GIOIA TAURO Dopo la lettera inviata al giornale Domani, l’imprenditore e testimone di giustizia Antonino De Masi in collegamento con gli studi di La7 al programma Otto e mezzo, condotto da Lilly Gruber, rilancia l’appello al Premier Draghi e al presidente Mattarella – invitati a venire in Calabria – affinché politica ed istituzioni tornino seriamente a parlare di lotta alle mafie. «Chiedo attenzione su un fenomeno, su un aspetto che credo sia andato in secondo piano», dice De Masi. «Di lotta alla mafia si comincia a non parlare». La sua storia è nota in Calabria, nella Piana di Gioia Tauro. L’imprenditore vive sotto scorta dopo aver denunciato e fatto condannare alcuni dei componenti di una delle principali cosche di quel territorio, i Crea di Rizziconi. Da allora, come ulteriore misura di tutela, la sua azienda è presidiata dall’esercito.
«Ad ottobre – racconta De Masi – vengo informato che c’è un progetto omicidiario per far saltare le auto blindate di alcuni testimoni di giustizia che hanno fatto condannare alcuni componenti di una cosca criminale, la stessa che io ho fatto condannare a 43 anni». Appunto i “Crea”, che nelle conversazioni decifrate dagli inquirenti affermano di voler acquistare bazooka ed altre armi d’assalto per adempiere a questo obiettivo. «Oltre a me potrebbero esserci anche altre persone nel mirino, colleghi testimoni di giustizia, cittadini che hanno fatto il proprio dovere».
Si chiede allora De Masi se sia normale, nel 2021 «che qualcuno pianifichi una strategia per far saltare le auto blindate con armi d’assalto. Io devo ringraziare lo Stato, il procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, il prefetto, carabinieri e guardia di finanza che sono riusciti a intercettare messaggi criptati scoprendo questo progetto». Ma fa male il silenzio proveniente da Roma intorno ad un problema che «non riguarda solo la Calabria».
«Non accetto – conclude il testimone di giustizia – che le istituzioni arrivino in Calabria solo per celebrare le commemorazioni di qualcuno. Non sono abituato a porgere l’altra guancia, non chiedo pietà ma pongo un problema di fronte a queste aggressioni. Forse è il caso che qualcuno si occupi di lotta alla ‘ndrangheta senza lasciare da soli prefetti e procuratori che stanno combattendo contro una delle organizzazioni criminali più potenti al mondo».
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