LAMEZIA TERME «Tutti i lidi, gli stabilimenti balneari e le strutture turistico alberghiere sulla costa, da Francavilla a Vibo Valentia, nessuno escluso, pagavano il pizzo alla famiglia Anello». È uno degli aspetti più rilevanti resi noti dal collaboratore di giustizia, Giovanni Angotti, di Filadelfia, sentito oggi in collegamento dal sito protetto, nel corso del processo “Imponimento”, nato dall’inchiesta della Dda di Catanzaro guidata dal procuratore Nicola Gratteri, in corso nell’aula bunker di Lamezia Terme dove si sta celebrando da alcuni mesi il maxi processo alla ‘ndrangheta calabrese “Rinascita-Scott”. Il riferimento è alla cosca Anello guidata dal presunto boss, Rocco, per il quale i pm – in abbreviato – hanno già invocato la condanna a 20 anni, operante secondo l’accusa nel territorio di Filadelfia, comprendendo anche i territori della Piana di Lamezia e del Vibonese.
Acquisiti agli atti i verbali resi da Angotti in quattro diversi momenti (il 30 marzo e il 20 luglio 2010, il 3 gennaio 2011 e il 28 settembre 2018), il pm Antonio De Bernardo ha chiesto e ottenuto, nel corso dell’udienza di questa mattina, di poter fare qualche domanda per chiarire alcuni aspetti. A cominciare proprio dalle presunte estorsioni perpetrate dagli appartenenti al clan Anello di Filadelfia nei confronti dei gestori turistici sulla costa tirrenica vibonese. «Tra cui – chiede il pm De Bernardo – anche il ristorante “Nausica”?». «Si, certo. Non ricordo precisamente quando è iniziata l’attività estorsiva – spiega Angotti – ma è andata avanti per parecchi anni. Ho iniziato a collaborare nel 2010 e le estorsioni erano già in atto da almeno 4 o 5 anni». Così come il “Porto Ada Village”. «Ricordo – risponde Angotti sollecitato dal pm De Bernardo – che anche in questo caso l’estorsione è durata per parecchi anni, anche quando sono stato arrestato nel 2008». Estorsioni il cui pagamento – spiega poi Angotti – avveniva solo attraverso il denaro. «Chiedevamo solo soldi, denaro, nient’altro». E poi c’è un altro episodio che Angotti cita nelle dichiarazioni finite agli atti del processo “Imponimento” ovvero la presunta estorsione ai danni dell’oleificio Cristiano. «Ricordo – spiega Angotti a De Bernardo – che è iniziata già tra ottobre e gennaio 2007/2008». Anche in questo caso l’attività estorsiva sarebbe durata «per molti anni ma non ricordo quanti. Quando sono stato arrestato, nel 2008, era ancora sotto estorsione». «Lei – chiede poi il pm al collaboratore di giustizia – ha parlato anche dell’estorsione al lido “La Riviera” di Curinga, ricorda quando?». «Più o meno è iniziata dal 2002 – risponde Angotti – e i soldi venivano dati da maggio a settembre. È andato avanti tutto così per parecchi anni, ma non ricordo per quanti. È stato comunque un periodo lungo. Quando sono stato arrestato era ancora sotto estorsione della cosca Anello».
Le domande del pm De Bernardo, poi, si concentrano su un altro aspetto ovvero i presunti rapporti tra il commercialista Domenico Fraone e la cosca Anello. L’accusa della Dda nei confronti di Fraone è di concorso esterno in associazione mafiosa e, nel processo con rito abbreviato, è stata chiesta nei suoi confronti la condanna a 12 anni. «Gli Anello – spiega Angotti in collegamento – gli chiedevano favori, era sotto il completo controllo della cosca. Poi aveva fatto un accordo con Tommaso Anello per raccogliere i voti in vista delle elezioni alla Provincia di Vibo. Era una cosa che si sapeva, la sapevo io direttamente da Tommaso Anello ma la sapevano tutti. Mi hanno chiesto direttamente di cercare e raccogliere voti per Fraone in due occasioni, sia quando era candidato con Forza Italia, sia quando era insieme a De Nisi».
Al termine dell’udienza è stata disposta la nomina di due nuovi periti, Daniela Curcio e Rosina Curcio, da Rende e Cosenza, a cui il 17 sarà affidato l’incarico mentre saranno esaminati altri due collaboratori di giustizia, Gennaro Pulice e Giuseppe Giampà. (redazione@corrierecal.it)
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