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Rinascita Scott, la passione dei Gallone per le armi

L’occultamento dei fucili sottoterra e le accortezze per non farli arrugginire. Il viaggio a Rosarno e l’affare sfumato. Il figlio minorenne del braccio destro di Luigi Mancuso e la pistola inceppa…

Pubblicato il: 28/11/2021 – 7:04
di Alessia Truzzolillo
Rinascita Scott, la passione dei Gallone per le armi

LAMEZIA TERME È il possesso di armi uno dei capisaldi delle cosche calabresi e vibonesi in particolare. Gli arsenali scovati periodicamente dalle forze dell’ordine ne sono un esempio. E di armi parlano, a marzo 2016, Giovanni Rizzo, classe ’72, e Pasquale Gallone. Quest’ultimo è considerato il braccio destro del boss Luigi Mancuso e condannato a 20 anni nel processo con rito abbreviato “Rinascita Scott”. Rizzo è imputato nel processo con rito ordinario, ritenuto intraneo ai Mancuso di Limbadi ed accusato di essere, tra le altre cose, «attivo anche nell’acquisto e reperimento di armi e munizioni nell’interesse della cosca».
Il resoconto dell’incontro tra i due lo riporta, nel corso del processo ordinario nell’aula bunker di Lamezia Terme, il luogotenente del Ros Agostino Notaro. Nel corso di una intercettazione ambientale, racconta Notaro rispondendo alle domande del pm Antonio De Bernardo, si sentono Rizzo e Gallone fare chiari riferimenti a «dei calibri, 9 Lugher, 9X21, insomma a delle armi in loro possesso».
«Fucili si capisce che ce ne è più a di uno, perché parlano delle condizioni di questo fucile, secondo Rizzo Giovanni non è in buone condizioni, invece secondo Gallone Pasquale è buono, dice: “Non si inceppa, spara bene, ha recupero di gas”», spiega Notaro.

Occultare le armi sottoterra e proteggerle dall’umidità

I due poi parlano delle modalità di occultamento delle armi che devono essere nascoste sottoterra ma, allo stesso tempo, devono essere preservate dall’umidità. L’idea è quella di utilizzare dei tubi in pvc in plastica o dei contenitori di polistirolo «tipo quelli che vengono utilizzati per fare l’esame del cemento», dice l’ufficiale. Rizzo non è convinto delle condizioni del fucile che Gallone dire essere buono, tanto da suggerire di metterlo da parte e con una somma di 6 -700, 800 euro ne avrebbero potuto prendere un altro in migliori condizioni. Dell’armamentario fanno parte anche «un silenziatore, kalashnikov, si sente durante la conversazione ambientale si sente anche l’utilizzo di queste armi, rumori metallici che fanno capire che stanno utilizzando delle armi. Parlano anche, “Penso che ha sparato qualche centinaio di colpi”, insomma parlano delle condizioni, cioè la conversazione è proprio palese, parlano dei calibri di pistole, fanno 9×21, 9×21.., Gallone Pasquale dice di avere sparato, dice: “È a recupero di gas e non si inceppa”», riferisce Notaro in aula bunker.

«Non sparare agli uccellini»

Il nove ottobre 2016 il suono di uno sparo arriva nettamente alle orecchie degli investigatori. A sparare è Francesco Gallone (condannato in abbreviato a 11 anni e 3 mesi), figlio di Pasquale, il quale la dimostrazione la fa davanti alla fidanzata «tanto è vero la ragazza gli dice di non sparare agli uccellini».
Francesco Gallone in seguito si allontana dalla ragazza per nascondere l’arma ma lei dimostra di sapere già dove fossero occultate le armi.

Il divieto di detenere armi e il “vizio” dei Gallone

L’arsenale che i Gallone detenevano era del tutto illegale, spiega Notaro. Padre e figlio, infatti, erano stati raggiunti dal divieto, da parte della Prefettura, di detenere armi, esplosivi e munizioni.
Per Pasquale Gallone era stata la Prefettura di Catanzaro a emettere il decreto nel 1985 «essendo stato il Gallone condannato per detenzione illecita di cartucce e perché si associava a persone pregiudicate e mafiose del luogo» era la motivazione come racconta l’investigatore, «mentre per Gallone Francesco il Prefetto della Provincia di Vibo Valentia nel 2014 decretava nei confronti di Gallone Francesco il divieto di detenere armi, munizioni e esplosivi a seguito del deferimento in stato di libertà per porto abusivo di armi», come denunciato dalla stazione dei Carabinieri di Nicotera nel 2013. 

Il viaggio a Rosarno per acquistare armi e munizioni

Nonostante questi divieti padre e figlio sono recidivi e il 10 marzo 2017, racconta Notaro, i carabinieri localizzano Pasquale Gallone a Rosarno. «… erano in cerca di armi nuove, comuni e non da guerra, il problema era il munizionamento, la possibilità di reperire il munizionamento, tanto è vero per far capire di quale munizionamento fosse necessario si parlava di “Tipo quello dell’M12 che usano i Carabinieri”.», spiega Notaro.
«Gallone Pasquale insieme al figlio Francesco – racconta il teste – erano andati lì per acquistare queste armi e il relativo munizionamento, tanto è vero si lamentavano che il munizionamento che gli stavano prospettando non andava bene, perché dice: “Dopo alcuni colpi si inceppa”. Poi si lamentava, ripeto, del fatto che le armi, dice “Che non erano nuove”, perché lui le aveva cercate nuove e invece alcune erano arrugginite, cioè che la canna era arrugginita, lo dice proprio in ambientale. Fanno riferimento al calibro “9 millimetri”, “9 millimetri”. Il giorno dopo Pasquale Gallone racconta del viaggio a Rosarno Gaetano Molino. Gli dice che aveva portato anche i soldi e che quelli di Rosarno volevano 1700 euro per le armi. Affare sfumato perché, avrebbe detto Gallone: «Si pensava che prendeva in giro me, che “sono nuove, sono nuove” ma invece erano buttate dentro una busta».
Infine Gallone dice a Molino: «Glielo dici che non le ho prese». I due non rivelano chi è la persona alla quale riferire del mancato acquisto ma tra loro due si intendono. Infine Gallone chiede a Molino di riferire allo zio (che gli investigatori identificano in Luigi Mancuso) di alcuni appuntamenti che Gallone aveva avuto in quei giorni.

Il colpo al contrario, «Non si scherza con queste cose»

Il 10 aprile 2017 Pasquale Gallone si trova in macchina col figlio minore. I carabinieri li sentono parlare e «l’oggetto del discorso era che il ragazzo (all’epoca minorenne, ndr) aveva mostrato al padre un’arma che per errore, per non dovute capacità di questo ragazzo, si era inceppato un colpo all’interno della canna, perché era stato messo all’incontrario nel caricatore». A questo punto il padre redarguisce il figlio: «Non si scherza con queste cose. Ha messo il colpo al contrario, come poteva sparare il colpo al contrario?». In seguito «il ragazzo spiega al padre che non era stato messo il colpo in canna al contrario, ma era stato messo nel caricatore al contrario, quindi l’arma quando ha caricato il proiettile l’ha caricata al contrario e si era incastrato nella canna», racconta Notaro. Qualche giorno dopo i carabinieri, nella loro attività di osservazione, monitorano i due fratelli Gallone cercare di sbloccare l’arma col proiettile incastrato. Si scopre dalle intercettazioni che è una pistola acquistata, dice il minore, da «un ragazzo, un suo amico che – racconta Notaro – avrebbe preso i soldi al padre per comprare quest’arma». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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