REGGIO CALABRIA La seconda sezione del Consiglio di Stato, presidente Diego Sabatino, conferma la decisione del Tar e rigetta (definitivamente) il ricorso presentato, tra gli altri, dal capo dell’opposizione Antonino Minicuci e da Luigi Catalano della lista civica “Nuova Italia Unita” in qualità di «elettori al Comune di Reggio Calabria. Impugnata la proclamazione degli eletti alle elezioni comunali del 20 e 21 settembre 2020 (primo turno) e eel 10 ottobre 2020 (turno di ballottaggio). Il presupposto è l’inchiesta sui presunti brogli elettorali portata avanti dalla procura reggina, guidata da Giovanni Bombardieri, che vede tra i principali indagati l’ex consigliere di maggioranza eletto col Pd Antonino Castorina.
Sulla base delle risultanze emerse dal provvedimento con il quale il gip ha sottoscritto l’applicazione di una serie di misure cautelari nei confronti dei soggetti coinvolti, i ricorrenti hanno deciso di rivolgersi al giudice amministrativo. Tra le richieste, la declaratoria dell’«illegittimità degli atti impugnati per violazione di legge ed eccesso di potere insistendo nelle conclusioni già rassegnate con il ricorso introduttivo e chiedendo che fosse disposta la rinnovazione delle operazioni elettorali o, in subordine, la rinnovazione delle operazioni di voto nelle sezioni interessate dalle indagini». Temi che erano già stati rigettati dal Tar (sezione staccata di Reggio Calabria).
La pronuncia di primo grado era stata impugnata con ricorso presentato lo scorso 29 luglio sempre da Luigi Catalano, in qualità di candidato, e Giuseppe Falcone, in qualità di elettore.
La camera di consiglio è durata circa due settimane, dallo scorso 26 ottobre fino a quando il collegio si è pronunciato sull’irricevibilità dell’istanza.
Già nell’analisi delle questioni relative alla genuinità della pronuncia del Tar, il giudice di secondo grado afferma: «L’esistenza di indagini in corso – ancorché siano correlate a condotte di notevole gravità – non sono chiaramente idonee a dimostrare l’illegittimità dell’atto amministrativo impugnato, in quanto non vi è ancora alcuna pronuncia giurisdizionale di merito e ancor meno definitiva». Così confermando la validità della sentenza di primo grado.
In altri termini, afferma il giudice, «le irregolarità oggetto d’indagini non sono state ancora acclarate con una pronuncia giurisdizionale di merito (nemmeno non definitiva), ma sono state poste alla base soltanto di ordinanze cautelari, cosicché attualmente va esclusa in radice la nullità strutturale e la nullità per difetto assoluto di attribuzione richiamate dagli appellanti, che, pertanto, non possono nel caso di specie neanche essere rilevate d’ufficio». (f.d.)
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