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il processo

Autobomba a Limbadi, chiesti due ergastoli

Il pm Andrea Mancuso ha invocato anche due condanne a 20 e 12 anni. L’attentato avvenne tramite un ordigno radiocomandato per la pretesa su un terreno

Pubblicato il: 09/11/2021 – 20:16
Autobomba a Limbadi, chiesti due ergastoli

CATANZARO Il sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Andrea Mancuso ha chiesto, al termine di una lunga requisitoria davanti alla Corte d’Assise di Catanzaro, due ergastoli e due condanne a 20 e 12 anni per gli imputati coinvolti nell’omicidio di Matteo Vinci, ucciso a Limbadi il 9 aprile del 2018 da un’autobomba fatta esplodere tramite un radiocomando. Nell’attentato che costò la vita la giovane biologo 42enne, restò gravemente ustionato il padre Francesco Vinci.
Il pm ha chiesto l’ergastolo per Rosaria Mancuso, 65 anni, e il genero Vito Barbara, 31 anni, considerati i mandanti e gli ideatori dell’attentato.
Venti anni sono stati chiesti nei confronti di Domenico Di Grillo, 73 anni, marito di Rosaria Mancuso, accusato del tentato omicidio di Francesco Vinci avvenuto nel 2017 attraverso un brutale pestaggio che gli fracassò la mandibola e lo lasciò mezzo morto davanti alla sua proprietà in campagna, una terra sulla quale i Mancuso/Di Grillo, secondo l’accusa, avevano messo gli occhi e intendevano acquisire ad ogni costo.
Dodici anni di carcere ha invocato il magistrato nei confronti di Lucia Di Grillo, 31 anni, figlia di Domenico Di Grillo e Rosaria Mancuso e moglie di Vito Barbara, che è accusata, insieme agli altri familiari, di lesioni personali nei confronti di Francesco Vinci e sua moglie Rosaria Scarpulla aggrediti e malmenati dagli indagati secondo quanto ricostruiscono le indagini. L’episodio avvenne nel 2014 e costituisce uno dei tanti episodi di vessazioni che i Vinci avrebbero subito da parte dei Mancuso/Di Grillo. I Vinci non si sono mai piegati alle richieste dei confinanti avviando anche una serie di procedimenti in sede civile e penale. La risposta finale, stando alle indagini, sarebbe stata l’autobomba piazzata sotto la Ford Fiesta di Francesco Vinci, in quel tragico giorno guidata dall’unico figlio Matteo. 
Nel collegio difensivo gli avvocati Francesco Capria, Gianfranco Giunta, Mario Santambrogio, Giovanni Vecchio, Fabrizio Costarella e Stefania Rania. I coniugi Vinci Scarpulla sono rappresentati dall’avvocato Giuseppe De Pace. (ale. tru.)

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