LOCRI È giunto a sentenza il processo con rito ordinario scaturito dall’operazione “Riscatto”. I giudici del Tribunale di Locri hanno condannato nove dei 16 imputati che avevano chiesto il rito ordinario dell’inchiesta su presunte infiltrazioni dei clan nella gestione del cimitero comunale. Le pene inflitte vanno da 27 anni a 5 anni di carcere.
In particolare la condanna più pesante l’ha rimediata Salvatore Dieni (27 anni), mentre 22 anni e sei mesi sono stati inflitti a Guido Brusaferri. Domenico Cordì è stato invece condannato a 22 anni e 4 mesi e Gerardo Zucco a 20 anni. Pesante la condanna anche per Cosimo Alì (18 anni) e Emmanuel Micale (14 anni). Infine ad Antonio Alì sono stati inflitti 5 anni e sei mesi, mentre a 5 anni di carcere sono stati condannati sia Vasile Iulian Albatoaei e Giorgio Alì.
Assolti per insufficienza del fatto, gli altri 7 imputati: Cosmin Avasiloiei, Cesare Antonio Cordì, Teresa Giorgi, Fabio Modafferi, Cristina Nauman, Elis Lamer Nauman e Giuseppe Ripepi.
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, gli indagati avrebbero gestito con modalità illecite tutte le attività legate ai servizi funebri del cimitero locrese. Dall’organizzazione dei funerali alla vendita dei fiori alle attività edili sulle tombe fino al trasporto dei defunti. La decisione del giudici arriva dopo quella con rito abbreviato del luglio dello scorso anno.
«Tutte le cose hanno un inizio e una fine. Libertà per Locri». Così su facebook il sindaco di Locri Giovanni Calabrese ha commentato la sentenza. «La vergognosa e indegna gestione del cimitero cittadino che negli anni, senza esitazione alcuna, abbiamo denunciato alle competenti autorità – scrive Calabrese – trova conferma nella storica ed esemplare sentenza di primo grado del Tribunale di Locri che segue, a distanza di qualche mese, la sentenza con rito abbreviato del Tribunale di Reggio Calabria. Altresì trova conferma con pesanti condanne l’arroganza e tracotanza mafiosa perpetrata nei confronti di imprenditori e operatori commerciali della nostra città che hanno avuto la forza di reagire e non subire. Negli anni lo Stato, grazie ad una presenza forte e qualificata, si è ripreso la città che era finita sotto il dominio prepotente ed arrogante dei potenti clan che avevano assoggettato al loro potere criminale la quotidiana vita della comunità locrese. Il cimitero cittadino era rimasto uno degli ultimi presidi nelle mani del nemico. Una situazione indegna per una società civile tenuta in ostaggio e violentata in vita e post mortem. Una mortificazione durata trent’anni nel silenzio assordante di una città violentata e che ha dovuto subire. Chi ha taciuto per paura, chi per vigliaccheria, chi perché complice di fatto di un sistema aberrante. Non è però finita qui. Ancora oggi – rimarca il sindaco di Locri – vanno chiarite procedure amministrative che hanno colpito molti cittadini probabili vittime di presunte truffe e raggiri. Su quest’altra dolente vicenda attendiamo le verifiche in corso da parte delle competenti autorità attivatesi sempre a seguito di circostanziate denunce dell’amministrazione comunale. Oggi sento il dovere di dire grazie agli amministratori comunali di maggioranza che sin dal 2013, quando abbiamo posto fine, con determinazione e convinzione, alla scabrosa vicenda della vendita di fiori davanti al cimitero nel periodo della ricorrenza dei defunti, fino ai giorni nostri, non mi hanno mai lasciato solo in questo difficile percorso. Un sincero grazie a tutte le forze dell’ordine e in particolare all’Arma dei carabinieri oltre per l’ottimo lavoro svolto e per avermi incoraggiato e dato tranquillità giorno e notte nei tanti momenti di angoscia e preoccupazione dovuti alla delicata vicenda. Abbiamo vinto – conclude Calabrese – un’altra battaglia e continueremo a combattere per rispetto e amore dei nostri figli, per dare a loro una città più bella e meno “inquinata” rispetto a quella che noi abbiamo ereditato. Avanti Locri».
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