ROMA La Corte di Cassazione accoglie il ricorso di Antonio Trifoli, sindaco di Riace, cassando la sentenza con la quale, ad ottobre 2020, la Corte d’Appello di Reggio Calabria aveva dichiarato l’ineleggibilità del primo cittadino (per l’effetto decaduto). I guidici reggini, in tal senso, avevano confermato la sentenza del Tribunale di Locri dell’11 novembre 2019.
L’ordinanza del Collegio presieduto dal giudice Maria Acierno ribalta la precedente statuizione pronunciandosi per l’eleggibilità di Trifoli e rinviando gli atti al giudice di secondo grado per adeguare la decisione.
Antonio Trifoli, eletto sindaco del borgo della Locride alle elezioni amministrative dello scorso 2019, era stato dichiarato ineleggibile nel collegio di Riace in quanto dipendente comunale collocato in aspettativa elettorale nonostante il suo rapporto di lavoro con l’Ente fosse a tempo determinato (cosa non permessa dalla legge).
Il ragionamento della Suprema Corte – nell’esaminare i tre motivi oggetto dell’impugnazione presentata da Trifoli, rappresentato dal Collegio difensivo composto dagli avvocati Andrea Lollo, Paolo Falzea, Francesco Gigliotti e Massimiliano De Benedetti – ruota quindi intorno alla natura del rapporto di lavoro di Trifoli col Comune. «Non sono state rappresentate ragioni attinenti alla specificità del contratto di Trifoli», scrivono i giudici di Cassazione interrogandosi sul possibile carattere discriminatorio della previsione che riserva la sola possibilità della collocazione in aspettativa ai dipendenti con contratto a tempo indeterminato. Previsione «basata su un contesto normativo non più attuale».
Se da un lato è vero che la possibilità di riconoscere “l’aspettativa” ai lavoratori a tempo determinato potrebbe produrre una «sfasatura» dei tempi stessi del rapporto, dall’altro, argomentano i giudici, richiamare la circostanza per fondare la causa di ineleggibilità rischierebbe di creare una sorta di discriminazione. «La Corte d’Appello argomenta la disomogeneità tra la posizione di Trifoli e quella dei lavoratori a tempo indeterminato muovendo dalla durata» del rapporto «e assume che l’aspettativa elettorale non sarebbe compatibile con un contratto di tale durata (un anno, ndr)». Nell’ordinanza della Cassazione, l’interpretazione viene ribaltata non essendoci «una ragione obiettiva», legata alla durata del rapporto di lavoro, che possa fondare la censura riservata a Trifoli in quanto lavoratore a tempo determinato. (f.d.)
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