CATANZARO «Dopo le feste di Capodanno del 2015 Mungo mi chiamò per raggiungerlo al Ciaccio dove lavorava. Lo feci e lì mi chiese, improvvisamente di dargli la somma di 3000 euro. Non capii e pensai che mi stesse chiedendo un prestito, sennonché Mungo mi disse che se volevo non avere problemi con la piscina avrei dovuto fare così, che sapevo benissimo come funzionava in questi casi. Mi disse con tono intimidatorio: “Antò quando ti chiedo qualcosa dammela e basta, perché hai capito bene come funziona. Se mollo io, tu il giorno dopo sei fuori». Sono queste le dichiarazioni di Antonino Lagonia, titolare della associazione sportiva dilettantistica “Catanzaro Nuoto”. Il Mungo del quale si parla è l’ex assessore comunale di Catanzaro Giampaolo Mungo, accusato di traffico di influenze illecite in concorso con Salvatore Veraldi, all’epoca dei fatti fidanzato con la figlia di Mungo, e con lo stesso Antonino Lagonia (i due, difesi rispettivamente dagli avvocati Antonello Talerico e Antonio Lomonaco, sono imputati nel processo con rito ordinario). Lo scorso 24 maggio, l’ex assessore è stato condannato, con rito abbreviato, a nove mesi di reclusione (pena sospesa). Il gup ha, inoltre, ordinato la confisca dei 15mila euro che erano stati sequestrati il 22 luglio 2020 e che vengono ritenuti il totale della somma che Lagonia avrebbe elargito a Mungo tramite Veraldi.
Nel motivare la sentenza il giudice Gaia Sorrentino ha specificato che «non appaiono concedibili le attenuanti generiche, in ragione della condotta concretamente ascritta all’imputato, dimostrativa di una peculiare spregiudicatezza nel perseguire il proposito delittuoso, approfittando della propria posizione, maturata nel contesto amministrativo e politico, per finalità di profitto estranee alla tutela del bene pubblico».
Secondo l’accusa Mungo, difeso dagli avvocati Vittorio Ranieri e Leo Pallone, sfruttando amicizie all’interno del Comune di Catanzaro e della municipalizzata Catanzaro Servizi, si sarebbe fatto promettere e dare diverse utilità da Lagonia, con la mediazione di Veraldi. Con la promessa di mettersi a disposizione di Lagonia e della sua Asd Catanzaro nuoto in relazione alla gestione degli spazi della piscina comunale “Vinicio Caliò” e in relazione alla programmazione dei campi da tennis di Ponte Piccolo, Mungo avrebbe ricevuto 7.500 euro nel 2015 versati dalla Ads Catanzaro Nuoto su una poste pay intestata a Veraldi, con la causale “assistenza spogliatoi, attività agonistiche e assistenza campus estivo”. Lagonia avrebbe assunto fittiziamente il fidanzato della figlia di Mungo il quale risulta sconosciuto a coloro che hanno lavorato nella piscina comunale. Salvatore Veraldi ha ricevuto la somma di 7.500 quale stipendio per i nove finti mesi di lavoro. Ma i soldi, secondo l’accusa, dovevano essere stornati in favore di Mungo, come emergerebbe dai prelievi in contanti da parte di Veraldi subito dopo l’arrivo del bonifico.
L’inchiesta parte da una denuncia querela sporta, il 14 dicembre 2017, dallo stesso Lagonia il quale affermava di aver dovuto corrispondere a Mungo somme di denaro per oltre 30mila euro al fine di continuare la gestione del servizio di gestione degli spazi d’acqua della piscina comunale Vinicio Caliò di Catanzaro. Lagonia racconta di essersi aggiudicato la gestione di un lotto, facendo per la prima volta ingresso nel settore sportivo, affermando che le altre società ginniche (da anni operanti nel settore in regime di duopolio) avrebbero fatto ostruzionismo alla sua associazione dilettantistica ostacolandone la campagna abbonamenti e creando difficoltà organizzative. A questo punto l’uomo si è rivolto a Mungo, «attivo nella vita politica catanzarese da anni e con il quale era stato candidato nella medesima coalizione nella tornata elettorale del 2006» perché lo aiutasse a risolvere la situazione. Mungo interviene e i problemi si risolvono ma ad un certo punto l’ex assessore intima a Lagonia di «corrispondergli delle somme di denaro. Il suo interlocutore era stato chiaro nel rappresentare che il suo aiuto sarebbe cessato ed egli avrebbe certamente avuto difficoltà a continuare a gestire il lotto che si era aggiudicato, qualora non avesse assecondato le sue richieste».
Sentito dagli inquirenti, Giampaolo Mungo ha riferito che «il Lagonia è una persona pericolosa. Pensi che egli stesso mi confidò di aver simulato un biglietto minatorio nei suoi confronti poiché, dopo essersi aggiudicato l’appalto dei campi da tennis, non poteva più far fronte agli impegni economici e si trincerò dietro le minacce. Aggiungo che la coniuge si è spinta fino a denunciarmi per una aggressione per la quale la Procura della Repubblica di Catanzaro ha chiesto l’archiviazione, accolta dal GIP. Il suo malanimo nei miei confronti per il mio rifiuto di incidere sulle aggiudicazioni si è tradotto nelle denunce a mio carico». Mungo precisa che «Nel momento in cui Lagonia si aggiudicò il lotto di gestione degli impianti, unitamente alle altre due società, io non avevo alcun incarico politico». Secondo Mungo l’astio di Lagonia sarebbe montato, tra le altre cose, perché ad un certo punto lui si era allontanato dal Lagonia poiché «si era creato un clima, che aveva portato anche ad una denuncia in tal senso di Sabatino, istruttore presso la Gas. In parole, si diceva addirittura che fossi socio occulto della Asd del Lagonia. A me cominciava a pesare molto questa situazione ed iniziai a prendere le distanze».
Secondo il gup «gli elementi probatori raccolti provano, quindi, da un lato, resistenza di uno strettissimo legame personale tra Mungo, noto politico catanzarese, più volte Assessore allo Sport, e Lagonia, rappresentante della Ads Catanzaro Nuoto, rapporto solo in anni più recenti fortemente incrinatosi; dall’altro, tra il Mungo e l’amministrazione comunale lato sensu intesa, appunto per la sua caratura politica che gli ha garantito in pochi anni di ricoprire per due volte la carica di assessore allo Sport».
Per quanto riguarda le dichiarazioni di Lagonia queste vengono ritenute «sebbene non pienamente credibili, quanto alla connotazione data alla condotta dell’imputato, appaiono valorizzabili ove coerenti nel rappresentare l’evoluzione dei fatti, in quanto riscontrate da circostanze estrinseche emerse dalle indagini, con particolare riferimento all’esistenza di un rapporto privilegiato con Mungo Giampaolo; alla corresponsione di somme di denaro; alla ricerca di un appoggio, nella gestione della piscina comunale, nella consapevolezza delle sue entrature nell’amministrazione comunale».
Secondo il giudice inoltre: «La distanza temporale tra l’originaria richiesta di protezione (risalente all’ottobre 2014) e il versamento della prima tranche del denaro (luglio 2015) può, invero, trovare una plausibile spiegazione, nella misura in cui tali somme venivano richieste per mantenere la protezione offerta da parte del Mungo, essendo, in tal senso, intervenuto reiteratamente anche il Lagonia. Le pressioni di quest’ultimo sono, del resto, circostanza affermata anche dall’imputato, il quale, sebbene abbia smentito di avervi dato seguito, è apparso consapevole di essere interlocutore privilegiato in ragione dell’attività precedentemente svolta presso l’amministrazione comunale».
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