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IL REPORT

L’appello di Medu: «Necessari interventi urgenti per tutelare i braccianti negli insediamenti della Piana»

Le condizioni nella tendopoli di San Ferdinando, campo container di Rosarno e “ghetto” di Taurianova. «La situazione non è mai stata così difficile»

Pubblicato il: 20/12/2021 – 15:23
L’appello di Medu: «Necessari interventi urgenti per tutelare i braccianti negli insediamenti della Piana»

GIOIA TAURO Nel mese di dicembre, la clinica mobile di Medici per i Diritti Umani (Medu) è tornata a fornire prima assistenza sanitaria ed orientamento socio-legale ai braccianti della Piana di Gioia Tauro. Per l’ottavo anno consecutivo Medu interviene in questa zona, interessata ogni anno dall’arrivo di circa 2mila braccianti stagionali che trovano impiego nella raccolta agrumicola in condizioni di grave sfruttamento. Ad oggi, il numero di migranti giunti nella Piana – per la gran parte giovani uomini provenienti dall’Africa occidentale – è sensibilmente inferiore rispetto agli anni passati. Circa 600 persone popolano infatti i diversi insediamenti precari dell’area, in particolare la tendopoli di San Ferdinando, il campo container di Rosarno e i casali abbandonati nel Comune di Taurianova. Non è escluso, d’altra parte, che tra la fine di dicembre e l’inizio di gennaio si possa assistere ad arrivi consistenti, riportando le presenze in linea con gli anni precedenti. Lo slittamento temporale degli arrivi può essere attribuito da un lato al calo della produzione agrumicola, causato dai cambiamenti climatici che hanno portato ad un ritardo di quasi un mese nell’avvio della stagione della raccolta, dall’altro agli ostacoli amministrativi che migranti e rifugiati incontrano in questo territorio nell’espletamento di pratiche fondamentali quali il rilascio e il rinnovo dei permessi di soggiorno.

Le difficoltà legate al rinnovo dei permessi di soggiorno

Nella Piana, la procedura per il rilascio e rinnovo dei permessi di soggiorno,, infatti richiede tempi inaccettabilmente lunghi, come racconta K. che è in attesa del rinnovo del suo permesso di soggiorno dal 2019, o come nel caso di L. e I., che hanno atteso così a lungo che il documento di soggiorno ricevuto risultava già scaduto. Inoltre, anche le speranze dei braccianti che hanno presentato richiesta di sanatoria nel 2020 sono state deluse dal momento che delle 1.550 domande presentate in Calabria da lavoratori subordinati – di cui poco più di 200 provenienti dalla provincia di Reggio Calabria – solo il 15% ha completato l’iter di esame a più di un anno di distanza, e meno del 5% ha ricevuto esito positivo.

La situazione nella tendopoli di San Ferdinando

In relazione agli insediamenti precari, la tendopoli di San Ferdinando ospita circa 300 persone, in condizioni di totale abbandono. È presente solo un presidio costante dei Vigili del Fuoco nel piazzale limitrofo, ma da agosto 2020 la cooperativa che gestiva la tendopoli dal 2018 ha lasciato il campo per mancato rinnovo del contratto. Il sindaco del Comune di San Ferdinando ha comunicato ai braccianti, tramite un volantino affisso nella tendopoli, l’obbligo di lasciare l’insediamento entro il 15 agosto, ma in assenza di soluzioni abitative alternative, circa 200 migranti sono rimasti nell’area. La tendopoli versa oggi in condizioni drammatiche, in assenza di servizi essenziali quali l’elettricità, l’acqua calda, un servizio di smaltimento rifiuti e di manutenzione dei servizi igienici. Nelle tende, più persone condividono spazi molto limitati e per riscaldarsi accendono fuochi o allestiscono stufe di fortuna alimentate con piccoli generatori o con materiali di risulta, con un elevato rischio di incendi e gravi conseguenze per la salute.

«La situazione non è mai stata così difficile»

«Questo campo sarebbe un posto per noi lavoratori, appositamente dedicato a noi per supportarci nei mesi di lavoro.  È questo il trattamento che meritiamo? L’acqua calda non esiste, ci sono solo due bagni funzionanti per 300 persone e da tempo non abbiamo elettricità in nessuna zona della tendopoli; senza illuminazione siamo anche esposti ad ogni genere di pericolo. La situazione non è mai stata così difficile», racconta al team Medu C., un imam che ha vissuto all’interno della tendopoli fin dal suo allestimento.
Il campo container di Rosarno – costruito all’indomani della rivolta dei braccianti del 2010, senza prevedere in seguito alcun investimento per il suo mantenimento – ospita circa 200 persone in condizioni meno precarie, dal momento che sono garantiti alcuni servizi essenziali, ma pur sempre in un contesto estremamente isolato e senza alcun tipo di supporto da parte delle istituzioni. I container richiedono infatti una manutenzione periodica e l’impianto elettrico presenta pericolose problematiche dovute al sovraccarico di corrente. «Il bagno del mio container ha un problema da molto tempo e non ho nessuno a cui rivolgermi. Ogni volta che qualcosa si rompe o non funziona devo chiamare mio fratello, lui è l’unica persona a cui posso chiedere e per fortuna sa riparare un po’ tutto! Dobbiamo fare tutto da soli», racconta B.

Il viaggio fino a Contrada Russo. «Mancano tutti i servizi»

Circa 70 braccianti, infine, trovano riparo presso i casali diroccati siti in Contrada Russo, nel Comune di Taurianova, in condizioni disumane, in assenza di qualsivoglia servizio di prima necessità: l’unico punto acqua disponibile si trova a circa cinquecento metri dalle abitazioni, all’inizio di una strada sterrata che in caso di pioggia diventa inaccessibile a causa del fango e delle pozzanghere. Per rifornirsi dell’acqua necessaria per lavarsi e cucinare, i braccianti sono costretti a percorrerla più volte al giorno, trasportando le taniche su carriole o biciclette.
Anche il lavoro è fortemente influenzato dalle condizioni metereologiche: «Io sono tornato qui dalla Sicilia, da Siracusa, a fine novembre per la stagione di lavoro, ma quando piove non si lavora o, se si inizia in mattinata, si rientra dopo un paio di ore, senza venire pagati. Prego che domani non ci sia pioggia, da inizio dicembre ho lavorato solo tre o quattro giorni», racconta A. al team Medu.

Taurianova, entro la fine della stagione prevista l’inaugurazione del “villaggio sociale”

Entro la fine della stagione è prevista l’inaugurazione a Taurianova del “villaggio sociale”, finanziato dal Fondo Asilo Migrazione e Integrazione (Fami) della Commissione Europea attraverso il progetto Su.Pr.Eme. Il progetto prevede la messa a disposizione di 25 moduli abitativi, di un campo da calcio e servizi “green” quali pannelli solari e biciclette elettriche per accogliere circa 120 migranti residenti nel Comune ed è rivolto in particolar modo ai braccianti che si trovano attualmente in Contrada Russo. I braccianti stanno già chiedendo la registrazione tramite una semplice dichiarazione di effettiva dimora da consegnare direttamente allo sportello del Polo sociale integrato di Taurianova, un servizio inaugurato a novembre 2021 che ospita al suo interno l’Agenzia Sociale dell’Abitare e offre servizi di supporto legale, mediazione interculturale e assistenza alle vittime di tratta e sfruttamento. Il terreno prescelto per l’installazione del villaggio è un bene confiscato e sorge a poca distanza dagli attuali casolari, che distano quasi 7 km dal centro cittadino di Taurianova. Si tratta di una distanza notevole dal momento che, in assenza di mezzi di trasporto pubblici, i braccianti sono costretti a percorrerla a piedi o in bicicletta, su strade pericolose e non illuminate. Pur trattandosi di un’iniziativa apprezzabile, che mira certamente ad un sostanziale miglioramento delle condizioni di vita dei braccianti, destano perplessità sia le tempistiche della sua attuazione – alla fine della stagione agrumicola – sia la capienza, estremamente limitata rispetto alle presenze complessive, sia la posizione e i criteri di accesso, che al momento escludono la maggior parte dei braccianti della Piana. Infine, non è chiaro come verrà garantita la sostenibilità del progetto nel medio-lungo termine. Il timore è che, in assenza di risorse economiche per la gestione e manutenzione economica del villaggio al termine del progetto, l’esperienza possa tradursi in un’ennesima baraccopoli, lasciando di fatto immutate le problematiche esistenti, a fronte di costi elevati per la collettività e di un impatto negativo su un territorio già particolarmente depresso dal punto di vista socio-economico.

Elevato rischio di diffusione del Covid

Nel quadro descritto, le possibilità di diffusione del Covid-19 restano molto elevate, nonostante buona parte dei braccianti che vivono presso la tendopoli abbia effettuato il vaccino in occasione di alcune giornate di campagna vaccinale organizzate da Prefettura, Questura, Asp, Caritas diocesana di Oppido-Palmi, Cgil della Piana di Gioia Tauro ed Emergency. Il primo “vax day” si è svolto il 27 luglio e ha visto 172 adesioni su 208 presenti nel campo. In occasione del secondo, che si è tenuto il 1° settembre, 131 migranti hanno ricevuto la seconda dose di vaccino ed altri 74 hanno espresso la volontà di vaccinarsi e hanno quindi ricevuto la prima dose. In vista dei mesi invernali, sebbene vi sia il concreto rischio di un aumento dei contagi a causa della crescita delle presenze negli insediamenti informali e delle condizioni climatiche, non sono al momento previste da parte delle autorità sanitarie locali attività di outreach e screening per scongiurare l’insorgenza di focolai. Inoltre per i braccianti non è semplice riuscire ad effettuare il tampone gratuito dal momento che è richiesta la prescrizione da parte del medico di base o di altro medico. Molti braccianti hanno riferito di non essere a conoscenza della procedura per accedere al tampone gratuito, altri di non voler perdere un’intera giornata lavorativa per recarsi dal medico e poi nei centri abilitati per fare il tampone. Inoltre, a causa del limitato numero di addetti e delle numerose richieste, le tempistiche dell’Usca (Unità Speciale di continuità assistenziale) di Taurianova per un intervento domiciliare sono proibitive in un’ottica di contenimento e di prevenzione.
Per l’ennesimo anno, le condizioni di vita e di lavoro dei braccianti appaiono desolanti, l’accesso ai diritti fondamentali una chimera e gli interventi istituzionali tardivi e poco lungimiranti. Per evitare un’ennesima stagione di sfruttamento e diritti negati, con pesanti ricadute anche per il territorio, Medu chiede che vengano adottate fin da subito alcune misure, peraltro in parte previste dal “Protocollo d’intesa per il superamento della marginalità sociale e delle situazioni di degrado dei migranti presenti nella tendopoli di San Ferdinando e delle altre aree della Piana di Gioia Tauro”, sottoscritto a settembre 2021 dal Presidente della Regione Calabria, il Capo Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, il Prefetto di Reggio Calabria, il Sindaco della Città Metropolitana, i Sindaci dei Comuni di San Ferdinando e Taurianova e dai componenti della Commissione Straordinaria per la gestione del Comune di Rosarno. In particolare, il Protocollo prevede impegno nell’individuazione di immobili confiscati alla criminalità o di proprietà pubblica disponibili ed il censimento di immobili di proprietà privata da concedere in locazione agli immigrati con le opportune forme di garanzia, nonché un’azione di accompagnamento sociale globale all’abitare nei confronti dei destinatari.

Le richieste di Medu

L’associazione, a fronte della situazione descritta, ha formulato una serie di richieste ad autorità ed Istituzioni.
Anzitutto, alle Autorità sanitarie competenti del territorio, in collaborazione con le organizzazioni del terzo settore che operano nella Piana, la pianificazione e realizzazione di attività sistematiche di sensibilizzazione e di screening per il Covid-19 presso gli insediamenti, e la semplificazione della procedura per l’accesso in ogni momento a tamponi gratuiti. Secondo attore interessato sono le Istituzioni locali alle quali vengono richiesti interventi immediati di ripristino dei servizi essenziali presso la tendopoli di San Ferdinando e di manutenzione presso il campo container di Rosarno.
Nel medio termine Medu torna a chiedere l’attuazione sostenibile dell’Azione 2 del recente “Protocollo d’intesa”, che mira a promuovere soluzioni di abitare diffuso presso i Comuni della Piana, per agevolare l’inserimento sociale dei migranti e il superamento delle condizioni di precarietà.
L’effettiva attuazione alle 10 azioni prioritarie previste dal “Piano Triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato (2020-2022)”, elaborato presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con il coinvolgimento di Regioni, Comuni e soggetti locali, giunto ormai all’ultimo anno di implementazione. In particolare, la pianificazione dei flussi e il potenziamento dei servizi d’incontro tra domanda ed offerta di lavoro (Cpi), l’accesso ad alloggi dignitosi, il trasporto dei lavoratori, la vigilanza e il contrasto dei fenomeni di sfruttamento, la protezione, l’assistenza e il reinserimento lavorativo delle vittime.

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