PESCARA «Oggi nell’Est europeo, quando vado per alcuni viaggi, vedo un’opera pubblica finita. Loro riescono a spendere soldi e noi no. Perciò dobbiamo investire nell’istruzione. Facciamo una scuola a tempo pieno. Invitiamo i ragazzi a posare i telefonini. La lingua non è quella che si usa su Whatsapp. Invitiamo i ragazzi a parlare e scrivere in italiano. Perché vedo molta ignoranza oggi. Dobbiamo puntare sulla cultura e sull’istruzione». Lo ha detto questa sera al Fla di Pescara il procuratore della Repubblica di Catanzaro, Nicola Gratteri, parlando del suo ultimo libro e dialogando con l’ex sindaco di Pescara Marco Alessandrini, figlio del giudice Emilio, assassinato il 29 gennaio 1979 da un commando di Prima Linea.
«Questo Governo ha ai vertici un mago della finanza, ma sul piano del contrasto alla criminalità non ho sentito da nessun ministro pronunciare la parola mafia. Hanno dimenticato, nella riforma della giustizia, di mettere reati ambientali, corruzione, concussione e tutti reati della Pubblica amministrazione. Questo mi indigna, ma nessuno ha detto nulla. Non c’è una cosa che serve per contrastare inquinamento, la corruzione. Questo sta accadendo nel silenzio assordante di tutti tranne che del sottoscritto».
«A me pare che si stia esagerando in questa analisi impietosa sui magistrati. Palamara non ha fatto le cose da solo. Non votava solo lui. Perché si parla solo di Palamara? Non ha fatto tutto da solo. In base alle statistiche i magistrati sono quelli che producono di più in Europa. C’è corruzione? Si c’è corruzione. È accaduto, ma non penso che valga la pena buttare al rogo la magistratura. Bisogna individuare i collusi e i corrotti ed essere feroci con loro. Se la gente pensa di unirsi al coro di certi centri di potere di rivoltare la magistratura, fanno il gioco di chi vuole vendicarsi di trent’anni di lavoro di chi ha combattuto le mafie. Dico, attenzione a non unirsi al coro. La gente non deve abboccare a questi centri di potere che vogliono indebolire lo Stato per poi far sì che sia più malleabile».
Quando parliamo di Borsellino mi soffermo sull’agenda rossa. Quando è stato ucciso Falcone nessuno si aspettava che venisse ucciso perché era a Roma, non era più in prima linea. Borsellino, invece, ha vissuto per due mesi sapendo che sarebbe stato ucciso e per questo saliva e scendeva da Roma e ogni volta tornava sempre più preoccupato, perché si rendeva conto che non aveva più interlocutori. E mentre le macchine bruciavano e c’era puzza di gomma e di carne, aprono la macchina e prendono quell’agenda rossa . Chi ha ordinato quella strage ha pensato a eliminare Borsellino e la traccia di quella strage perché sapevano che Borsellino annotava tutto ogni giorno. Non abbiamo fatto chiarezza su quella strage perché manca un pezzo per capire chi ha ordinato il recupero di quell’agenda.
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