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Il maxi riciclaggio e il fondo da un miliardo intestato a un morto. Misteri e cifre del caso Recordare

Le telecamere di Report a casa dell’imprenditore di Palmi ritenuto al centro di un giro da 500 miliardi in fondi sospetti. Tra le identità multiple c’è quella di un uomo morto nel 1987. L’informati…

Pubblicato il: 07/11/2021 – 7:34
Il maxi riciclaggio e il fondo da un miliardo intestato a un morto. Misteri e cifre del caso Recordare

REGGIO CALABRIA Cinquecento miliardi di euro riciclati da un solo uomo per conto della camorra, della ‘ndrangheta e di cosa nostra. L’ipotesi è contenuta in un’informativa recapitata alla Dda di Reggio Calabria e ruota attorno alla figura di Roberto Recordare, commercialista di Palmi al centro di una storia incredibile. Questo imprenditore calabrese potrebbe aver riciclato una cifra mostruosa. Il Corriere della Calabria ha raccontato il contenuto dei documenti sui quali sono stati avviati riscontri dai magistrati antimafia in alcuni servizi pubblicati circa un anno fa. Sono carte potenzialmente esplosive; intercettazioni nelle quali Recordare evidenzia: «Considera che noi stiamo spostando cose dove i servizi segreti, cioè, stiamo sconquassando il mondo e l’equilibrio mondiale». E poi si muove tra Tagikistan, Dubai, Afghanistan, Tunisia, Malesia, Turchia, Germania. È un imprenditore nel settore dell’informatica, vive a Palmi, viaggia per il mondo e «si occupa – questo evidenza l’informativa confluita nell’inchiesta Eyphemos della Dda – del riciclaggio di imponenti somme di denaro che ha depositato presso vari istituti bancari».

«Gestiva 500 miliardi in fondi»

Le telecamere di Report, lunedì, entreranno in casa di Recordare per raccogliere la sua versione (e mostrare la vena pittorica macabra dell’imprenditore, che si è cimentato in quadri che ritraggono il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho con la testa “bucata” da un verme e Nicola Gratteri con fattezze demoniache) e ripercorrere i passaggi di quello che sarebbe uno dei più complessi schemi di riciclaggio mai realizzati. Recordare, secondo una sintesi degli investigatori, in una conversazione «con dei soggetti stranieri» riferisce «testualmente che “gestiva 500 miliardi in fondi”, oltre a 36 miliardi che erano già pronti “cash” e che lui voleva trasferire come prima tranche». E poi, in un’altra conversazione, ricorda «una perquisizione subita presso l’aeroporto di Roma Fiumicino», quando «si stava imbarcando alla volta di Dubai e Kabul». In quella circostanza, l’imprenditore «si disfava, senza farsi accorgere, di documenti e certificati bancari (Bond), a suo dire, del valore complessivo di 100 miliardi di euro che non avrebbe potuto giustificare».

«I milioni dei clan gestiti da sei faccendieri»

Nelle carte trasmesse alla Dda di Reggio Calabria, gli investigatori si incaricano di spiegare a chi appartengano per «quota parte» i denari che Recordare spostava in giro per il globo. Ed elencano imprenditori catanesi in passato coinvolti in un’operazione antimafia, «e di conseguenza le persone che questi rappresentavano», citano la famiglia di ‘ndrangheta Parrello-Gagliostro-Romola e il clan Alvaro di Sinopoli e, in ultimo, «la famiglia di camorra degli “Iarunese” di Casal di Principe».
Un vero e proprio cartello al quale vengono associate le figure di dodici «faccendieri»: sei sono italiani, gli altri – alcuni non erano ancora stati identificati nel febbraio 2018, quando l’informativa viene recapitata ai magistrati – stranieri.

I tre passaporti di Recordare

Da un’altra conversazione, salta fuori che uno dei presunti faccendieri aveva tentato di effettuare, due mesi prima, un’operazione su una somma di denaro facente parte dei conti speciali di Roberto Recordare da Cipro verso Londra utilizzando le chiavi di tale Dimitri, ovvero le chiavi intestate a tale Dimitri Verchtl, nato a Ivànovski (Russia) e deceduto ad Oslo in data 29.12.1987». I morti, però, non possono muovere denaro. E gli inquirenti sanno già che Verchtl è, realtà, una delle tre identità di Recordare. La “trinità” dei passaporti, infatti, ne prevede anche uno afgano, «chiaramente falso, intestato a tale Ahmad Khan, cittadino del Nuristan». Recordare, Verchtl e Khan sarebbero, per gli investigatori, la stessa persona.

Il fondo da un miliardo intestato a un morto

Proprio sul “caso Verchtl” si svolge uno dei passaggi dell’inchiesta giornalistica anticipati sui social di Report. Quella di Verchtl è una “storia di morte e resurrezione” che ruota intorno a un fondo da un miliardo di euro che fa base a Cipro. L’uomo, morto nel 1987, sarebbe – secondo le carte – “resuscitato” 30 anni dopo per aprire il conto. Nel 2017, infatti, l’Agenzia delle entrate italiana gli assegna un codice fiscale con il quale il redivivo Dimitri si presenta davanti a un notaio, firmando una procura con cui delega la gestione del suo fondo da un miliardo a Cipro a Roberto Recordare. Una stranezza si innesta sul caso: la foto che il redivivo Verchtl ha sul passaporto mostra una certa somiglianza con Roberto Recordare. Che (video sopra), incalzato dall’inviato, ammette di essere lui l’utilizzatore del documento ma cerca di giustificarsi spiegando che la pratica dell’utilizzo di doppie identità sarebbe piuttosto comune.

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