Cresce in Italia il fenomeno delle dimissioni. Secondo i dati del Ministero del Lavoro, nel secondo trimestre del 2021, sono2 milioni 587 mila le chiusure dei rapporti lavorativi con +768 mila unità, rispetto allo stesso trimestre del 2020. Di queste, 484 mila per dimissioni volontarie dei lavoratori. Tra le regioni italiane vi è una netta differenza riguardo il tasso di variazione. È superiore nel Centro con +69,1%, pari a +275 mila rispetto al Nord che registra +39,3% pari a +298 mila. Nel Mezzogiorno abbiamo un +33,2% pari a +213 mila.
I settori più coinvolti sono quello sanitario e sociale con +44%. Un evento sempre più comune in questo periodo, iniziato negli Stati Uniti, dove al fenomeno il docente della Texas A&M University, Anthony Klotz, ha dato il nome di “Great resignation”, e cioè dimissioni di massa. Da un lato milioni di lavoratori che lasciano volontariamente il posto di lavoro, mentre in parallelo altri milioni quel posto lo hanno perso a causa della pandemia. Secondo il prof. Klotz sicuramente ha inciso su questo fenomeno la pandemia, che ha cambiato l’atteggiamento delle persone nei confronti del lavoro e ha messo in discussione le loro priorità. Secondo il docente i motivi più frequenti che hanno portato molti lavoratori a lasciare il posto di lavoro sono rappresentati in primo luogo dalle cd. dimissioni “in arretrato”, rimandate durante l’emergenza pandemica a causa dell’incertezza del momento, dallo smart working che ha decisamente cambiato l’identità delle persone portando ad una sorta di reticenza nei confronti del rientro ordinario in ufficio.
Klotz, inoltre, teorizza il concetto delle cd. “Epifanie pandemiche”: in sostanza molte persone si sono rese conto che le modalità di lavoro seguite fino a quel momento non erano più soddisfacenti, si sono abituate ad una maggiore libertà e flessibilità nella gestione dell’orario di lavoro che ha fatto prevalere in loro il desiderio di autonomia, insieme alla voglia di fare qualcosa di diverso. Un fattore da considerare allarmante è invece rappresentato dal cd. “burnout”, che ha interessato soprattutto, ma non solo, quei lavoratori che non si sono mai fermati, come medici e infermieri. Secondo l’azienda di recruiting Oliver James l’aumento delle aperture di partite Iva (ad oggi + 62,5% di consulenti rispetto al 2020) è un sintomo collegato all’incremento delle dimissioni volontarie, che si prevede proseguirà nel corso del tempo: nel quarto trimestre, l’azienda stima che ci possa essere un aumento del 33% rispetto al trimestre precedente. “Si vive una volta sola, è il mantra, diventato presto trend, che sta spopolando tra i lavoratori delle nuove generazioni (e non solo), che si stanno avvicinando alla YOLO (you-only-live-once appunto) economy, che ha generato il conseguente picco di aperture di nuove partite Iva nel secondo trimestre del 2021”, dicono gli esperti di recruiting di Oliver James, recruiting firm di nuova generazione che ha sviluppato un approccio alla ricerca del personale focalizzato su persone e dati, in base a quanto emerso dall’Osservatorio sulle opportunità di lavoro, carriera e crescita professionale dedicata alle partite Iva e ai consulenti.
Secondo Pietro Novelli, country manager Italia di Oliver James, ci sono alcuni elementi che possono influire sulla decisione di restare in azienda, in primo luogo la flessibilità, oraria e di luogo di lavoro, seguita dalla possibilità di poter migliorare le proprie competenze, grazie a percorsi di formazione continua che sono fondamentali per trattenere talenti.
Un buon piano di welfare aziendale e un percorso definito di avanzamento carriera sono considerati ulteriori elementi fondamentali per “non guardarsi intorno”. Il fattore flessibilità è emerso anche nello studio Employer Brand Research di Randstad, realizzato su oltre 190.000 lavoratori in tutto il mondo: la possibilità di poter gestire in libertà il proprio tempo e raggiungere un buon livello di bilanciamento tra vita e lavoro rappresenta uno dei motivi principali che spinge sia coloro che cambiano lavoro che coloro che lo cercano. La centralità di questo aspetto è sicuramente da imputare al cambiamento in corso del modo di lavorare che tende sempre più verso un modello ibrido, che dà più spazi di movimento alle persone nella gestione quotidiana del loro tempo.
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