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il maxi processo

Rinascita Scott, le pressioni del clan per “aprire” il negozio degli Artusa a Vibo

Il racconto dell’intervento del braccio destro di Mancuso (contrario all’operazione) e del boss Razionale a favore degli imprenditori amici

Pubblicato il: 24/12/2021 – 7:28
di Alessia Truzzolillo
Rinascita Scott, le pressioni del clan per “aprire” il negozio degli Artusa a Vibo

LAMEZIA TERME Il 10 giugno 2016 i militari del Ros intercettano, nell’auto di uno degli uomini più fidati del boss Luigi Mancuso, Giovanni Giamborino, una conversazione tra questo, Saverio Razionale, boss di San Gregorio d’Ippona e l’avvocato Francesco Stilo. Stilo fa una battuta sugli imprenditori Mario e Umberto Artusa che dovevano aprire un negozio d’abbigliamento a Vibo. Le trattative per l’apertura in corso Vittorio Emanuele III andavano avanti da mesi con i proprietari dell’immobile che gli Artusa avevano puntato. Tanto che Francesco Stilo fa una battuta: «Che poi questo negozio riesce ad aprirlo? Secondo me no». A questa affermazione risponde Saverio Razionale: «Lo ha aperto il negozio, avvocato… A Vibo è aperto che è un mese, alla grande». A questo punto interviene Giovanni Giamborino che rimarca il fatto che il negozio sia stato aperto «grazie a noi, grazie a Saverio, e a qualche altro amico… sennò il cazzo apriva, non apriva negozi». Il dialogo – dice in aula bunker a Lamezia Terme il maresciallo capo del Ros Vincenzo Franco – spiega in poche battute quella che è la vicenda estorsiva che coinvolge i fratelli, Mario e Umberto Artusa, l’imprenditore Gianfranco Ferrante, Giovanni Giamborino e Saverio Razionale. Secondo le indagini del reparto speciale dei carabinieri e le ipotesi di accuse formulate dalla Dda di Catanzaro, avrebbero esercitato pressioni sulla famiglia Corigliano – proprietaria di un immobile su corso Vittorio Emanule III a Vibo Valentia – e in particolare sul portavoce del nucleo familiare: Domenicantonio Felice Corigliano, ex comandante dei vigili urbani di Vibo. I Corigliano, infatti, erano intenzionati a vendere l’immobile e non ad affittarlo, e sicuramente non al prezzo che venne loro imposto dagli imputati. Nel corso del maxiprocesso Rinascita-Scott, il maresciallo capo Franco, rispondendo alle domande del pm Andrea Mancuso, spiega che da quelle battute intercettate nella macchina di Giamborino: «Si poteva apprendere, fondamentalmente, che il negozio fosse stato aperto già da un mese e che l’intervento risolutivo era dovuto a Giovanni Giamborino, Saverio Razionale “e qualche altro amico”».

Giamborino: «Sono dovuto andare io sennò il comandante non glielo dava il negozio»

Non solo. Giovanni Giamborino spiega come si fosse impegnato a far abbassare la pigione che era stata richiesta dai proprietari. E il boss Razionale gli risponde: «Ti sei messo a disposizione». Non solo. Già tempo prima, il 13 maggio 2016, Giovanni Giamborino viene intercettato mentre spiega a suo figlio qual era stato il suo ruolo nella trattativa per l’affitto del negozio. «Mario (si riferisce a Mario Artusa, ndr) si sta facendo il negozio, il comandante non voleva, ora (Artusa) apre. Sono dovuto andare io sennò il comandante non glielo dava a nessuno il negozio». Poi Giamborino specifica che il negozio sarebbe stato aperto a nome di Domenico Artusa, il fratello dei due imprenditori i quali dopo un sequestro, nato da un’indagine per bancarotta fraudolenta, vennero raggiunti da una misura interdittiva che vietava loro di esercitare qualunque attività imprenditoriale. In seguito a ciò crearono la società Ottantasei srl che venne intestata a Domenico Artusa che, di fatto, svolgeva tutt’altro mestiere. Così Giamborino dice al figlio che Mario «apre a nome di Mimmo che ha paura che gli tornano a prendere tutte cose». Del ruolo che aveva avuto nella trattativa con Domenicantonio Corigliano, chiamato “il comandante” per via del suo passato come capo dei Vigili urbani, Giovanni Giamborino ne parla anche con Rosario La Bella (non imputato in questo procedimento) il 17 settembre 2016. Giamborino spiega che le disposizioni erano state dettate direttamente da Saverio Razionale. «Il cornuto sono stato io – così si esprime Giamborino –, anzi è stato Saverio più cornuto di me che mi ha mandato la ‘mbasciata a me per andare dal comandante. Perché il comandante glielo ha detto un miliardo di volte che non glielo dava (il negozio ad Artusa, ndr)».

La richiesta di aiuto negata da Luigi Mancuso

Giamborino parla parecchio della vicenda dell’affitto del negozio. Il 7 agosto 2016, nella sua auto viene intercettato mentre parla del fatto che «sulla questione – spiega il maresciallo Franco – Mario Artusa aveva prima provato a fare pressione su Corigliano facendo intervenire Luigi Mancuso ma questi non aveva voluto dare la sua disponibilità a garantire l’operazione. Successivamente gli Artusa si erano rivolti a Saverio Razionale, interessando anche Gianfranco Ferrante come garanzia dei pagamenti delle pigioni». La mancanza dell’interessamento di Luigi Mancuso è stata riportata da Giamborino il quale asserisce di essere andato a parlare col boss di Limbadi ma «mi disse no, mi disse no… Disse “no, no, no, lascia perdere, lascia perdere. E io ho lasciato perdere». Successivamente, però, Giamborino viene richiamato a mettersi a disposizione su interessamento di Saverio Razionale. Dal niet di Luigi Mancuso passa un mese, dice Giamborino nell’intercettazione, «questo va da Saverio a pregarlo, a piangere. Saverio si è messo nel mezzo, ha chiamato Gianfranco, che non voleva dargli i soldi». In seguito Razionale fa intervenire Giamborino. Gli Artusa si sarebbero a questo punto rivolti a Giamborino, su mandato di Razionale, perché questi andasse a parlare pure con Gianfranco e di andare dal comandante.

«Aveva ragione Luigi Mancuso»

Passa il tempo e, nonostante la raccomandazione di Razionale che gli Artusa fossero puntuali nei pagamenti, le pigioni mensili vengono pagate con ritardo. In più occasioni Corigliano si rivolge a Giamborino per lamentare questa situazione che lamenta anche con gli stessi Artusa. Un esempio è tratto dalla conversazione che il 19 settembre 2016 intrattengono Giovanni Giamborino e Pasquale Gallone, altro fedelissimo dei Mancuso. Giamborino racconta a Gallone che Mario Artusa avesse addirittura minacciato Corigliano, rivolgendosi in malo modo nei suoi confronti. Giamborino sembra stanco di questa storia e di stare in mezzo ai comportamenti degli Artusa, e alle richieste che arrivavano da tutte le parti. Così confida a Gallone: «Ma aveva ragione lui. Ma io che cazzo mi sono messo a fare, mi sono rotto il cazzo». Il “lui” che aveva ragione, stando alle indagini, era Luigi Mancuso, il boss che gli aveva detto «lascia perdere». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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