Riceviamo e pubblichiamo una nota di Gianpaolo Mungo, ex assessore comunale di Catanzaro accusato di traffico di influenze nel così detto “caso piscine” del capoluogo.
Necessaria e doverosa si appalesa una mia nota di risposta ai diversi articoli che si sono rincorsi su una vicenda processuale che mi coinvolge in prima persona.
In buona sostanza, il passaparola, nelle varie testate giornalistiche, riguardava l’avvenuto deposito delle motivazioni che hanno sostenuto l’ter logico-giuridico del giudice, per addivenire ad una sentenza di condanna in primo grado.
Orbene, ciò detto, mi preme ribadire, per spirito di Verità, alcuni passaggi fattuali che sono importanti perché incidono significativamente sul caso oggetto di tanta attenzione.
Il sottoscritto, crede molto nell’operato dei giudici e della giustizia e sono sicuro che la verità porrà fine a questa mia dolorosa vicenda. Un fatto che ha generato sofferenza ai miei amici, alle persone che hanno riposto la loro stima nei miei confronti.
Ed allora, senza voler in alcun modo polemizzare, mi chiedo se è giusto, considerato che nei miei riguardi non c’è una sentenza di condanna definitiva, utilizzare l’informazione (sulla vicenda erano stati spesi fiumi d’inchiostro sia nella immediatezza dei fatti, sia dopo la sentenza e sia dopo il deposito delle motivazioni) per rievocare un caso ormai indirizzato al vaglio di una Corte di Appello.
Perché si riscrive oggi quello che è stato già scritto ieri?
A mio sommesso avviso ritengo sia opinabile la tempistica attuata dagli organi di stampa che, ci mancherebbe, hanno portato a compimento il loro diritto dovere di informare.
Mi domando, perché tanto accanimento nei miei riguardi?
Dopo 74 anni la presunzione di innocenza, scritta nella Costituzione del 1947 e sollecitata dall’Europa, è diventata legge.
Io, aspetto fiducioso la decisione dei miei Giudici. Credo che ogni eventuale speculazione sulla mia triste vicenda debba essere bandita e attenderne la conclusione, nel bene e nel male.
Gianpaolo Mungo.
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