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Aveva negato l’esistenza di una ‘ndrangheta “autonoma” in Emilia, ricusato giudice di “Grimilde”

La Corte d’appello di Bologna accoglie l’istanza della Procura antimafia felsinea allontanando il presidente del tribunale Ghini

Pubblicato il: 27/11/2021 – 22:20
Aveva negato l’esistenza di una ‘ndrangheta “autonoma” in Emilia, ricusato giudice di “Grimilde”

BOLOGNA La Corte d’Appello di Bologna ha accolto l’istanza di ricusazione del giudice Giovanni Ghini, presidente del collegio del Tribunale di Reggio nel processo “Grimilde” – in corso a Reggio Emilia e che vede imputati, tra gli altri, Francesco Grande Aracri e Paolo Grande Aracri – presentata dalla Procura della Repubblica Direzione distrettuale antimafia presso il Tribunale di Bologna. La decisione della Corte d’Appello felsinea è legata alle prese di posizione sulla ‘ndrangheta reggiana manifestate dal magistrato del dibattimento pendente, in precedenti procedimenti aventi ad oggetto, tra gli altri, gli stessi due esponenti della famiglia Grande Aracri. In alcuni procedimenti antecedenti a “Grimilde” – viene evidenziato – il giudice oggetto dell’istanza di ricusazione «in quanto nega specificamente il fatto storico dell’esistenza di quella ‘ndrangheta poiché strutturalmente non radicabile in autonomia sul territorio di Reggio Emilia anticipa, sia pure incidentalmente, il giudizio sulla possibile appartenenza a detta associazione dei soggetti imputati per il reato di cui all’articolo 41 bis c.p. nel processo “Grimilde” non potendo neppure prospettarsi la responsabilità di un soggetto per la sua adesione ad una struttura associativa ritenuta ab origine
inesistente». Inoltre, viene aggiunto, «l’anticipazione del giudizio nel diverso procedimento pregiudica l’imparzialità del giudice, chiamato a decidere sulle posizioni di imputati accusati del medesimo reato associativo , con la precisazione che anche solo l’apparenza di imparzialità è oggetto della salvaguardia predisposta dagli istituti dell’astensione e della ricusazione». A giudizio della Corte d’Appello bolognese, «nel caso concreto il mancato esercizio del dovere di astensione per gravi ragioni di convenienza. legittima la ricusazione del giudice che nell’ambito di diverso procedimento, conclusosi con la citata sentenza assolutoria, ha espresso una valutazione sull’insussistenza della fattispecie concreta in termini tali da anticipare un giudizio sulla posizione degli imputati chiamati a rispondere della medesima imputazione».

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