CARIATI Le due signore anziane con in mano uno striscione sono state l’emblema della protesta.
Ieri sera nell’androne del “Vincenzo Cosentino” di Cariati, l’associazione “Le Lampare” e il comitato “Uniti nella Speranza” hanno organizzato un sit-in ad un anno esatto dall’inizio dell’occupazione simbolica dell’ospedale.
Nei mesi precedenti, la singolare e pacifica forma di protesta ha richiamato l’interesse dei media nazionali e internazionali. Il caso Cariati è stato – anche spesso – tema dei talk televisivi andati in onda sulle reti nazionali, con tanto di impegni assunti (è il caso del sottosegretario Sileri, ndr), poi puntualmente disattesi.
Sull’ospedale di Cariati, insomma, si sono sempre fatte tante parole – comprese quelle di commissari alla sanità, dei commissari Asp susseguitisi nel tempo, dei politici regionali passati da queste parti soprattutto in campagna elettorale – che non sono servite a niente. Ad oggi la situazione è sostanzialmente uguale identica a quella di 11 anni fa.
Una struttura vuota, qualche stanza occupata da amministrativi dipendenti Asp – che non si sa bene cosa facciano – qualche servizio sanitario ed un punto di primo soccorso. Poco, troppo poco per la cittadinanza, ed un bacino di 120mila abitanti – dall’alto crotonese a Cariati con le aree interne, lontane anche più di un’ora dall’ospedale di Rossano, quello più vicino – e per questo, ieri sera, a dodici mesi dall’inizio dell’occupazione, i comitati hanno voluto ricordare quanto non è stato fatto per l’ospedale di Cariati, organizzando il sit-in per rinvigorire la lotta con un messaggio chiaro. «Siamo qui a chiedere almeno un pronto soccorso degno di questo nome. Non costringeteci ad occupare nuovamente l’ospedale. Siamo prontissimi» ha detto Mimmo, uno dei promotori.
I locali occupati erano stati liberati nei mesi scorsi dai manifestanti per consentire l’apertura di un centro vaccinale ma il sentimento di protesta continua ad ardere forte sotto la cenere.
Al sit-in erano presenti anche due consiglieri regionali del territorio, che in campagna elettorale, più volte in vista al “Cosentino”, si erano fatti carico di portare la vicenda a Palazzo Campanella. «Non ci fermeremo fin quando l’ospedale di Cariati sarà riaperto», ha detto Davide Tavernise, capogruppo del M5S in Consiglio regionale. «Ne ho già parlato nel corso della prima riunione dell’Assise e continuerò a farlo. Adesso aspettiamo le linee guida in tema di sanità da parte del presidente Occhiuto, nel suo doppio ruolo di commissario».
Per Ferdinando Laghi è proprio l’ufficio del commissariamento a dover essere chiuso. «Il Piano nazionale di ripresa e resilienza – ha detto – sarà fondamentale per reperire quelle risorse necessarie a colmare ingiustizie come quelle perpetrate ai danni di Cariati e del suo ospedale. La sanità pubblica regionale è in una fase di riorganizzazione ed è necessario che si compiano scelte che garantiscano al Basso Jonio il diritto alle cure. Mi auguro che il presidente occhiuto recepisca il messaggio e si adoperi per riaprire l’ospedale, provvedendo a rimediare all’errore compiuto undici anni fa».
Le due signore anziane hanno invece portato la testimonianza ed il disagio vissuto sulla loro pelle a causa di un servizio sanitario inesistente. Hanno raccontato esperienze di cure inverosimili, di viaggi della speranza interminabili, di giornate d’attesa e per i mariti o dei parenti. Storie incredibili che hanno lasciato sul volto e nella voce di quelle due donne i segni della sofferenza. (l.latella@corrierecal.it)
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