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«Mancanza di patti parasociali alla base del caso Sacal»

In nessun Paese al mondo – neppure nello Zimbabwe – ne scrivo a ragion veduta, visto che ci sono nato, ci si lascia sfuggire il controllo di una società che gestisce un settore strategico come que…

Pubblicato il: 15/11/2021 – 8:54
di Saverio F. Regasto*
«Mancanza di patti parasociali alla base del caso Sacal»

In nessun Paese al mondo – neppure nello Zimbabwe – ne scrivo a ragion veduta, visto che ci sono nato, ci si lascia sfuggire il controllo di una società che gestisce un settore strategico come quello di un sistema aeroportuale. Ma in Calabria tutto ciò è accaduto, nel più assordante dei silenzi: la Sacal, società che gestisce gli aeroporti calabresi è, per così dire, passata di mano, perché gli enti pubblici soci, che ne detenevano il pacchetto di maggioranza, forse distratti da beghe politiche e perpetui litigi, in sede di aumento del capitale si sono lasciati sfuggire il controllo a favore dei soci privati. In questo la Regione Calabria, sempre più allo sbando, ha fatto la parte del leone, seguita dagli altri enti locali che più o meno scientemente non hanno sottoscritto l’aumento e non hanno neppure avvertito la Regione di tale circostanza. Alla base, come gli esperti di diritto societario insegnano, c’è tuttavia il peccato originale, frutto della ignoranza e della incapacità gestionale di gran parte della classe dirigente, la mancata adozione, in seno ai soci pubblici, di chiari adeguati e ultimativi patti parasociali. Sarebbe bastato solo quello: un accordo fra Regione e altri enti locali, sancito nei patti parasociali (strumento giuridico che da sempre governa i rapporti interni fra soci pubblici), che sancisse il principio secondo il quale la maggioranza azionaria della società dovesse rimanere in mano pubblica. E invece cosa accade? Di fatto gli aeroporti calabresi, almeno fin tanto che l’ente di controllo non adotta adeguati provvedimenti, sono gestiti dai privati, nel mentre gli enti pubblici provvedono a farsi carico di molti dei relativi oneri. Va da sé che qualcuno dovrà pur rendere conto, politicamente e istituzionalmente, di un così grave errore, nella speranza che dietro tale sciagurata scelta non ci siano inconfessabili interessi o, peggio, ipotesi delittuose. La presidenza di Roberto Occhiuto sembra non nascere sotto una buona stella, perché fra tutte le altre cose che avrebbe dovuto affrontare, ci mancava anche questa. Essa tuttavia rafforza l’idea che la macchina regionale, elefantiaca e dispendiosissima, debba essere oggetto di una seria e approfondita riflessione, nel mentre le azioni che in essa si compiono dovrebbero necessariamente essere vagliate e controllate da un organismo indipendente e autonomo al servizio della Presidenza della Regione. Solo così, cioè con una seria azione amministrativa di audit e compliance, Roberto Occhiuto potrà sperare che molti difficili nodi giungano al suo pettine prima che scoppi l’ennesimo vergognoso scandalo.

*Università degli Studi di Brescia

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