PISA Tre assoluzioni e due rinvii a giudizio sono stati decisi dall’udienza preliminare del processo per la morte di Emanuele Scieri, il paracadutista della Folgore deceduto in circostanze ancora non chiarite alla caserma Gamerra di Pisa il 13 agosto 1999.
Il gup ha disposto il non luogo a procedere per il sottufficiale dell’esercito Andrea Antico accusato di omicidio volontario aggravato, per non avere commesso il fatto, e per gli ex ufficiali della Folgore, Enrico Celentano e Salvatore Romondia, perché il fatto non sussiste. Rinviati invece a giudizio i due ex caporali Alessandro Panella e Luigi Zabara. Il processo inizierà ad aprile.
Antico aveva chiesto di essere giudicato con rito abbreviato: per lui la Procura aveva chiesto 18 anni di reclusione. Il giudice ha stabilito che non ha commesso il fatto e ha assolto anche l’ex comandante della Folgore Enrico Celentano e l’ex aiutante maggiore Salvatore Romondia perché il fatto non sussiste. Erano accusati di favoreggiamento e avevano chiesto il rito abbreviato. Per loro la Procura aveva chiesto 4 anni.
«Aspettiamo di leggere con attenzione e interesse – ha spiegato il procuratore della Repubblica Alessandro Crini – le motivazioni di questa sentenza e alla fine valuteremo se e come procedere con il ricorso». «Abbiamo investito tempo e risorse in questo processo – prosegue Crini – e pur mantenendo il massimo rispetto nella funzione del giudice vogliamo capire quali sono state le sue argomentazioni che lo hanno portato ad arrivare a conclusioni diverse dalle nostre e solo dopo averle lette decideremo come muoverci. Abbiamo sentito centinaia di testi e riesumato anche la salma di Emanuele Scieri. Siamo convinti che questa sia solo una tappa di questa vicenda molto complessa e per la quale si arriva a un giudizio 22 anni dopo i fatti».
«Siamo delusi della sentenza di oggi, anche se continueremo a batterci per scrivere la verità sulla morte di Emanuele», ha detto Francesco Scieri, fratello di Emanuele. «Il pronunciamento del gup – ha spiegato – sembra smontare anche le conclusioni della commissione parlamentare sul ruolo del presunto favoreggiamento dei due ufficiali. Ma resto convinto che loro, in questa vicenda, un ruolo lo abbiano avuto e, anzi, è inimmaginabile che non ce lo abbiano avuto». «Ma ciò che fa più male è che i tre imputati per un fatto così grave» come l’uccisione del fratello «possano farla franca».
La sentenza, ha commentato Carlo Garozzo, presidente dell’associazione Giustizia per Lele, fondata dagli amici di Scieri, «ci lascia l’amaro in bocca ma siamo abituati agli schiaffi e le nostre guance sono rosse da anni per i colpi presi». Però, ha aggiunto, «oggi un tribunale finalmente suggella almeno un fatto incontrovertibile: Emanuele non era un folle suicida ma qualcuno lo ha ammazzato e ora un processo accerterà questa verità che per troppi anni hanno provato a negarci». «Speravamo che potesse rispondere della sua morte – ha concluso – anche tutta la catena di comando, ma per ora così non è. Noi continueremo a batterci per dare giustizia a Lele».
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