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Bergamini, la voglia di «lasciare il calcio» e il «tuffo» sotto il camion: la versione di Internò

Terza udienza del processo sulla morte del calciatore. Gli ultimi istanti di vita della vittima, il giallo dei vestiti e «l’assenza di segni di trascinamento»

Pubblicato il: 30/11/2021 – 13:23
di Fabio Benincasa
Bergamini, la voglia di «lasciare il calcio» e il «tuffo» sotto il camion: la versione di Internò

COSENZA Terza udienza del processo Bergamini in Corte d’Assise a Cosenza. Presente in aula e sempre accanto ai suoi avvocati, Isabella Internò unica imputata per la morte dell’ex calciatore del Cosenza. Il Pm, in fase preliminare, ha chiesto e ottenuto (con il consenso della difesa) l’acquisizione di un blocchetto contenente una decina di foto a colori che cristallizzano il luogo del ritrovamento del corpo senza vita di Denis. La piazzola a Roseto Capo Spulico. I frame si riferiscono ad un filmato Rai girato il 19 novembre 1989, acquisito dalla Pg nel corso dell’indagine ma mai entrato nel processo.

La piazzola e lo schizzo planimetrico

Denis Bergamini conosceva bene quella strada, «perché la percorreva quando tornava a Ferrara e alcune volte si fermava a fare un bagno». L’ispettore di Polizia, Ornella Quintieri, sollecitata dal Pm si sofferma sui particolari della piazzola. Si discute dei rilievi effettuati sul posto, all’epoca dei fatti, dal geometra Pietro Romeo e da Padre Fedele. Si tratta di uno schizzo planimetrico (acquisito dalla Corte) dove si descrive con dovizia di particolari il luogo del ritrovamento del cadavere di Denis «distante circa 60 metri da uno spazio transitabile dai veicoli, mentre le sterpaglie e i rovi rendevano non transitabile il resto dell’area». Bergamini e Isabella Internò arrivano sul posto intorno alle 17.40 dopo essersi fermati ad un posto di blocco, parcheggiano la Maserati all’inizio della piazzola «come riveleranno alcuni testimoni transitati dopo l’arrivo dei due giovani». L’autocarro guidato da Pisano che avrebbe investito e ucciso Denis arresta la marcia alle 19.11. L’ispettore di polizia Ornella Quintieri racconta un episodio narrato da più testimoni in transito sulla strada statale 106 secondo i quali, «Denis Bergamini è stato visto mentre si avvicinava sul ciglio della strada con le mani in tasca come se stesse aspettando qualcuno».

La versione di Isabella Internò

La Corte dopo essersi ritirata in Camera di Consiglio, decide sulla non ammissibilità della deposizione del teste di polizia giudiziaria – sollevata dalla difesa – sulle dichiarazioni rese da Isabella Internò nell’immediatezza dei fatti all’ufficiale di Pg Barbuscio. Le dichiarazioni vengono ammesse perché «rese al momento in cui l’imputata era persona informata sui fatti e non si ravvisano elementi tali da inibire la deposizione». Il racconto prosegue. «Denis e Isabella – in macchina – parlano della decisione del calciatore di lasciare l’Italia, imbarcarsi da Taranto e raggiungere l’estero. La fidanzata chiede una spiegazione e il giocatore esprime una generica stanchezza del calcio». Questa è la confessione che la Internò farà a Luigi Simoni, all’epoca allenatore del Cosenza Calcio e a Ranzani, direttore sportivo. Subito dopo la Internò renderà la stessa dichiarazione anche ai familiari e conoscenti. «Bergamini – secondo la versione fornita dalla giovane – al termine della discussione si sarebbe buttato sotto il camion con uno scatto repentino, compiendo un tuffo simile a quello effettuato in una piscina». «Bergamini non aveva bagagli, pochi contanti e un assegno di 8 milioni di lire (lo stipendio mensile del Cosenza), non aveva passaporto o altri documenti», precisa l’ispettore Quintieri.

Gli esami post mortem

Ale 19.30 del 18 novembre 1989 alla stazione dei Carabinieri di Roseto Capo Spulico arriva la notizia di un incidente con un morto presente sul manto stradale, sul posto arriva Barbuscio e avvia i rilievi fotografici. Il carabiniere rileva una traccia sull’asfalto legata al trascinamento, di 59 metri, del corpo di Denis seguito all’investimento del camion. Sul posto interviene la guardia medica che redige il certificato di morte dopo un’analisi visiva ravvisando «lo sfondamento toracico e schiacciamento dell’addome». L’esame autoptico sarà effettuato, alle 11.40 del 19 novembre 1989, dal dottore Remondi alla presenza del Pm di turno, coadiuvati dal comandante dei carabinieri di Trebisacce: come causa della morte sarà certificata la presenza di «politraumatismo multiplo, rigidità cadaverica agli arti inferiori e la sussistenza di ipostasi unite allo schiacciamento dell’addome». Dopo la relazione, il Pm dispose la restituzione della salma alla famiglia. I vestiti di Bergamini non furono sequestrati ma andarono distrutti, «la famiglia non entrò mai in possesso dell’abbigliamento e gli fu riferito che erano stati bruciati in un inceneritore di Cosenza dell’Asl numero 9», le scarpe furono gli unici oggetti recuperati e furono fatte pervenire alla famiglia del calciatore da un tifoso del Cosenza. «In realtà – spiega Quintieri – le scarpe furono prese dall’obitorio da un altro tifoso del club silano che tramite il vice allenatore Ranzani le fece avere ai familiari della vittima». I due tifosi persero la vita pochi mesi dopo in un incidente stradale «a causa di un colpo di sonno, l’auto con a bordo i tifosi prima impattò contro un autocarro e poi invasa la corsia opposta venne travolta da un mezzo in corso».

Le perizie e la ricostruzione del Ris

I carabinieri del Ris di Messina otterranno, ad ottobre del 2011, l’incarico di effettuare consulenza sull’esame dei reperti rinvenuti sul corpo di Denis: il portafoglio, la catenina d’oro, l’orologio e le scarpe. Il Ris concluderà che «gli effetti personali di Bergamini si presentavano in buono stato di conservazione, i graffi presenti erano legati al normale utilizzo e senza nessun segno di trascinamento», le scarpe inoltre erano di due taglie diverse perché «acquistate dal calciatore ad un prezzo vantaggioso in un negozio di Cosenza». La scientifica poi analizzerà le foto scattate dai carabinieri sul luogo della morte ed effettuerà una simulazione dell’investimento. «Il corpo era stato sormontato in posizione supina, l’impatto avvenne tra la ruota anteriore destra del camion e il calciatore», mentre i rilievi sullo spazio di frenata «mostrarono come il corpo si trovasse in prossimità dell’inizio del guardrail subendo un’azione di spinta della ruota dell’autocarro con uno spazio inferiore ai 15-18 metri». Per i Ris è «impossibile che l’impatto tra camion e corpo sia avvenuto nei pressi della piazzola di sosta». Secondo il successivo esame autoptico effettuato dal dottore Avato, il decesso sarebbe sopraggiunto «in poche decine di secondi, in caso di schiacciamento del camion si sarebbe verificato in tempi superiori». L’ispettore Quintieri riferisce dei risultati relativi alle altre perizie effettuate sul cadavere di Bergamini da parte dei dottori Bolino e Testi: «il corpo – come emerso al termine degli esami – si trovava disteso sul suolo in condizioni di ridotta vitalità, con un’unica ferita all’altezza dell’addome, in posizione supina, e aveva subito lo schiacciamento della ruota destra del camion con sormontamento parziale». I medici rileveranno «la presenza di sofferenza polmonare e assenza di lesioni in altri distretti corporei, senza segni di trascinamento come invece indicato dai testi».

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