RIACE «Chiaramente è necessario avere il tempo per leggere attentamente le motivazioni della sentenza lunga oltre 900 pagine per cui ci riserviamo un comunicato a breve. In questo momento il primissimo dato emerso è che il Tribunale di Locri, pur di condannare Lucano, disattende perfino le Sezioni Unite della Cassazione in tema di utilizzabilità delle intercettazioni». Lo hanno affermato gli avvocati Giuliano Pisapia e Andrea Daqua, difensori dell’ex sindaco di Riace Domenico “Mimmo” Lucano condannato a 13 anni e 2 mesi nel processo “Xenia”.
«Lo condanna – è scritto nella nota dei due legali – per associazione a delinquere con motivazione inconsistente, anzi insussistente. Scambia per peculato le attività di valorizzazione del territorio perseguite da Lucano e previste dal manuale Sprar. Ed ancora, il Tribunale parla di povertà “apparente” di Lucano nonostante le misere condizioni economiche di Lucano siano state accertate dalla Guardia di finanza e confermate in udienza dalla stessa accusa. Siamo curiosi di completare la lettura e lo studio delle motivazioni per comprendere il restante ragionamento del Tribunale».
«Non mi aspettavo complimenti ma neanche che il Tribunale mi condannasse sulla base di cose non vere». Lo ha detto Mimmo Lucano commentando le motivazioni della sentenza di condanna a 13 anni e 2 mesi di carcere. «Le risultanze del processo – ha aggiunto – dimostrano altro. È tutto molto strano. Dal processo non si evince per nulla l’interesse economico. Perché devo subire quest’aggressione mediatica basata su accuse infondate? Si infanga ancora una volta la mia immagine ma io non voglio che la gente abbia dubbi su di me. Aspetto di consultarmi con i miei avvocati per l’appello. Sono sicuro che dimostrerò la mia innocenza».
Poi ha aggiunto: «Praticamente il Tribunale mi condanna sulla base di dubbi e di falsità. Il colonnello della guardia di finanza che è stato interrogato ha detto che non ho patrimoni e che non era mia intenzione arricchirmi. Io non ho nulla. Mi domando come mai in tanti anni di indagine gli investigatori non hanno mai trovato un euro nelle mie tasche. Lo hanno detto anche in aula. Dov’è questo tesoro? Non potranno mai dimostrare che mi sono arricchito semplicemente perché la realtà è diversa ed è quella che io ho sempre raccontato».
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