanno spiegato e dimostrato come la scienza possa essere di grande aiuto alla ricerca per conoscere sempre meglio i capolavori d’arte di cui siamo tutti custodi; l’incontro è stato incentrato, in particolare, su alcune opere di Mattia Preti, pittore calabrese nativo di Taverna nel catanzarese e vissuto per molti anni nell’ isola di Malta dove ha realizzato pregevoli opere oggi ammirate da visitatori e studiosi nelle monumentali Chiese della Valletta e nell’Oratorio di S.Giovanni decollato.
Giovanna De Sensi Sestito e Stefania Mancuso, docenti Unical, rispettivamente storica e archeologa, attraverso fonti antiche, documenti storici e ritrovamenti archeologici, hanno raccontato il territorio lametino, in un piacevole storytelling accattivante e di impatto, nel volume dal titolo Il Lametino. Dal paesaggio osservato al paesaggio antico ricostruito: un percorso tra storia, mito e archeologia. Sapientemente “intervistate” da Maurizio Paoletti, anche esso docente di archeologia Unical, hanno illustrato il lavoro con grande entusiasmo, per una percezione ed un approccio culturale del paesaggio attuale più consapevole, e con un monito per chi oggi ha la responsabilità di gestione del territorio.
Il nuovo lavoro di Fabrizio Mollo, docente di archeologia dell’Unime, dal titolo Uomini e merci tra Sicilia e Bruzio. Economia, scambi commerciali e interazioni culturali (IV sec. a.C.- metà II sec. d.C.) , è stato illustrato dallo stesso docente che, attraverso un gruppo nutrito di immagini, in maniera accattivante , ha evidenziato i traffici commerciali, e non solo, tra le due regioni contigue ovvero la Calabria e la Sicilia. E’ stato molto seguito ed apprezzato per i numerosi spunti ed i richiami generali che il docente, responsabile dello scavo di un sito archeologico molto importante, scoperto di recente nel comune di Laino, ha saputo riferire.
La rassegna si è conclusa con un intrigante intervento da parte di András Németh, vicedirettore della Commissione Editoriale della Biblioteca Apostolica Vaticana, su di un importante codice miniato oggi custodito nella Biblioteca Nazionale Széchényi di Budapest. L’autore del codice, il teologo Andreas Pannonius (1430 ca. – dopo il 1471), fra i più importanti rappresentanti del primo umanesimo ungherese, scrisse parte delle sue opere in Italia e, quindi, viene considerato figura di spicco della stessa letteratura umanistica italiana. Attivo presso le Certose di Ferrara e di Pavia, la sua opera più importante, Super Cantica Canticorum Salomonis Expositio devotissima, conservata in un unico esemplare, arrivò dall’Italia Settentrionale alla Certosa dei Santi Stefano e Bruno di Serra San Bruno (VV), per approdare infine, nel 1828, nella collezione di Vito Capialbi a Vibo Valentia, all’epoca Monteleone. Nel 1938 il codice venne donato all’Ungheria, in segno di amicizia fra i due Paesi. Divenne immediatamente uno fra i più importanti tesori della Biblioteca Nazionale Széchényi di Budapest, dove oggi è custodito. Molto coinvolgente la storia delle ricerche, svolte nei primi anni del secolo scorso da studiosi ungheresi, che portarono alla riscoperta di questo tesoro, e della sua storia collegata alla nobile famiglia Capialbi di Vibo Valentia. (redazione@corrierecal.it)
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