REGGIO CALABRIA «Vi do la garanzia e la certezza che tornerò presto». Il sindaco (sospeso) di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, interviene in una diretta facebook per chiarire le ultime convulse ore che hanno visto intrecciarsi gli esiti giudiziari del processo “Miramare” con la vita amministrativa nella città dello Stretto. Falcomatà è stato condannato – così come gli altri 10 imputati nel processo di primo grado svolto con rito ordinario, condannati a un anno – per il solo reato di abuso d’ufficio alla pena di 1 anno e 4 mesi di reclusione. «Sono stati anni duri: sette anni di processo, due di indagini, 26 udienze dove ho partecipato alla quasi totalità» ricorda Falcomatà.
La vicenda giudiziaria, dice Falcomatà: «Si è conclusa con l’assoluzione per quanto riguarda l’accusa di falso. Per altro anche trasmettendo alla procura della Repubblica gli atti per il reato di falsa testimonianza di due dipendenti comunali». Di converso, per l’abuso d’ufficoo, l’altro capo d’imputazione, è arrivata la condanna. «In questi anni non mi avete sentito dire mai mezza parola su questo processo per rispetto della magistratura. Ho ascoltato in silenzio».
Poi entra nel merito della contestazione: «Ci è stata contestata una delibera di giunta con la quale era stata assegnata una sala del “Miramare”, uno storico immobile di Reggio, a una onlus per farvi delle mostre di quadri». Delibera che «non ha avuto effetto perché l’associazione non ha preso possesso dell’immobile e la mostra non è stata fatta. Stiamo parlando di un reato d’evento per il quale dev’esserci un vantaggio patrimoniale per qualcuno e un danno all’erario. Non so quali possano essere stati il vantaggio patrimoniale, il danno all’erario e l’evento, ma sono convinto che lo scopriremo nei prossimi giorni, quando verranno depositate le motivazioni della sentenza».
Per effetto della condanna, ancorché in primo grado, il sindaco è stato sospeso per 18 mesi in funzione della norma prevista nella legge Severino. «Nel nostro ordinamento, dove una persona è innocente fino al terzo grado di giudizio, solo per i sindaci e gli amministratori locali una condanna (in primo grado, ndr) comporta la sospensione per 18 mesi. Se fossi stato deputato non sarei stato sospeso» dice Falcomatà additando – come fatto anche da molti altri esponenti politici – la “Severino”. «La mia condanna di 16 mesi – aggiunge – è addirittura più bassa rispetto a quella che sarebbe la sospensione, di 18 mesi. La palese incostituzionalità di questa legge è manifestata anche da alcuni magistrati. C’è consapevolezza di come non si possa bloccare l’amministrazione comunale e rallentare l’iter solo perché c’è in corso un giudizio. Ringrazio Anci, Ali e i tantissimi sindaci da destra a sinistra, da Abramo a Gori, che stanno prendendo ancor più posizione rispetto a questa norma palesemente incostituzionale». E Proprio contro la sospensione sarebbe già pronto il ricorso. «Per questi motivi l’amministrazione va avanti nell’interesse esclusivo della città che deve essere messo sopra ogni cosa».
Già nelle ore a ridosso della sentenza aleggiava il primo decreto col quale, il sindaco, nominava vicensindaco l’assessore Paolo Brunetti declassando in giunta Tonino Perna. Il secondo atto è arrivato qualche ora dopo, quando Falcomatà ha nominato Carmelo Versace vicensindaco della Città Metropolitana per effetto della sospensione di Armando Neri, anche lui tra i condannati. Rispettivamente referenti di Italia Viva ed Azione, estromettendo, di fatto, il Partito Democratico dai vertici reggini. Nessun accenno sul punto e sui presunti malumori dem che starebbero conducendo in queste ore figure di vertice in riva allo Stretto. «L’amministrazione va avanti perché il senso di responsabilità della maggioranza dei consiglieri comunali è quella di preservare la fiducia che ci avete rinnovato alle scorse elezioni. Ci avete legittimato nel 2014 e riconfermato nel 2020 e proprio per questo l’amministrazione comunale ha il dovere di andare avanti anche perché viviamo un momento storico irripetibile che vedrà l’arrivo delle risorse del Pnrr».
Poi una chiosa personale: «Mi conoscete, sono nato e cresciuto in una famiglia dove l’idea di servire la città è insita nel nostro animo e nel nostro cuore. Sapere benissimo che siamo animati da una passione viscerale. Nessuna sentenza di primo grado ci potrà distogliere da questo. Continuerò a stare per strada, in mezzo a voi. Mi stanno arrivando migliaia di messaggi di solidarietà, vicinanza ed affetto da ognuno di voi». (f.d.)
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