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La proposta anti-Severino del Pd e la solidarietà a Falcomatà. «Fare il sindaco deve convenire?»

A pochi giorni dall’affaire Reggio alcuni parlamentari dem (su impulso di Letta) propongono la cancellazione delle norme sulla sospensione

Pubblicato il: 25/11/2021 – 12:05
di Francesco Donnici
La proposta anti-Severino del Pd e la solidarietà a Falcomatà. «Fare il sindaco deve convenire?»

REGGIO CALABRIA «Fare il sindaco non conviene». Lo slogan sta accompagnando in questi giorni le proposte rivolte alla modifica o abrogazione della legge Severino. L’ultima depositata dal Partito Democratico. Il “ritorno di fiamma” – come ricostruisce il fattoquotidiano – sarebbe diretta conseguenza di quanto astrattamente scritto in calce alla sentenza di primo grado del processo “Miramare”, che ha visto la condanna a 1 anno e 4 mesi del primo cittadino di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, e conseguente sospensione dalla carica per la durata di 18 mesi. «L’assurdità» del caso specifico, che chiederebbe se non altro un esame del testo normativo, – secondo quanto esternato dallo stesso Falcomatà nella sua diretta post-verdetto – è nella durata superiore della sospensione rispetto alla condanna stessa. A ciò si aggiunga che il reato contestatogli è quell’abuso d’ufficio, la cui depenalizzazione è oggetto di un’altra “crociata” di taluni partiti. Ma è necessario (e in che misura) intervenire proprio oggi sulla “Severino”?

La proposta del Partito Democratico e la solidarietà a Falcomatà  

Oggetto della proposta dem è la cancellazione gli articoli 8 e 11 della “Severino”, ovvero le norme che rendono obbligatoria la sospensione per i sindaci, governatori, assessori che abbiano subito una condanna in primo grado (a meno che non si tratti di reati gravi). Le firme sono illustri: Dario Parrini, presidente della Commissione Affari costituzionali, Anna Rossomando, vicepresidente del Senato e responsabile giustizia del partito, Franco Mirabelli, vicepresidente dem e capogruppo in commissione Giustizia; e alla Camera Andrea Giorgis, coordinatore del comitato riforme istituzionali del partito, e i capigruppo in commissione Giustizia e Affari costituzionali Alfredo Bazoli e Stefano Ceccanti. Ma secondo quanto ricostruito dal giornale di Marco Travaglio, la proposta che «vorrebbe portare le lancette della giustizia a prima del 1990, anno della legge 55», proverrebbe direttamente Enrico Letta, che ieri avrebbe riunito un gruppo di amministratori locali nella sede del partito. La leadership del segretario, invero, si regge in larga parte sull’appoggio del “partito dei sindaci”, di gran lunga rinfoltito dopo l’ultima tornata elettorale.
Nelle stesse ore è inoltre arrivata l’apertura (condizionata all’azzeramento dell’attuale giunta) dei dem alla continuità dell’amministrazione reggina dopo lo “sgarbo” di Falcomatà. Dopo la sospensione, il sindaco ha di fatto spodestato il partito dalla guida del Comune e della Città Metropolitana (consegnandoli rispettivamente a Brunetti di Italia Viva e Versace di Azione). Ma dalla riunione intercorsa tra le delegazione Pd e il facente funzioni di Palazzo San Giorgio sarebbe emerso un «clima cordiale» al quale si è accompagnata la rinnovata solidarietà verso il sindaco e i consiglieri comunali sospesi. «Ribadiamo – si legge nella nota diffusa dal commisario regionale, Stefano Graziano – la necessità di un intervento del legislatore sulla norma che regola i reati di abuso d’ufficio e sulla opportunità della sospensione dai ruoli amministrativi in seguito a condanne in primo grado». Oggi, per ammissione della stessa delegazione, Brunetti esporrà le proposte alla coalizione e, nell’attesa, l’interpartitica fissata per la serata è slittata a data da destinarsi.

Il testo della proposta dem

Il caso Falcomatà e l’affaire Reggio, dove il centrodestra rimane fermo all’uscio, alitando su un insperato ritorno al voto, viene annoverato in quella che i firmatari Pd definiscono «la casistica degli ultimi anni» da cui sarebbe emerso «un problema oggettivo di bilanciamento tra lotta all’illegalità da una parte e salvaguardia dell’efficienza e della stabilità delle amministrazioni dall’altra».
Questa la premessa per addivenire alla richiesta di cancellazione delle suddette norme «del decreto legislativo numero 235 del 2012 che prevedono la sospensione di amministratori regionali e locali a seguito di sentenze non definitive e dunque suscettibili di cambiamento nel corso dell’iter processuale». Questo in virtù di un nuovo e diverso bilanciamento «che rispetti parimenti le esigenze di legalità e il principio di garanzia costituzionale di cui all’articolo 27».
Rimangono fuori dalla proposta i reati di cui all’4-bis della legge 26 luglio 1975 n. 354 (concussione, corruzione, terrorismo, associazione di stampo mafioso) con l’eccezione del peculato.

«Fare il sindaco non deve “convenire”»

Sullo slogan che accompagna le proposte anti-Severino, si è soffermato Andrea Pertici, costituzionalista dell’Università di Pisa, definendolo «tanto frequente quanto orrendo».
Fare accenno alla “convenienza” eventuale nel ricoprire il ruolo di primi cittadini «indica l’idea della carica pubblica come qualcosa che deve procurare a chi la ricopre una propria utilità. Deve “convenire”, appunto».
«Oggi – continua Pertici – torna a proposito della proposta di intervenire sulla sospensione dalla carica per chi abbia avuto condanne non definitive per determinati reati, che forse potrebbe essere ricondotta a maggiore ragionevolezza, in effetti; ma senza “cogliere l’occasione” per cancellare la legge Severino che ci ha reso appena rispettabili dal punto di vista della prevenzione della corruzione».
Nell’analisi non viene negata l’esistenza di norme «che finiscono per addossare sui sindaci alcune responsabilità con troppo facilità e in sostanza prescindendo dai propri comportamenti, e che su questo si può cercare di intervenire. Ma questo nulla toglie al fatto che fare il sindaco non deve “convenire”, perché altrimenti diventerebbe una professione da scegliere al posto di un’altra».
Fare il sindaco non è una professione o questione di “capacità”, rimarca il docente, ma «è rappresentanza della propria comunità locale». Con ciò, probabilmente, non volendo fare riferimento ai recenti incontri “tra la gente” palesati sui social del sindaco sospeso di Reggio e accompagnati dai coloriti inviti della “signora Franca”.
«Altrimenti – chiosa Pertici – si potrebbe mettere anche un unico sindaco per più comuni oppure si potrebbe far fare a una stessa persona il sindaco di diversi comuni nel corso del tempo. Il che avrebbe ben poco a che fare con il concetto di autonomia e di rappresentanza territoriale. Ora, le norme devono consentire di fare il sindaco con tranquillità a chi si sente di impegnarsi e abbia conquistato i voti dei suoi concittadini. Una tranquillità anche economica, per evitare che sia riservato a chi ha rendite. Ma niente di più. Se si vuole avere “convenienza” si faccia altro». (redazione@corrierecal.it)

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