ROMA Le telecamere di Report tornano ad occuparsi della cosiddetta “truffa dei diamanti”, inchiesta del 2016 che portò a scoperchiare una truffa ai danni di risparmiatori perpetrata da due società che avrebbero trafficato diamanti per venderli ai clienti di alcune delle maggiori banche italiane – con la presunta complicità degli istituti – al doppio del loro valore. Su queste operazioni avrebbe dovuto vigilare Banca d’Italia, che dopo le precedenti inchieste e un’indagine dell’Antitrust aveva avviato un’indagine interna. Gli accertamenti, nello specifico, erano stata eseguiti in prima battuta dal funzionario Carlo Bertini che arriva a scoprire un giro d’affari e interessi molto più intrecciato di quanto sembrasse. «Per la prima volta nella storia della televisione italiana parla un “whistleblower”», dice il conduttore Sigfrido Ranucci nel presentare la testimonianza del funzionario (oggi sospeso) di Banca d’Italia.
L’inchiesta torna sulle presunte «complicità di politici e massoni» che avrebbero fatto sponda sulla mafia per oliare il sistema.
«Mi sono reso conto di essermi scontrato con dei poteri forti», dice l’ispettore dell’Istituto. Qui Report collega le vicende all’avvocato Giancarlo Pittelli ed ex parlamentare Fi, imputato nel processo “Rinascita-Scott” e indagato nell’indagine “Mala Pigna” per presunti rapporti con le famiglie Mancuso di Limbadi e Piromalli di Gioia Tauro. Pittelli, nello specifico, sarebbe in stretti rapporti col «re dei diamanti», l’imprenditore Maurizio Sacchi, titolare della società “Diamond Private Investment” (Dpi). Sacchi avrebbe trasferito 300mila euro sul conto di tale Nicolò Maria Pesce, amministratore unico della “Kamet Adivisory”, ma la somma sarebbe transitata in seguito sul conto dello stesso legale. Quando avvengono i fatti, Pittelli non sa di essere intercettato nell’ambito dell’inchiesta della Dda di Catanzaro e, parlando con Sacchi, gli spiega come far fruttare l’investimento. «Io ho una società – si sente in un’intercettazione – che trasferisce un terreno a una “Newco” dove il 50% lo tieni tu e l’altro 50% lo intesti o a me o a mia figlia. Andiamo d’urgenza a prenderci l’altro terreno e lo intestiamo direttamente alla società».
Sul terreno, Pittelli suggerisce di costruire due lotti di appartamenti con i 300mila euro. «Si vendono e si va avanti» fino a guadagnare 30 milioni di euro. Così sarà, e la nuova società avrà sede proprio a Catanzaro. Sacchi trasferirà alla società somme per circa un milione di euro.
La storia è legata in qualche modo al progetto dell’avvocato di costruire un complesso turistico a Copanello. Lì ci sarebbero dei terreni gravati da un’ipoteca legata ad un credito transitato alla società “Fbs”. Per ridurre il vincolo da 750 a 250mila euro, Pittelli si rivolge al massone Leo Taroni. Superato lo scoglio della garanzia reale, l’avvocato si sarebbe rivolto al banchiere e membro dell’alta finanza Fabrizio Palenzona, dal 2018 a capo di “Prelios” società di intermediazione immobiliare che mette a disposizione di Pittelli un suo uomo di fiducia. Quest’ultimo prospetta un problema della società con un villaggio turistico in Calabria: il villaggio “Valtur” di Nicotera marina, territorio legato al nome della “famiglia” Mancuso. Pittelli si incarica di risolvere il problema e convoca il boss Luigi Mancuso.
Subito dopo lo scoppio dell’inchiesta della Dda, l’odierno whistleblower, scopre i presunti legami che ruotano intorno a Pittelli, legato alla vicenda dei diamanti e lo segnala all’avvocato Alessandra Perrazzelli, vicedirettrice Banca d’Italia.
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