Parole prive di un pensiero ordinato, affidate a soddisfare più un personale compiacimento che per un’analisi imparziale fatta nell’interesse di Catanzaro; parole prive di costrutto oltre che di buon senso, scritte forse in un tentativo di autoreferenzialità.
Apprendere che l’Amministrazione comunale di Catanzaro negli ultimi due decenni ha prodotto un lavoro encomiabile suona a dir poco singolare nella valutazione di chi legge. Eppure sono parole del sindaco, vergate su un comunicato e finito sulle pagine dei giornali. Righe nelle quali il sindaco oltre che autodefinirsi «autore di un buon lavoro svolto con l’aiuto della sua amministrazione», lamenta «un comportamento deludente della cittadinanza perché non gli ha espresso solidarietà».
Abramo dimostra di sorvolare sul significato delle parole e le usa, talvolta, in modo improprio. Lo fa quando scrive che «la Giunta comunale ha confermato di essere un modello di strategia di sviluppo urbano»; frasi verosimilmente pensate ma non ponderate, senza calcolare gli effetti che avrebbero potuto produrre. Molti cittadini avranno potuto pensare il contrario e considerare l’Amministrazione comunale un “modello negativo”, ricordandosi di cosa siano stati capaci quei consiglieri rimasti imbrigliati nella rete tesa dalla Procura della Repubblica con la nota vicenda denominata “Gettonopoli”. Solo per questo il sindaco avrebbe fatto bene a misurare le parole.
Anche a impegnarsi, non si riesce a comprendere da cosa sia stato mosso Abramo nel decidere di autoincensarsi affermando che «la città potrà beneficiare dei frutti di questa programmazione, grazie alla visione politica e gestionale che l’Amministrazione ha saputo esperire». Che dire? Evidentemente il sindaco è così convinto che, grazie al lavoro suo e della sua giunta, la città è stata ed è ancora ben amministrata ed ha potuto contare su una crescita che, a sua volta, è stata motivo di benessere per la popolazione, che al suo monologo aggiunge frasi ancora più dirette, come: «Chi ha governato negli ultimi venti anni (cioè lui) dovrà essere ricordato come un “mecenate” per essere riuscito a cambiare al meglio il volto della Città, facendola diventare bella, attraente, ricca, comoda e vivibile».
«Una città – continua Abramo – nella quale le attività commerciali che prima si contavano sulle dita di una mano, oggi sono centinaia, tanto da rendere irriconoscibile Corso Mazzini, affollato da mattina a sera di cittadini costretti ad interminabili file per poter entrare nei negozi».
Evidentemente il sindaco ritiene che le serrande abbassate su Corso Mazzini ormai da diverso tempo, siano fasulle, frutto di una campagna ostile, ordita contro di lui e contro la sua Amministrazione.
Un “racconto” che, anche nell’ipotesi assai remota che Abramo abbia detto il vero, dimostra comunque mancanza di riconoscenza verso i catanzaresi. Ha ritenuto di lasciarsi andare in un “racconto” difficile da comprendere e che ha più l’apparenza di una giustificazione che di una presa di distanza dai catanzaresi, sia che si voglia considerare che per venti anni lo hanno eletto, sia per opportunità sociale, considerato che mancano ormai pochi mesi al suo “pensionamento”.
Sarebbe stato elegante se Abramo avesse affermato che la Città ha bisogno di un cambio di guardia a Palazzo Santa Chiara e avesse fatto un appello alla responsabilità dei partiti politici perché si adoperassero, nel breve periodo, a selezionare una classe dirigente all’altezza di amministrare una città capoluogo di regione: consiglieri capaci di spendersi per Catanzaro, per strutturarla e farla emergere; amministratori volenterosi a impegnarsi per risolvere le discrasie di una eredità che ha indebolito i livelli ambientali, sociali e culturali che la Città nella sua lunga storia, aveva saputo creare.
Catanzaro chiede di poter rinascere! E il suo è un diritto inconfutabile. Aiutarla è un dovere dei catanzaresi che devono manifestare impegno affinché si realizzino gli obiettivi connessi con la crescita della Città. È importante essere determinati nella scelta degli amministratori, selezionarli con accortezza verificando che le loro intenzioni siano rivolte più ad un impegno civile, che a creare un modo surrettizio per garantirsi il gettone di presenza a fine mese; oppure, come è avvenuto in passato, limitarsi a riscaldare il posto sul quale poggiano le loro terga nell’attesa di esprimere un voto secondo le indicazioni che saranno loro impartite. Questo modo di fare non ha nulla a che vedere con la democrazia e con l’amministrare una Città. Questa, semmai, è solo incapacità che determina riflessi negativi sullo sviluppo urbano e sul benessere dei cittadini.
*giornalista
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