CATANZARO «Finché non ci sarà un effettivo governo delle aziende sanitarie il problema della sanità calabrese non potrà risolversi, e ciò nonostante la Regione abbia da tempo trasferito copiose risorse al sistema sanitario». È estremamente negativo il giudizio della Corte dei Conti sulla gestione della sanità calabrese: le criticità del settore sono state evidenziate oggi nelle relazioni rese dalla magistratura contabile in occasione del giudizio di parifica del Rendiconto 2020 della Regione Calabria. Tra le più gravi criticità segnalate la conferma, da parte della Corte dei Conti, della inattendibilità del deficit sanitario e della sua probabile sottostima: «In primis – ha spiegato la Corte dei Conti – ciò è legato alla situazione dell’Asp di Reggio Calabria, dove dal 2013 esiste una contabilità non fondata su documenti amministrativi, che rende impossibile ricostruire il quadro debitorio dell’azienda, una situazione debitoria potenzialmente dirompente, con passività che potrebbero toccare i 500 milioni».
Secondo quanto evidenziato dal procuratore regionale della Corte dei Conti calabrese, Maria Aronica, «dall’esame dei risultati d’esercizio, relativi all’esercizio 2020, tutte le aziende del Ssr calabrese hanno chiuso in perdita, per un totale di -267 milioni 167mila euro. Le Aziende del Ssr calabrese, nel periodo 2014-2019, non hanno rispettato la direttiva europea sui tempi di pagamento; nel 2020 gli indicatori risultano ancora elevati, seppure, nella maggior parte dei casi, in leggera diminuzione, con una media, per il 2020, di 159 giorni. La situazione debitoria delle Aziende sanitarie e ospedaliere ammonta complessivamente ad oltre 1 miliardo 174 milioni di euro. Il ritardo con cui – aggiunge la relazione della Procura contabile – le aziende sanitarie e ospedaliere del Ssr calabrese effettuano i propri pagamenti determina ingenti interessi moratori che incidono negativamente sui risultati finanziari. Sebbene gli interessi passivi siano diminuiti complessivamente dal 2019 (pari a 33,46 milioni di euro) al 2020, registrando un miglioramento rispetto all’anno precedente del 34,36%, sono ancora molto elevati e ammontano complessivamente ad oltre 21,96 milioni di euro». Con riferimento al contenzioso – si legge ancora – «le Aziende che hanno dimostrato di avere un’esposizione debitoria potenziale molto critica sono l’Asp di Catanzaro, l’Aou Mater Domini di Catanzaro, l’Asp di Reggio Calabria, l’Asp di Vibo Valentia. Il totale del contenzioso ammonta ad oltre 481,21 milioni di euro e il totale degli accantonamenti ammonta ad oltre 51,89 milioni di euro. In definitiva sui costi del servizio sanitario calabrese continua a incidere fortemente il contenzioso con i correlati oneri aggiuntivi».
La Procura regionale rimarca che «che svariate criticità – evidenziate anche nella riunione dei Tavoli tecnici dello scorso anno – sostanzialmente permangono: carenze di effettivo supporto alla struttura commissariale; carenze assunzionali; carenze nella gestione degli accreditamenti; pesante situazione debitoria delle Aziende sanitarie, forti ritardi nei pagamenti e pignoramenti; gravi ritardi nell’approvazione del bilanci (per alcune Asp per svariati esercizi); insufficienza dei flussi informativi. Tutti questi fattori contribuiscono a determinare l’enorme difficoltà a realizzare efficacemente il piano di rientro dal disavanzo che, infatti, da orami oltre un decennio è rimasto pressoché immutato». In particolare – sostiene ancora la Corte dei Conti – «con riguardo al disavanzo totale 2020 rideterminato, da oltre 86 milioni di euro al IV trimestre 2020 in oltre 91 milioni di euro – tenuto conto delle coperture del bilancio 2021 destinate al 2020 di oltre 107 milioni di euro e del disavanzo non coperto cumulato per gli anni 2018 e 2019 di oltre 111 milioni di euro – si deve porre in evidenza che, seppure in lieve miglioramento rispetto all’anno scorso, non è certo un dato ottimistico perché, comunque, il deficit sanitario in oltre dieci anni si è ridotto di circa soli 13 milioni di euro (da oltre 104 ad oltre 91 milioni)». Male poi anche i Lea, i livelli essenziali di assistenza: «Il punteggio per il 2019 – rileva la Corte dei Conti – è di 125. Di molto al di sotto della soglia (almeno tra 140 e 160) e molto meno del 2018 (162)».
Sotto la lente della magistratura contabile anche il tema degli accreditamenti. «Questa Procura – scrive la Aronica – deve ricordare, in generale, che è accaduto nel tempo che gli enti privati abbiano richiesto il pagamento di prestazioni extra budget e/o addirittura pagamenti di prestazioni già saldate, sovente attraverso il ricorso alla cessione di credito a soggetti terzi non solo quando l’amministrazione ha trascurato di contestare il credito ma anche quando lo ha contestato. Ne sono scaturiti contenziosi di elevato importo che hanno determinato la condanna dell’amministrazione in altre sedi giudiziarie, circostanza da cui è derivata, ricorrendone i presupposti, anche l’azione di responsabilità contabile per danno erariale nei confronti, innanzi tutto, della struttura accreditata; inoltre dei funzionari e/o dirigenti quando non hanno eccepito l’insussistenza del credito verso l’amministrazione e/o non si sono opposti al pagamento. Trattandosi di importi non dovuti di rilevante entità – per milioni di euro – sono evidenti le ripercussioni negative che hanno avuto e possono ancora avere sul disavanzo sanitario. Di conseguenza – conclude il procuratore regionale della Corte dei Conti – si raccomanda la massima attenzione nella materia attraverso un costante monitoraggio da parte della Regione e delle aziende nella gestione degli accreditamenti sia nella fase genetica sia in quella esecutiva, monitorandoli attraverso un valido sistema informativo digitale, per scongiurare la piaga dei pagamenti non dovuti che risiedono, soprattutto, nella mancanza di circolarità delle informazioni tra i vari settori interessati».
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