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il protocollo

Mare inquinato, la Procura di Vibo fa sul serio (e in anticipo). «Metà dei depuratori non funzionano» – VIDEO

Intesa tra la Procura di Vibo e la stazione ecologica “Anton Dohrn”. Falvo: «Vogliamo incidere seriamente». Greco: «Ripensare la depurazione»

Pubblicato il: 30/11/2021 – 14:23
di Giorgio Curcio
Mare inquinato, la Procura di Vibo fa sul serio (e in anticipo). «Metà dei depuratori non funzionano» – VIDEO

VIBO VALENTIA Affrontare il tema dell’inquinamento marino in netto anticipo e non a luglio, nel pieno della stagione estiva. Basterebbe già questo per far capire che – forse – stavolta si fa sul serio. A metterci la faccia, ancora una volta, è la Procura di Vibo Valentia guidata da Camillo Falvo, almeno per quel che riguarda il territorio di sua competenza. D’altro canto, per i più smemorati, la procura vibonese s’era già mossa in questo senso a luglio di quest’anno, dando vita ad una sorta di mega task force insieme alle forze dell’ordine e al collega procuratore di Lamezia Terme, Salvatore Curcio.

Monitoraggio e analisi del Dna

Un monitoraggio effettuato nella zona del Golfo lametino e che comprende i territori di Nicotera Marina fino all’area del Pontile ex-Sir e i cui dati sono tutt’ora al vaglio attraverso l’analisi del Dna che consentirà di risalire alla natura della sostanza inquinante. Perché, come è già stato ricordato in più di un’occasione, la fioritura algale è il sintomo più evidente di un mare in sofferenza.

Risalire all’origine del problema

Insomma, un percorso già tracciato e sul quale il procuratore Camillo Falvo vuole continuare a camminare, accompagnandosi però a Silvio Greco, uno dei massimi esperti del settore e direttore della sede di Amendolara della Stazione Zoologica Anton Dohrn. Entrambi, questa mattina, negli uffici della Procura hanno siglato un protocollo di «azioni e prevenzioni» per il contrasto al «fenomeno dell’inquinamento delle acque interne e del mare». Gli obiettivi, però, sono molteplici: scoprire le cause profonde e colpire a monte il problema dell’inquinamento marino già dalla stagione invernale e poi, in caso di reati, reprimere e punire.

inquinamento mare procura vibo

Dalla prevenzione alla repressione

«Noi speriamo di poter capire quali siano i fattori inquinanti, cercando di risolvere il problema non soltanto con la prevenzione che, abbiamo visto, serve a poco o comunque non è risolutiva. Attraverso questo protocollo e l’ausilio della stazione navale della Capitaneria di Porto, speriamo di poter incidere seriamente». Lo ha detto questa mattina il procuratore di Vibo, Camillo Falvo, spiegando la natura del protocollo siglato. «Basterebbe far comprendere a chi inquina che è un danno che innanzitutto provoca a sé stesso. Inquinare il mare danneggia le stesse strutture turistiche che danno lavoro. Noi, come Procura, faremo le indagini e accerteremo i reati. L’aiuto della struttura lo utilizzeremo nella fase investigativa, sebbene quella più importante sia la prevenzione del fenomeno».

«La politica faccia la propria parte»

Una strategia d’azione imprescindibile, però, dalle mosse dalla politica: «La politica deve fare la sua parte, se la depurazione è insufficiente, sono loro che devono intervenire. Ma è chiaro che la cattiva manutenzione, il sottodimensionamento rispetto al numero della popolazione nei periodi estivi, rappresentano un problema. Bisognerebbe fare degli investimenti, noi speriamo di sensibilizzare non solo la gente comune e gli insediamenti industriali, ma anche le istituzioni pubbliche, dai Comuni alla Regione. La politica, in questo momento, deve fare la sua parte».

Tecniche forensi al servizio del mare

«Sono tecniche utilizzate nella medicina forense avanzata e ora traslata nell’ecologia marina. Dati che consentiranno di avere maggiori certezze attraverso ricerche incrociate. L’acqua non ha memoria, è inutile campionare il mare. Invece noi sui fanghi abbiamo la memoria storica di tutti gli eventi che si sono verificati e noi studiamo sia la parte batterica e dei virus, ma anche gli organismi che vivono in quell’ambiente e stiamo anche lavorando sulla salute dei pesci».

«La metà dei depuratori non funziona»

La cura? «Bisogna verificare lo stato dell’arte, ho già incontrato la Regione che mi sembra ben predisposta. Noi sappiamo però quali sono i nodi gordiani, ci sono alcuni impianti che bisognerà chiudere e fare d’accapo ma non modulati per il periodo standard che è quello invernale. Bisogna ripartire dai consorzi perché è impensabile che ogni comune abbia un suo sistema di depurazione. In Calabria abbiamo 409 depuratori, metà dei quali non funziona. Senza calcolare il problema della depurazione dei comuni interni, perché il mare inizia dal Pollino, dalle Serre e dall’Aspromonte, il mare non inizia sulla costa».

Le strategie ideali

«Chiusura e rifacimento dei depuratori consortili e modulari che tengano conto di quanto bisogna ripulire d’inverno ma soprattutto d’estate. Poi combattere la piccola illegalità diffusa e la gestione della depurazione che sia scientifica: alla fine dobbiamo avere dei fanghi che dimostrino che il lavoro di depurazione è stato fatto ma, molto spesso, questi fanghi non si trovano affatto, è un mistero».

«Verso la transizione ecologica ma a scuola non se ne parla»

E, infine, l’educazione: «È una condizione imprescindibile. La popolazione deve capire che qualsiasi nostro gesto stupido ha delle ripercussioni. La spazzatura gettata per strada va a finire nei mari. La maggior parte di quella spezzatura però è fatta di plastica che finiscono negli organismi, questi pesci che poi saranno pescati e che poi mangiamo». «Il tema grande è la scuola, andiamo verso la transizione ecologica ma non c’è nessun insegnamento. I bambini dovrebbero saperlo da subito ma nessuno invece gliene parla. Rimetterei subito nelle scuole l’educazione civica alla quale affiancherei quella ambientale. È una cosa banale, lo dicono tutti, ma nessuno poi lo fa». (redazione@corrierecal.it)

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