COSENZA Il traffico di rifiuti rappresenta uno dei più importanti business economici delle associazioni criminali. E’ quanto emerge dall’inchiesta coordinata dalla Dda di Roma e partita dalla denuncia di una società del gruppo Acea e sfociata, alla luce delle indagini portate avanti dallo Sco, dalla squadra mobile di Latina e dalla polizia stradale del Lazio, in 8 arresti e sequestri per circa 3 milioni di euro. Nel mirino degli investigatori, un sodalizio criminale calabrese «diretto ed organizzato da Giuseppe Borrelli e da alcuni familiari e sodali» nella provincia di Roma. Il 52enne cosentino, trasferitosi ad Ariccia, è considerato imprenditore di riferimento della cosca Forastefano. Secondo le indagini, Borrelli «attraverso l’acquisizione e la creazione di alcune aziende nel comprensorio romano, molte delle quali intestate a prestanome, ha avviato una fiorente attività nel settore della gestione dei rifiuti, con modalità illegali».
Borrelli lascia la Calabria e si trasferisce nel Lazio, dove acquista un’azienda locale in difficoltà economiche, già aggiudicataria di appalti pubblici per servizio di video ispezione, spurgo fognature, e la vori di manutenzione degli impianti fognari eseguiti negli immobili dell’Ater di Roma (l’azienda territoriale per l’edilizia residenziale pubblica della provincia). Le imprese di Borrelli, avrebbero «in modo scellerato» sversato tonnellate di rifiuti liquidi all’interno di pozzi preposti alla raccolta delle acque nere «lucrando sul risparmio ottenuto rispetto allo smaltimento regolare presso centri autorizzati». Gli investigatori, nel corso dell’indagine, sono riusciti a ricostruire il modus operandi attuato dall’indagato. Sarebbero state allestite due aree: una ad Ariccia in un capannone in uso alla società Moter Srl e l’altra a Pomezia in un capannone della Ecoter Srl (società che ha acquistato i rami di azienda della gestione di rifiuti della Moter insieme agli appalti in essere), dove sarebbero stati interrati nelle aree antistanti «anche i fanghi rimanenti, senza alcuna opera di trattamento». Il profitto – secondo gli investigatori – si realizza nella «differenza tra lo smaltimento nelle discariche autorizzate e quello avvenuto nei pozzi fognari aziendali praticato a costo zero». L’attività illecita di sversamento era quotidiana. «Quasi giornalmente, al rientro in sede, i mezzi aziendali sversano all’interno dei pozzetti presenti innumerevoli quantitativi di rifiuti liquidi». Che producono percolato e gas e inquinano i terreni, le acque e l’ambiente circostante. Gli ingenti flussi di denaro provenienti dallo smaltimento illecito dei rifiuti avrebbero consentito a Borrelli di accumulare un tesoretto poi reinvestito in altri canali. Ad esempio l’acquisto delle quote di una società che ha per oggetto la produzione di birra e la gestione di locali di ristorazione e soggiorno.
Come emerso anche da un’informativa del Commissariato di Polizia di Castrovillari, Giuseppe Borrelli è considerato «imprenditore contiguo alla cosca “Forastefano-Faillace” (in quanto ex convivente di Maria Giuseppina Forastefano dalla quale ha avuto due figli) ed alla cosca “Bevilacqua-Abruzzese”» (per via della sua attuale convivenza con Sonia Bevilacqua). E’ l’operazione “Omnia”, conclusa nel 2007, a cristallizzare i rapporti – secondo l’accusa – tra l’imprenditore cosentino e i vertici della famiglia Forastefano. L’indagine del Ros dei Carabinieri portò all’arresto di 60 persone, tra cui il capo clan Antonio Forastefano e Francesco Costa, tutti indagati a vario titolo per reati che vanno dall’associazione mafiosa, al traffico di droga fino all’estorsione ed all’usura. Due anni dopo, nell’agosto del 2009 a Spezzano Albanese, venne ucciso a colpi di kalashnikov mentre stava lavorando in un terreno agricolo Federico Faillace, affiliato ai Forastefano. La vittima era sposata con Maria Giuseppina Forastefano che poi inizierà una convivenza con Giuseppe Borrelli dal quale avrà due figli. L’imprenditore, all’epoca dei fatti, era titolare di una cava e secondo gli investigatori «avrebbe partecipato ad alcune riunioni operative del clan insieme ai Forastefano, condannati per mafia». Il racconto fornito dal collaboratore di giustizia, Alfio Cariati, fornisce agli investigatori ulteriori elementi utili a ricostruire i rapporti ed il legame tra Borrelli e il clan. Francesco Faillace (figlio della compagna di Borrelli) – secondo quanto confessato dal pentito – «aveva acquisito un ruolo preminente nell’aggiudicazione dei lavori di fornitura di cemento, in quanto gestiva un cementificio insieme al “patrigno”». Nel 2007, quando scatta l’operazione “Omnia”, Faillace è destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Nel 2009, la Questura di Cosenza procede al sequestro dei beni nei confronti dei presunti affiliati della cosca, un patrimonio riconducibile a Francesco Faillace, alla madre Giuseppina Forastefano ed al patrigno Giuseppe Borrelli. Nel 2016, due interdittive antimafia saranno emesse dalla Prefettura di Cosenza nei confronti delle aziende di Borrelli perché presenti «elementi per far ritenere comprovati i tentativi di infiltrazione mafiosa nelle società “Giuseppe Borrelli Group Srl” e “E-log srl”, aggiudicataria di un appalto per il servizio di gestione dei rifiuti urbani nel comune di Castrovillari». Il blocco dell’attività imprenditoriale seguito alle interdittive spingerà Borrelli a lasciare definitivamente la Calabria.
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