COSENZA Anche nel 2021, il Covid-19 ha rappresentato un incubo per gli imprenditori: 8 operatori economici su 10 hanno dichiarato un crollo dei loro volumi di affari. A ciò si aggiungono le gravi ripercussioni generate dall’emergenza pandemica tra cui il mancato rispetto delle scadenze fiscali, il pagamento di fornitori e utenze, la difficoltà di incassare crediti per andare avanti e i ritardi accumulati nel pagamento del personale. In questo scenario di maggiore vulnerabilità del tessuto economico, caratterizzato da una preoccupante crisi di liquidità, la business community locale è fortemente preoccupata dall’ingresso nel capitale sociale di ingenti quantità di denaro dei sodalizi criminali che necessitano di un reinvestimento legale ad alto valore aggiunto. Sono oltre 50 mila gli imprenditori, pari al 32,4% del campione interpellato, a percepire un incremento della presenza della criminalità organizzata nel sistema economico.
Ma la possibile resilienza sembra più condizionata da una linea “attendista”: solo 2 su 10 hanno dichiarato di adottare una strategia di rilancio mentre la stragrande maggioranza, (pari al 71,3%), aspetta quasi timoroso, traumatizzato dalla crisi pandemica, in attesa di un ritorno alla normalità.
E, intanto, dopo il brusco calo dell’anno 2020 determinatosi a seguito della grave crisi pandemica che aveva fatto scendere le aspettative ai minimi storici, nel 2021 si rileva un forte “rimbalzo” e miglioramento dell’indice di fiducia, segno evidente di una reazione molto positiva di contrasto alla crisi da parte degli imprenditori, che lascia ben sperare per una futura ripresa. Dopo il crollo verticale dell’anno precedente in cui era sceso (-37,7 punti) ad un punto minimo (53,1) della serie storica, recupera ben 35,3 punti attestandosi all’88,4 ai livelli del 2019. È quanto emerge dal 17esimo rapporto sull’economia in provincia di Cosenza, realizzato dall’Istituto Demoskopika per conto della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati.
«La pandemia da Covid-19 – dichiara il presidente della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati, Nicola Paldino – ha colpito molto duramente il tessuto produttivo locale, già strutturalmente debole e in fase di stagnazione, provocando forti cali nei fatturati delle imprese, difficoltà finanziarie, un sostanziale blocco degli investimenti e una riduzione dei livelli occupazionali. L’avvento del Covid-19 ha certamente fatto emergere la fragilità dei sistemi economici globali e locali. Imprese e istituzioni, impreparate ad affrontare un evento di questa portata, hanno dovuto interrogarsi, oltre che sulla natura della crisi, anche sulle possibili strategie da adottare per affrontarla. La resilienza degli imprenditori – precisa Nicola Paldino – sembra essere basata più sull’attesa che termini lo shock scaturito dalla crisi pandemica, piuttosto che ‘adattiva’ e dinamica, ossia di trasformazione per sperimentare nuovi percorsi di sviluppo. Nel prossimo futuro sarà ancora indispensabile aiutare le imprese a ripartire, assicurando in primo luogo la necessaria liquidità in tempi rapidi, per dare ossigeno alla ripresa ed evitare crisi aziendali. Infine, sarà fondamentale continuare ad investire nell’innovazione tecnologica digitale, sia da parte delle imprese che da parte delle istituzioni pubbliche. Su quest’ultimo aspetto – conclude il Presidente della Banca di Credito Cooperativo Mediocrati, Nicola Paldino – occorre evidenziare che sarà decisivo per la ripresa e per colmare il gap infrastrutturale, il pieno utilizzo delle risorse nazionali ed europee provenienti dai programmi pubblici tra cui in particolare il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR)».
«L’indagine – commenta il presidente di Demoskopika, Raffaele Rio – restituisce una visione bicefala degli operatori economici. Da un lato, un clima di fiducia in netta risalita, determinato, con molta probabilità, dalla fase della vaccinazione e, dall’altro, da tendenziali segnali di ripresa economica. L’altra faccia della stessa medaglia, è condizionata dalla forte preoccupazione, da parte della business community locale, di un rafforzamento della criminalità organizzata. Oltre 50 mila imprenditori calabresi – precisa Raffaele Rio – percepiscono un incremento dell’infiltrazione criminale nel tessuto produttivo regionale. In questa direzione – continua Raffaele Rio – la ‘ndrangheta prova a piegare gli imprenditori con allettanti strumenti di welfare criminale capaci di garantire la sopravvivenza aziendale, la copertura dei lievitati livelli di indebitamento, una maggiore solidità finanziaria con il loro ingresso nelle compagini societarie fino all’acquisizione totale della realtà imprenditoriale. Non è più tempo di interventi dettati da euforia istituzionale, spesso autoreferenziale, o da immissione improvvisata di una cascata di risorse annunciate sul sistema economico. Necessita – conclude il presidente di Demoskopika – una pianificazione più consapevole, un pacchetto di interventi che puntino prioritariamente alla ripresa economica più che a tamponare esclusivamente le perdite momentanee».
Ripercussioni pandemiche: fatturato a picco per 8 imprenditori su 10. Per la gran parte degli imprenditori intervistati, il 78,7%, il Covid-19 ha generato un calo dei fatturati aziendali, mentre una quota molto più contenuta del campione, il 20,8%, non ha subito riduzioni del proprio volume di affari. Analizzando i risultati in base ai settori si può notare come il calo più consistente, superiore al 50% del fatturato complessivo, viene fatto registrare dal settore commerciale (28,7%) e dei servizi (25%) seguiti dal comparto agricolo (20%); meno negativa la situazione per le costruzioni e l’industria per i quali la quota si abbassa rispettivamente all’8,7% e al 10,3%. Sofferenza economica: scadenze fiscali, pagamenti fornitori, mancati incassi in cima. Ben 7 imprenditori su 10, pari al 69,8%, denunciano di avere avuto difficoltà finanziarie a seguito della crisi Covid mentre solo una quota molto più contenuta (30,2%) non ha avuto ripercussioni negative sui conti aziendali.
Per poco più della metà (52,5%), inoltre il problema principale ha riguardato il rispetto delle scadenze fiscali che, tuttavia, si ricorda è stato mitigato da alcune misure fiscali adottate dal Governo italiano (ad esempio “Cura Italia”, “Liquidità”, “Rilancio”) basate su sospensioni, proroghe e rinvii, cancellazione delle imposte, incentivi e ristori a fondo perduto, sostegno alla patrimonializzazione, misure settoriali, ecc. Altre problematiche di natura finanziaria o di liquidità che hanno interessato gli imprenditori riguardano situazioni di morosità come il “pagamento di fornitori e utenze” (29,2%) o la “difficoltà a incassare i crediti” (20,8%), mentre una quota più contenuta minima (14,4%) ha dichiarato di avere avuto “difficoltà a pagare il personale”.
Sostegno alle imprese: prevale il “voto sufficiente” del sistema economico locale. In risposta al crollo economico, e per attenuare i rischi di illiquidità legati alla crisi, Governo e Regione Calabria hanno attivato alcune misure di sostegno per il sistema imprenditoriale. Ma qual è stata la risposta nella percezione della business community locale? Le imprese coinvolte nel campione che hanno richiesto prestiti assistiti da garanzia pubblica, messe in campo prioritariamente dal Governo centrale, sono risultate essere circa 2 su 10 (19,8%) di cui il 62,5%, ha ottenuto l’ammontare richiesto, il 15% ha ricevuto un ammontare inferiore, una stessa percentuale non li ha invece ottenuti, mentre per il 7,5% nel momento in cui è stata fatta l’intervista non era noto ancora l’esito della richiesta. Anche la Regione Calabria a partire da giugno 2020 ha attivato una serie di risorse per offrire un sostegno alle imprese colpite dalla crisi che ha fatto seguito all’avvento del Covid-19: ben 6 imprenditori su 10 (63,4%) non hanno ritenuto opportuno usufruire di agevolazioni e incentivi messi in campo dalla Regione. Per poco più di un intervistato su 10 (17,6%), invece, la domanda è andata a buon fine, mentre il resto si divide fra chi ha fatto domanda e non ha avuto approvazione (7,9%), ha fatto domanda e non ha avuto risposta (7,2%), ha fatto domanda che gli è stata approvata, ma ancora non ha ricevuto gli incentivi richiesti (4%).
È stato chiesto, infine, agli imprenditori se ritengono che le misure messe in campo siano sufficienti a superare la crisi generata dal coronavirus. Poco meno di 4 intervistati su 10 (38,9%) dichiarano che la propria impresa non ne aveva bisogno né prima, né nel momento in cui è stata svolta l’intervista, meno di 1 su 10 (8,9%) pensa, invece, che siano del tutto sufficienti, mentre è più numeroso il fronte degli insoddisfatti che si dividono fra chi li ritiene appena sufficienti (27,2%) o del tutto insufficienti (25%).
Allarme criminale: per business community aumenta infiltrazione della ‘ndrangheta. Ben 3 imprenditori locali su 10 (32,4%), con in testa il settore dei servizi, dell’industria e dell’artigianato, hanno percepito un aumento dei livelli di criminalità a seguito dell’avvento del Covid. Per circa 6 intervistati su 10 (59,2%), al contrario, il fenomeno si mantiene su livelli stabili, mentre solo il 2,7% afferma che sono diminuiti. Ma quali sono i reati che secondo gli imprenditori locali sono aumentati a seguito alla crisi economica causata dalla pandemia? Tenendo conto della somma dei punteggi “abbastanza/molto”, si può notare come gran parte dei reati menzionati nell’indagine siano percepiti come un possibile rischio per le proprie imprese dalla maggior parte degli imprenditori. In particolare le truffe sono temute da 8 intervistati su 10 (80,2%), l’usura da più di 7 intervistati su 10 (75%), così come le contraffazioni (70,5%), mentre per 6 imprenditori su 10 sono aumentate le estorsioni (63,6%), i crimini e le frodi informatiche (62,9%) e il riciclaggio di denaro sporco (62,1%).
Conseguenze pandemiche: è crisi istituzionale, nonostante tutto. L’avvento del Covid-19 ha marcato una linea di confine abbastanza netta fra un “prima”, che con molta probabilità non ci sarà più, e un “dopo”, con riferimento a ciò che saremo in grado di costruire dalle macerie lasciate da questo avvenimento. All’interno di questo scenario le istituzioni, soprattutto quelle politiche, hanno avuto un ruolo fondamentale perché hanno dovuto, al contempo, limitare la diffusione del virus e salvaguardare l’economia creando i presupposti per fare ripartire il Paese. Al pari delle istituzioni politiche anche altre istituzioni hanno avuto, e continuano ad avere, un ruolo determinante durante la pandemia.
L’aspetto significativo che emerge è dato dalla crisi delle istituzioni politiche confermato dalla maggiore fiducia accordata alle altre istituzioni rispetto alle istituzioni di governo appena analizzate. Rispetto al 2014 (14,8%), nell’anno in corso (22,1%) l’indice medio di fiducia delle istituzioni politiche è salito di qualche punto percentuale (+7,3%), ma resta comunque molto più basso rispetto a quello per le altre istituzioni (44,1%) così come accadeva anche nel 2014 (41,9%). Entrando più nel dettaglio dei risultati, gli imprenditori locali hanno dimostrato di avere, in primis, maggiore fiducia nei confronti degli organi statali centrali e sovranazionali, i quali risultano anche tutti in aumento rispetto ai dati del 2014. A differenza delle istituzioni centrali e sovranazionali, dunque, quelle locali hanno ottenuto invece meno consensi da parte degli imprenditori locali. Il Comune (8,4%), la Provincia (5,2%) e la Regione (5,2%) oltre ad essere al di sotto del valore medio, sono anche al di sotto dei valori registrati nel 2014 (- 8,8% per il Comune, – 6,1 la Provincia e -1,8% la Regione). A chiudere la graduatoria, i partiti politici che ottengono la fiducia di appena il 3,5% degli imprenditori intervistati (erano il 5,1% nel 2014), a conferma della disaffezione nei confronti delle tradizionali strutture di aggregazione del consenso politico, che è ormai diventata un tratto strutturale della società italiana (e non solo).
Resilienza: si predilige l’utilizzo della cassa integrazione. Passando ad analizzare azioni e strategie attivate, il 57,4% ha dichiarato di avere adottato una o più misure utili a fronteggiare il momento di crisi, a fronte del 42,6% che non ha adottato alcuna misura. Fra chi ha dichiarato di avere adottato una o più misure di gestione del personale, la quasi totalità, ossia il 92,8%, ha utilizzato la “Cassa Integrazione Guadagni (CIG) o strumenti analoghi (Fondo Integrazione Salariale, Fondo Solidarietà Bilaterale Artigianato, ecc.)”. Di molto inferiore la percentuale di imprenditori che hanno utilizzato altre misure quali, ad esempio, il “rinvio delle assunzioni previste” (9,3%), la riduzione delle ore di lavoro o dei turni del personale (7,2%).
Reazioni all’emergenza: prevale la linea “attendista”. Certo è che la resilienza degli imprenditori coinvolti nell’indagine sembra essere basata più sull’attesa che termini lo shock scaturito dalla crisi pandemica, piuttosto che ‘adattiva’, dinamica, ossia di trasformazione, che, permetterebbe di sperimentare nuovi sentieri di crescita. Questa ipotesi è supportata dal fatto che alla domanda “Qual è la strategia che lei sta adottando o intende adottare per il prossimo futuro per iniziare ad uscire dalla crisi Covid?” solo 2 su 10 (23,8%) ha dichiarato di adottare una strategia di rilancio, mentre il maggior numero, ossia 7 su 10 (71,3%) ha adottato una strategia attendista, di mantenimento dello status quo in attesa di un ritorno alla normalità. Solo il 5%, invece, ha adottato una strategia difensiva, con una riduzione delle dimensioni dell’impresa e con l’abbandono di alcune attività.
In particolare, per affrontare con maggiore efficacia l’emergenza Covid-19, solo il 16,9% degli intervistati ha dichiarato di avere adottato strategie di contrasto alla crisi pandemica e, di questi, la stragrande maggioranza (70,6%) ha optato per la “salvaguardia della salute dei dipendenti” predisponendo meccanismi che hanno consentito di proseguire le attività con modalità di lavoro agile, istituendo un sistema di monitoraggio della salute del personale, sanificando gli ambienti di lavoro e rafforzando l’educazione alla sicurezza sia stabilendo le linee guida per l’autoprotezione dei dipendenti sia aumentando la consapevolezza sulla prevenzione dei rischi.
Fine dell’emergenza: prevale l’ottimismo nella business community. È stato chiesto, agli imprenditori quanto vedono vicina o lontana la soluzione o la fine della crisi del Covid-19. Più di 8 intervistati su 10 (85,9%) risultano essere “ottimisti”, di questi la maggior parte, il 63,1%, è convinta che la fine della crisi del Covid19 sia “abbastanza vicina” e possa realizzarsi entro uno o due anni, mentre per il 22,8% addirittura entro la fine del 2021. Sono pochi invece i “pessimisti”, in totale il 12,1%, di questi il 9,7% pensa che la fine della crisi sia abbastanza lontana, mentre per il 2,5% è molto lontana e ci vorranno almeno 5-10 anni.
Clima di fiducia: prevale ottimismo, indice generale risale ai livelli del 2019. Come di consueto l’indagine congiunturale ha l’obiettivo di comprendere l’evoluzione della fiducia degli imprenditori locali e di interpretarla sulla base dei diversi elementi che la influenzano, in primis, i fattori di scenario. Passando all’analisi complessiva dei fattori che definiscono l’indice di fiducia generale, quest’anno sono chiaramente evidenti i segnali di un miglioramento del clima di fiducia e delle aspettative di una ripresa dell’economia dopo il periodo di grave crisi, non ancora concluso, innescato dalla pandemia del Covid-19 che ne aveva determinato una forte flessione.
In particolare, nel 2021 l’indice di fiducia generale migliora sensibilmente registrando un forte “rimbalzo”. Dopo il crollo verticale dell’anno precedente in cui era sceso (-37,7 punti) ad un punto minimo (53,1) della serie storica, recupera ben 35,3 punti attestandosi all’88,4 ai livelli del 2019.
Entrando nel dettaglio dei singoli indicatori, tutti evidenziano degli incrementi rilevanti: fatturato (+36,9 punti), liquidità (+40,3 punti), investimenti (+47,2 punti), occupazione (+35,8 punti), disponibilità di credito (+21,8 punti). Si nota, infine, in recupero più che significativo anche il fattore macroeconomico relativo alle aspettative dell’andamento economico regionale: l’indice, nonostante permangano livelli di criticità, passa dal 26,9 del 2020 al 57,4 del 2021.
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