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Il pasticcio sulla diga del Menta, per le casse della Regione un buco da oltre 48 milioni

Il definanziamento governativo dell’opera inguaia l’amministrazione. Per la Corte dei Conti il credito della Cittadella «è insussistente»

Pubblicato il: 10/12/2021 – 15:27
Il pasticcio sulla diga del Menta, per le casse della Regione un buco da oltre 48 milioni

CATANZARO Un “buco” da oltre 48 milioni nelle casse della Regione Calabria. Il credito – di fatto insussistente – della Regione nei confronti dello Stato per i lavori della diga del Menta è il “nodo” principale emerso dalla parifica del bilancio 2020 della Regione Calabria da parte della Corte dei Conti: alla base, un evidente “pasticcio” nel quale tuttavia le responsabilità dello Stato appaiono francamente superiori a quelle dell’amministrazione regionale. Così la Corte dei Conti ricostruisce la vicenda, spiegando che «per quanto attiene alla “diga del Menta”, a fine 2020 nel bilancio regionale è presente un credito di 48.587.381,05 euro finanziato con fondi Fas (Fondi aree sottoutilizzate) attribuiti con delibere del Cipe per realizzare opere a valle della centrale idroelettrica. Questo credito non è stato mai movimentato».
La magistratura contabile rileva che «fin dalla sua nascita nel 2007 (l’assegnazione delle risorse alla Regione è avvenuta con delibera Cip 7/2007) la Regione non ha mai incassato alcuna somma dallo Stato; dal lato della spesa, invece, la Regione ha trasferito alla Sorical (società incaricata di eseguire i lavori), negli anni 2008-2016, 53.891.673,24 euro. Questa movimentazione contabile, per così dire non sincrona, ha indotto la sezione a chiedere all’amministrazione regionale di fornire prove della sussistenza del proprio credito. La Regione comunicava che a seguito dell’ulteriore sollecito di erogazione di tali risorse il Dipartimento Politiche di Coesione della Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva inaspettatamente comunicato che l’intervento non trovava più copertura finanziaria a valere sulle risorse del Fondo Sviluppo Coesione 2000-2006 stanziate con la delibera del Cipe del 16 marzo 2007».
Nella relazione al rendiconto 2020 – ricorda poi la Corte dei Conti – «la Regione rappresentava di avere» accantonato oltre 24 milioni 837mila euro (oltre il 50% dell’importo in questione) nel Fondo rischi per passività potenziali. Il punto dolente è che il Fondo (Fsc) che avrebbe dovuto finanziarlo è stato oggetto di drastico ridimensionamento e che con la delibera Cipe 6 del 20 gennaio 2012 l’opera è stata definanziata, non risultando tra quelle per le quali è stata mantenuta la copertura. Il residuo non avrebbe dovuto essere mantenuto in bilancio, già almeno dal 2013».
Ne consegue – prosegue la Corte dei Conti – che «il residuo di 48.587.381,05 euro è da ritenere insussistente e non può essere mantenuto in bilancio, neanche utilizzando i futuri fondi Fsc, come prospettato dalla Regione», essendo «venuta meno la copertura finanziaria che giustificava il mantenimento del residuo attivo (credito) in questione. Anche l’accantonamento eseguito (alla voce altri accantonamenti del risultato di amministrazione) in questo contesto – spiega la magistratura contabile – è stato del tutto inutile». Sul punto in sede di controdeduzioni la Regione Calabria – conferma anche la Corte dei Conti – ha riferito di aver dato mandato all’Avvocatura regionale «di avviare tutte le azioni giudiziarie necessarie a garantire la tutela del credito». (a. c.)

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