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Oltre 295 milioni spesi in 13 anni. Ma il decollo del turismo resta un sogno

Risorse europee e di bilancio non hanno reso più attrattiva la Calabria. Rio: «Programmazione non sia solo un adempimento, ma una visione consapevole»

Pubblicato il: 13/11/2021 – 6:50
di Roberto De Santo
Oltre 295 milioni spesi in 13 anni. Ma il decollo del turismo resta un sogno

CATANZARO Milioni di euro dedicati al comparto ma con tanti, tantissimi nodi ancora da sciogliere. Quello che dovrebbe essere un settore strategico per la Calabria, resta ancora fermo al palo su diversi fronti nonostante le somme messe a disposizione negli anni. Ad iniziare dal processo di destagionalizzazione e dell’apertura all’estero. Stiamo parlando della filiera produttiva legata al turismo che la crisi economica seguita alla pandemia ha colpito pesantemente. Bloccando un processo di crescita che lentamente si stava registrando. I flussi turistici infatti – prima della diffusione del virus e la conseguente introduzione di norme restrittive in materia di mobilità – avevano inviato importanti segnali in termini di incremento di presenze e arrivi in Calabria.  Il 2019, ultimo prima della lunga fase seguita alla pandemia, è stato l’anno record per la regione soprattutto per presenze turistiche: 9.509.423.
Un dato importante ma non sufficiente a colmare il gap con altri territori e capace di sfruttare appieno le potenzialità del settore. A fronte delle risorse provenienti in gran parte da Bruxelles e destinate a far innalzare la competitività dell’intera filiera produttiva con benefici sulla crescita e l’occupazione complessiva.

Le somme a disposizione

Oltre 295,6 milioni di euro tra il 2007 e il 2020 sono stati stanziati per il turismo calabrese di cui ben l’85,9% provenienti da fondi europei. Questi dati, in possesso dal Corriere della Calabria che li ha rielaborati, avrebbero generato una spesa media pari ad oltre 22 milioni e 740mila euro l’anno. In tredici anni agli oltre 254 milioni di euro delle risorse comunitarie si sono aggiunti circa 41,6 milioni di fondi stanziati dai bilanci calabresi per finanziare le tre principali norme regionali del settore. Si tratta, in particolare, della legge 13 del 1983 (Organizzazione e sviluppo del turismo), della 11 del 1991 che disciplina le manifestazioni fieristiche e promozionali e la 6 del 1995 che attiene l’incentivazione del flusso turistico attraverso il sostegno ai trasporti.

Ma la voce più grossa destinata a potenziare l’intera filiera produttiva calabrese – attraverso la riqualificazione delle strutture ricettive, la promozione dei territori e il miglioramento dell’offerta turistica – proviene dai due ultimi programmi operativi che si sono succeduti in questo periodo. Ai circa 150 milioni del Por 2007-2013 (per l’esattezza 149.912.003) si sono aggiunti 104.116.602 della programmazione ancora in corso per un totale complessivo di 254.028.605. Una potenza di fuoco importante che avrebbe dovuto far compiere quel salto di qualità al segmento produttivo utile a recuperare terreno rispetto ad altre aree del Paese. Ed invece i risultati sono stati al di sotto degli obiettivi che stavano alla base delle misure finanziate.

Flussi turistici in crescita, ma non troppo

Fonte: Istat – rielaborazione Il Corriere della Calabria

Rielaborando i dati sui flussi turistici che vanno dal 2007 al 2019 – quest’ultimo anno scelto di proposito perché pre-pandemia – emerge una pressoché costante crescita nel tempo. Così si è passati da 1.570.419 arrivi e 8.739.171 presenze del primo anno preso in esame a 1.896.326 arrivi e 9.509.423 presenze del 2019. Numeri che tradotti in percentuali indicano una crescita di oltre 20,7 punti in termini di arrivi e di 8,8 punti per presenze. Dati incoraggianti ma che nel contempo fotografano un quadro che dimostra, come nonostante anni di investimenti se gli effetti ci sono stati, non sono ancora sufficienti a risolvere le principali criticità del settore: alta stagionalità, poca attrazione del turismo straniero (soprattutto quello capace di generare alta spesa turistica) e un basso tasso di occupazione dei posti letto. Aspetti che incidono ovviamente sulla capacità delle imprese di innalzare la redditività aziendale e generare conseguentemente occupazione.

L’alta stagionalità

L’analisi dei dati raccolti dall’Osservatorio turistico regionale nell’ultimo report, fanno emergere con chiarezza il dato sulla stagionalità. La Calabria infatti detiene il record per la percentuale di presenze nei mesi estivi rispetto a quanto totalizza in media il settore. In particolare se nel resto del Paese ad agosto si concentra il 20,4% del totale delle presenze annue, in Calabria la percentuale sale al 36,2%. Ancor più evidente la caratteristica della stagionalità se si valuta il bimestre luglio-agosto. In Italia il dato è del 38,1% contro il 62,2% della Calabria. E oltre 20 punti percentuali in più registrano le strutture ricettive calabresi anche nel quadrimestre giugno-settembre: 88,1% a fronte della media nazionale del 60,6%. Dati che pongono appunto la Calabria in testa alla classifica italiana per concentrazione di flussi turistici nei due mesi centrali estivi. Distacca di gran lunga l’Abbruzzo (55,6%) e la Puglia (54,6%).

Basso tasso di occupazione annua

Non va meglio per la Calabria il dato che attiene l’occupazione media dei posti letto. Passando in rassegna il dato dei vari anni, infatti, risulta che il tasso di utilizzazione lorda degli esercizi alberghieri la pongono fra le regioni italiane con il valore minore: appena il 18,5%. Un dato di poco superiore all’ultima regione in Italia per tasso di occupazione dei posti letto: il Molise (13,3%). Decisamente lontana dalla Liguria (41,3%), dal Veneto (41,3%) e dalla Lombardia (39,6%). Un indicatore che dimostra che il problema per la Calabria non risiede nella quantità dei posti letto disponibili – ricordiamo che all’ultimo censimento ne risultavano 191.859 (101.803 nelle strutture alberghiere e 90.056 nelle altre) – ma nelle strategie tese a rendere attrattiva la regione. E conseguentemente riempire le strutture ricettive.

Stranieri questi sconosciuti

L’andamento turistico italiano fa emergere che la metà dei flussi è costituita da stranieri (Fonte:Istat)

Nonostante la crescita registrata nel numero di arrivi e presenze da altri Paesi, in questi 12 anni il flusso dei turisti che ha visitato la Calabria proveniente da oltre confine resta decisamente basso. Nell’ultima rilevazione presa a campione – quella del 2019 – si rileva che il 19,1% degli arrivi (nonostante sia stato l’anno record, con 362.956 turisti stranieri registrati in Calabria) e il 23,07% delle presenze (pari a 2.194.159) sono stranieri. Numeri in salita rispetto al 2007 quando c’erano stati 243.475 arrivi e 1.544.466 presenze in Calabria. Ma con percentuali decisamente lontane dalla media nazionale: nel 2019 il turismo estero ha costituito il 50,2% delle presenze e circa la metà degli arrivi totali registrati in Italia. Ovviamente meno turisti stranieri minore la possibilità della filiera calabrese di ottenere risorse economiche importanti. Visto che in percentuale sono quelli che spendono di più. 

Rio: «Programmazione ridotta a mero adempimento burocratico»

Raffaele Rio, presidente di Demoskopika

Poca, anzi pochissima attenzione alla programmazione.Una «disattenzione» dei piani alti della Cittadella che non permette alla Calabria di cogliere appieno i frutti degli investimenti effettuati nel settore. Secondo Raffaele Rio, alla guida dal 2009 del prestigioso istituto italiano di ricerche Demoskopika e professore a contratto all’Università del Sannio, sono da racchiudere in questi aspetti i principali limiti finora dimostrati dalla Regione. E per superare i ritardi nella gestione delle risorse, l’ex dg al Turismo, lancia un’idea: «una cabina di regia interdipartimentale»

Tante risorse destinate negli anni a far crescere il turismo in Calabria, ma i problemi sembrano essere rimasti tutti lì: alta stagionalità della domanda e tasso di occupazione dei posti letto decisamente basso. Cosa non ha funzionato nell’utilizzo dei fondi?
«In primo luogo, ritengo doveroso precisare che mediamente dal 2007 ad oggi i flussi turistici verso la Calabria hanno registrato una tendenza in aumento, probabilmente con una crescita più contenuta rispetto ad altre destinazioni turistiche definibili “concorrenti”. Rispetto all’impiego delle risorse, prioritariamente comunitarie, finalizzate allo sviluppo del settore vorrei ricordare che fino al 2011, la Regione Calabria non si era mai dotata di un Piano strategico, un documento cioè che contenesse, in chiave di programmazione dei fondi, cosa fare, quando, dove e con quali risultati. Una fase determinante perché segna un approccio maggiormente consapevole. Anche se, successivamente, nonostante l’obbligo normativo della legge regionale n.8 di riordino dell’organizzazione turistica regionale sancisca la redazione del documento strategico ogni tre anni, ci vorranno otto anni per rivedere un nuovo piano triennale turistico. Una “disattenzione” preoccupante che lascia intendere che “ai piani alti” del governo del turismo calabrese, la programmazione venga percepita più come un mero “adempimento burocratico” piuttosto che uno strumento di scelte, azioni e interventi consapevoli per migliorare e valorizzare l’offerta turistica regionale».

Per invertire il trend saranno utili le risorse del Pnrr?
«In un mare di enunciazioni, buoni propositi e risorse economiche mirate al turismo, un orientamento sembra incontrovertibile: la politica di coesione continuerà a investire in tutte le regioni, in funzione della loro appartenenza alle tre categorie note, e cioè, regioni meno sviluppate, in transizione e più sviluppate. In questa direzione, la Regione Calabria, tra risorse comunitarie e Pnrr, potrebbe disporre direttamente di oltre 400 milioni di euro per la crescita del turismo regionale. Ma il discrimine sarà ancorato a due aspetti prioritari. In primo luogo, la capacità di chi sarà chiamato a programmare il turismo calabrese, di sfruttare appieno l’opportunità inserita nel nuovo quadro della politica di coesione, di consentire una “maggiore elasticità” e flessibilità per rendere la programmazione maggiormente rispondente agli ambiti tematici ritenuti prioritari. In secondo luogo, generare, nelle prossime settimane il piano triennale per il triennio 2022-2024 sancendo, nella forma e nella sostanza, l’uscita dalla fase emergenziale post pandemica e, con essa, l’immissione quasi caotica di soldi pubblici per sostenere il sofferente sistema turistico».

Secondo lei perché la meta turistica calabrese non riesce a conquistare i mercati internazionali?
«
L’incoming internazionale potrebbe, anzi deve, rappresentare una concreta opportunità per lo sviluppo del settore. E, infatti, se da un lato, il turismo calabrese presenta uno dei livelli di internazionalizzazione più bassi d’Italia, dall’altro, ottiene il primato di uno degli indicatori più rilevanti di analisi delle potenzialità future del mercato turistico regionale: la permanenza media. Il nodo cruciale, la criticità resta sempre la stessa: esiste un documento programmatico, una visione strategica di quale direzione intende assumere il turismo in Calabria? Ad oggi, al netto di una serie di interessanti azioni messe in campo, manca, a mio avviso, una visione d’insieme che rappresenta il vero tallone d’Achille per il rilancio del settore turistico regionale. Nel concreto, ad esempio, sarebbe proficuo individuare i primi 10 mercati internazionali top player, e cioè che storicamente hanno manifestato un rilevante appeal verso la destinazione calabrese a cui andrebbero aggiunti almeno altri cinque paesi emergenti e affidare la promozione dell’offerta turistica a 100 giovani calabresi, pescati dal sistema universitario e scolastico, e trasformati in veri e propri 007, agenti della promozione turistica attraverso un intenso percorso formativo, anche all’estero, su tematiche legate all’ospitalità, alla promozione, alla storia e alla tradizione del territorio, al marketing territoriale e all’utilizzo dei social media».

Anche sul mercato domestico la regione non riesce ad attrarre fette importanti di turisti?
«Per il mercato domestico valgono le stesse considerazioni di base appena menzionate per l’incoming internazionale. Non esiste una ricetta miracolosa, ma un mix di azioni e di interventi da mettere in campo in maniera integrata e, soprattutto, con la consapevolezza che lo sviluppo turistico è fortemente condizionato dalla qualità della programmazione delle risorse finanziarie disponibili in grado di stabilire una visione logica e coerente con un elenco di azioni fattibili e cantierabili. Da un’indagine realizzata da Demoskopika per conto della Regione Calabria nel 2021 è emerso un buon livello di appeal della destinazione regionale tra gli italiani: circa 8 individui su 10 che dichiarano di conoscere l’offerta turistica calabrese esprimono il loro interesse a visitarla. Altrettanto significativo anche l’indicatore della fidelizzazione: il 93,9% degli italiani che si è recato in Calabria per una vacanza o per un viaggio, almeno una volta negli ultimi anni, ci ritornerebbe nuovamente. E, inoltre, non trascuriamo che ogni anno oltre 100 mila calabresi mediamente scelgono di trascorrere una vacanza all’estero generando oltre 120 milioni di spesa turistica. Insomma, questo per esprimere, seppur in maniera non esaustiva, l’esistenza di alcune traiettorie potenzialmente interessanti sulle quali concentrare gli sforzi del governo regionale».

Giunta appena insediata, se dovesse dare qualche consiglio su cosa dovrebbe puntare l’azione della Regione per far recuperare competitività al comparto turistico?
«Sicuramente, la redazione e successiva approvazione del piano triennale sul turismo per il triennio 2022-2024, senza accumulare ritardi; rafforzare il processo di condivisione con i portatori d’interesse del settore attraverso il rafforzamento del ruolo del Comitato per le politiche turistiche, allargato ad altre dinamiche realtà associative e istituzionali. Senza trascurare, anzi, concentrando sforzi e azioni mirati a frenare l’infiltrazione della ’ndrangheta nel settore turistico che, secondo una nostra recente ricerca, avrebbe generato introiti illeciti per oltre 800 milioni di euro nella sola fase dell’emergenza sanitaria approfittando della preoccupante crisi di liquidità e, quindi, di maggiore vulnerabilità delle imprese. Infine, sostenere costantemente, con una cabina di regia interdipartimentale, la collaborazione tra i vari dipartimenti regionali per ridurre ritardi spesso generati o da conflitti tutti interni alla macchina burocratica o dalla mancanza di confronto e di scambio di informazioni».(r.desanto@corrierecal.it)

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