LAMEZIA TERME Sono tante le cose che legano Enrico Fierro al Corriere della Calabria. Se n’è andato oggi pomeriggio a 70 anni, Enrico, che per molti giornalisti calabresi è stato un amico. Per altri è diventato un esempio, una guida; a tutti ha dispensato consigli e punti di vista su una terra che conosceva meglio di molti calabresi di nascita e di vissuto. Amava la Calabria: non ha mai rinunciato alle vacanze passate sullo Jonio, tra il Reggino e il Catanzarese. Era il suo buen retiro estivo, quello. Ma quell’amore era il risultato di una presenza costante, di un rapporto costruito nel corso di anni di frequentazione giornalistica e non solo. Inviato dell’Unità, poi del Fatto Quotidiano, negli ultimi mesi a Domani, Fierro ha sempre raccontato i territori con i piedi ben saldi sul posto, non dalle stanze delle redazioni romane. Non ha mai risparmiato giudizi urticanti sui mali della Calabria e non ha mai perso la tenerezza nel narrarla. A chi ha conosciuto Enrico per motivi professionali resterà l’esempio di un giornalista vero, lontano dai compromessi, dedito al suo mestiere. Resteranno, per tornare a un’epoca lontana, i suoi reportage sulla crisi in Albania, i servizi sul Kosovo. E i libri dedicati – ancora – alla Calabria. Nel 2007 il documentario (accompagnato a un volume con lo stesso titolo) “La Santa. Viaggio nella ‘ndrangheta sconosciuta”, realizzato con a Ruben Oliva, ha aperto uno squarcio sul salto di qualità compiuto dai clan calabresi in un’era in cui la narrazione nazionale era quasi ferma a coppole e lupara. Per quel lavoro, Fierro e Oliva vinsero il “Globo d’Oro”, il Premio Borsellino e il Premio Itaca. Prima ancora, “Ammazzàti l’onorevole. L’omicidio Fortugno. Una storia di mafia, politica e ragazzi”, raccontò un passaggio epocale nel rapporto tra mafia e politica in Calabria. E c’è tanta Calabria anche in “Malitalia. Storie di mafiosi, eroi e cacciatori”, romanzo scritto a quattro mani con la giornalista Laura Aprati con l’intento di tracciare una mappa della criminalità mafiosa in Italia. Il suo ultimo atto d’amore per questa terra è “Riace social blues”, spettacolo dedicato al modello di accoglienza realizzato da Mimmo Lucano. Un lavoro politico, colto, coraggioso, che mescola le parole di Calamandrei, la mitologia, la poesia africana, Corrado Alvaro.
Le serate trascorse con Enrico erano una summa appassionata di aneddoti e racconti di giornalismo in prima linea, di una professione militante che oggi è quasi scomparsa. La sua amicizia con il fondatore del Corriere della Calabria Paolo Pollichieni era profonda, vera, mai data per scontata. Enrico mancherà: a noi e a questo mestiere. E non è retorica dire che da oggi ci sentiremo un po’ più soli. L’abbraccio del Corriere e de L’altro Corriere Tv va ai suoi familiari e ai suoi amici.
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