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Sentenza Lucano, le ipotesi di sottrazione di denaro pubblico: il Riace Film festival

Per il tribunale di Locri la rassegna culturale veniva organizzata coi fondi dell’accoglienza attraverso versamenti fatti al Comune dalle associazioni

Pubblicato il: 18/12/2021 – 19:15
Sentenza Lucano, le ipotesi di sottrazione di denaro pubblico: il Riace Film festival

LOCRI Tra le ipotesi di sottrazione di denaro pubblico destinato ai progetti per l’accoglienza un tempo attivi a Riace, il tribunale di Locri, nelle motivazioni della sentenza di primo grado del processo “Xenia” passa in rassegna anche alcuni aspetti relativi al “Riace Film festival”. (QUI L’APPROFONDIMENTO)
Nelle 904 pagine redatte dal Collegio presieduto dal giudice Fulvio Accurso, che lo scorso 30 settembre aveva pronunciato la condanna del principale imputato, Domenico Lucano, a 13 anni e 2 mesi, viene attenzionata la manifestazione culturale agostana che fino a qualche anno fa si svolgeva nel borgo della Locride. Nello specifico, sono due gli aspetti sui quali si soffermano i giudici: da un lato gli immobili utilizzati per accogliere turisti ed ospiti della rassegna; dall’altro le modalità di “finanziamento”.

Gli immobili utilizzati per gli ospiti

Come ricordano i giudici di Locri, «il “Riace Film festival” era un’importante manifestazione culturale organizzata dal primo agosto di ogni anno dal Comune, per tutto il mese, che prevedeva una serie di attrazioni soprattutto per i turisti».
Il periodo variava arrivando talvolta a legarsi a quello della festa padronale dedicata ai Santi Cosma e Damiano. Gli ospiti – cantanti e noti esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo – spesso erano «amici di Lucano» e «venivano accolti nelle case» trasformate per l’occasione in «veri e propri B&B». Sotto la lente della Guardia di finanza, nell’ambito degli accertamenti che hanno dato impulso al processo, rientravano sia immobili fuori dal progetto Sprar – alcuni nella disponibilità dell’associazione “Città Futura” – sia immobili inseriti nei progetti Sprar e Cas. Il tribunale non soltanto si sofferma sulle spese fatte per il «lussuoso ammodernamento» delle abitazioni, alcune delle quali acquistate dai protagonisti del processo, come emerge dalle intercettazioni, ma anche su aspetti pratici utili a desumere alcuni profili dell’attitudine maturata da Lucano in quel periodo. Tra gli esempi, c’è la conversazione tra l’ex sindaco del borgo della Locride e Cosimina Ierinò (condannata a 8 anni e 10 mesi di reclusione), responsabile della banca dati relativa al progetto Sprar. Nella circostanza si sta predisponendo un’abitazione per accogliere alcuni ospiti del festival e vengono utilizzate lenzuola appena acquistate – a fronte di alcune fatture emesse da Città Futura e attenzionate degli inquirenti – mentre quelle “vecchie” venivano destinate ai rifugiati.
Da qui, il Collegio desume come «il preminente pensiero di Lucano era quello di fare bella figura con gli ospiti che venivano dal Nord» mentre «i migranti, in quel frangente apparivano come l’ultimo dei suoi pensieri, perché solo ove fosse rimasto qualcosa da non destinare ai suoi amici, lo si poteva dare anche ai rifugiati».

Le modalità di finanziamento

Sia il festival che la festa padronale venivano finanziati «non con soldi del Comune o della Regione, ma con quelli destinati ai migranti dal momento che ogni associazione, su suo (di Lucano, ndr) input, versava ogni anno un certo quantitativo di denaro per sovvenzionare una così importante e costosa manifestazione culturale». I giudici si soffermano sul “Sistema” addebitato a Lucano e agli altri imputati, che serviva a distrarre, per fini diversi da quelli previsti, le somme che arrivavano per i progetti di accoglienza. Tra questi, le sovvenzioni per il festival: «Concerti ed eventi – scrivono i giudici – non erano per nulla finalizzati all’integrazione degli stranieri che sbarcavano sulle coste italiane», ma «solo destinati al divertimento dei turisti» con chiara strumentalizzazione dell’accoglienza.
Anche in questo caso vengono riprese una serie di conversazioni tra cui quella che vede impegnato Lucano con Jerry Tornese (condannato a 6 anni) risalente al 28 agosto 2017. L’allora sindaco confida che per la festa dei Santi Cosma e Damiano «aveva speso 100mila euro di cui 45mila per il solo cantante Roberto Vecchioni». Il Collegio evidenzia l’inflessione retorica della domanda che ne segue: «Secondo te dove li ho presi quei soldi?» Nella ricostruzione operata dal tenente colonnello Nicola Sportelli, teste principale dell’accusa, risultava che in quello stesso anno il Ministero degli Interni avesse dato un finanziamento a fondo perduto di 146mila euro, ai Comuni che si occupavano di accoglienza, che potevano spendere secondo le loro esigenze. «Quell’anno – aggiunge il tribunale di Locri – il Comune di Riace aveva impiegato solo 9mila euro di quei fondi, dal che era facile dedurre che il pagamento dell’esosa cifra legata a quelle manifestazioni culturali era stato possibile, da parte di Lucano, tramite il versamento spontaneo che egli otteneva ogni anno dalle varie associazioni che facevano parte del circuito dell’accoglienza e che lui stesso aveva nominato».

Il coinvolgimento delle associazioni

Qualche tempo prima, a luglio 2017, Lucano, al telefono con un organizzatore di eventi, espone il “Sistema”: «Però a me non interessa che a questo punto la Regione…non voglio che mi dà niente, voglio che mi dà zero» sottolineando come i costi sarebbero stati coperti attraverso i versamenti di «cooperative e associazioni». Negli anni precedenti al 2017 – secondo quanto ricostruito dagli inquirenti – tutte le associazioni avevano contribuito a versare una somma che serviva a sostenere i costi sia dell’evento culturale sia della festa padronale «per realizzare i quali venivano versate puntualmente cospicue somme che erano tratte direttamente dai conti relativi all’accoglienza, dal momento che non sono emersi prelievi riferibili a quella specifica causale dei conti personali di ciascuno dei rappresentanti degli enti gestori».
In una successiva intercettazione viene fatto notare a Lucano che la richiesta operata nei confronti delle associazioni rischia di integrare gli estremi di un’accusa per “concussione”. Lui si sofferma in quel caso sulle modalità sottolineando come le richieste fossero pervenute da parte sua con garbo: «Alle associazioni io…ma non…né con violenza né con forza e né con nessuna cosa», dice l’ex sindaco. «Mettete un contributo, se è possibile, e non che i soldi me li danno a me, li mettono loro per…per…per pagare quello che non possiamo fare come Comune, che non ci basta come Comune». Lucano sottolinea che le richieste non afferiscono ad un suo interesse personale e che, comunque, sostanziavano in una semplice indicazione e non in un obbligo dettato alle associazioni che effettuavano i versamenti. (f.d.)

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