CATANZARO Il gip del Tribunale di Catanzaro, Valeria Isabella Valenzi, ha accolto la richiesta di archiviazione presentata dalla Procura di Catanzaro nei confronti dell’ex segretario nazionale dell’Udc Lorenzo Cesa, l’avvocato Claudio Larussa e l’ex assessore di Santa Severina Giuseppe Selvino. Tutti e tre sono stati indagati nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Catanzaro “Basso Profilo”. Cesa e Larussa erano accusati di associazione per delinquere semplice aggravata dal metodo mafioso, in concorso con altre persone. Cesa, all’epoca dei fatti eurodeputato dell’Udc, era considerato partecipe dell’associazione e, d’intesa col compagno di partito Franco Talarico (condannato nel processo con rito abbreviato per voto di scambio politico-mafioso), si sarebbe impegnato ad appoggiare il gruppo per soddisfare le mire dei sodali nel campo degli appalti. Claudio Larussa era accusato di avere fornito all’imprenditore Antonio Gallo (imputato nel processo con rito ordinario) supporto nel reperire informazioni in merito alle indagini sul conto di Gallo che stava conducendo il finanziere Roberto Mari.
Nella richiesta d’archiviazione i pm Paolo Sirleo e Veronica Calcagno mettono in evidenza come Larussa si sia sottoposto a interrogatorio dopo la chiusura indagini e abbia evidenziato di avere avuto rapporti con Antonio Gallo tramite il maresciallo della Guardia di finanza Ercole D’Alessandro (anch’egli imputato nel processo con rito ordinario) che conobbe tramite amici; che con Gallo ebbe solo rapporti di natura professionale assistendolo in un contenzioso amministrativo legato ad alcune interdittive antimafia che attinsero le aziende di Gallo; di essere intervenuto nel cosiddetto “affare albanese” al fine di svolgere la sua attività professionale con imprenditori del posto, circostanza poi tramontata; di avere appreso da Gallo delle problematiche di natura fiscale in relazione a verifiche tributarie; di non avere avuto alcun mandato da Gallo sulla vertenza tributaria; di avere prospettato al Gallo un intervento da parte sua sul finanziere Mari al solo scopo di rabbonire il cliente col quale recise i rapporti dopo che la causa amministrativa sull’intedittiva antimafia non ebbe i risultati auspicati. Secondo i magistrati la versione fornita da Larussa è credibile e inoltre non risulta raggiunta la prova della sua piena consapevolezza riguardo agli illeciti perpetrati da Gallo. «Consegue – scrivono i pm – che il materiale di accusa non appare idoneo a sostenere l’accusa in giudizio».
Per quanto riguarda Cesa, egli viene evocato in più occasioni in intercettazioni indirette, nelle quali non appare come interlocutore. Talarico, spinto da Tommaso e Saverio Brutto (imputati nel processo con rito ordinario), aveva fatto in modo di mettere in relazione Cesa con Gallo al fine di consentirgli di essere introdotto in ambienti pubblici e provati per l’ottenimento di appalti per la fornitura di materiale antinfortunistico. Le indagini hanno, infatti, censito un incontro in un ristorante romano, a luglio 2017, tra Gallo, Cesa e i due Brutto. L’incontro non è stato sottoposto a monitoraggio intercettivo. Nonostante dopo l’incontro non siano stati raccolti commenti negativi da parte degli indagati circa la visita a Cesa, purtuttavia le acquisizioni successive alla chiusura indagini non hanno permesso di fugare i dubbi sulla figura del politico nazionale. Lo stesso Gallo, interrogato dopo la chiusura indagini, ha ammesso l’incontro conviviale con l’indagato salvo precisare che questi si sarebbe limitato ad ascoltare li richieste da lui formulate. Gli investigatori hanno poi accertato dei contatti tra Cesa e il finanziere Ercole D’Alessandro, particolare che avvalora la tesi che Lorenzo Cesa fosse in contatto con altre persone della presunta associazione per delinquere oltre ai compagni di partito. Le chat di riferimento sono state cancellate prima del sequestro del telefono di D’Alessandro. A parte questo, le chat fanno trasparire come Cesa venisse «interessato per raccomandazioni o interventi di varia natura». Nulla di specifico, però, con quanto è oggetto del capo di imputazione. Secondo la Procura, in sintesi, non vi sono elementi sufficienti per dimostrare l’appartenenza di Cesa all’associazione.
Giuseppe Selvino era stato posto ai domiciliari con l’accusa di turbata libertà degli incanti: in qualità di membro della commissione giudicatrice di una gara d’appalto del Consorzio di Bonifica Jonio Crotonese, di cui era dipendente, aveva favorito Antonio Gallo. La difesa dell’indagato, all’indomano dell’esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare, aveva evidenziato come la voce intercettata in una conversazione non fosse quella di Selvino. La polizia giudiziaria dava atto che in tutte le conversazioni in cui la voce del “Giuseppe” veniva attribuita a Selvino, «la figura del Giuseppe medesimo doveva essere ricondotta a quella di Giuseppe Truglia, anche lui dipendente del consorzio di Bonifica. La misura cautelare, una volta verificata la cosa, è stata revocata. I pm pongono in evidenza come Selvino «sicuramente aveva gestito il bando che interessava Gallo. Purtuttavia non vi sono conversazioni dirette che lo riguardano e quindi non è data evincere la sua consapevolezza circa le attività illecite sottostanti alla gestione dell’appalto».
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