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La voglia di riscatto dal degrado e dalla criminalità del Parco archeologico di Sibari

Il direttore Filippo Demma traccia il futuro di uno dei siti più importanti della Magna Grecia. «Sybaris? È a sei metri sotto terra, oggi vediamo Copia»

Pubblicato il: 25/12/2021 – 19:45
di Luca Latella
La voglia di riscatto dal degrado e dalla criminalità del Parco archeologico di Sibari

CASSANO ALLO IONIO La nuova veste del Parco archeologico di Sibari è solo l’inizio del percorso che il direttore Filippo Demma e i suoi collaboratori, in sella da poco più di un anno, stanno imprimendo (ne abbiamo parlato qui). Tra nuovi allestimenti museali, mostre e un’area dedicata al gaming ed alla manipolazione dei reperti esposti in 3D, oggi a Sibari c’è tanto altro da visitare, approfittando anche della “strenna natalizia” (dal 24 dicembre al 6 gennaio si pagherà 1 euro invece di 5).
I mesi di duro lavoro indirizzati a cambiare il volto del museo e dell’area archeologica – anche durante l’emergenza pandemica – non hanno scalfito la determinazione del gruppo di voler risollevare le sorti di un sito trascurati per decenni e flagellato dalle acque, anche quando si è trattato di scontrarsi con la realtà dei luoghi e con le difficoltà connesse ad una terra meravigliosa e ricchissima ma piegata dall’illegalità.
Filippo Demma, racconta al Corriere della Calabria, come proprio nei primi mesi di lavoro sia stato «più a contatto con le forze dell’ordine e la prefettura che al museo».

«Nella Sibaritide c’è un chiaro problema di legalità»

«Qui – dice – c’è un chiaro problema di legalità. La Sibaritide, e non lo dico io, è uno dei posti più esposti della Calabria e quindi d’Italia. È forte sia la presenza della microcriminalità che quella della criminalità organizzata. Nelle nostre pertinenze si esercita il fenomeno della prostituzione, ma abbiamo subito anche furti e rapine ed invasioni di ogni tipo. Il parco archeologico – spiega Filippo Demma – vanta un patrimonio agricolo di 500 ettari, di cui 200 dati in concessione. I campi intorno al museo ed al parco sono tutti di proprietà dello Stato ma essendo occupati abusivamente, non riusciamo a gestirli pienamente. Siamo in lotta per recuperare il pieno controllo di queste risorse a beneficio della comunità. In prima linea ci siamo noi, i carabinieri del nucleo tutela ambientale, la guardia di finanza, la prefettura: questo impegno avrà degli importanti sviluppi nel prossimo futuro».
L’approccio di Demma ai fenomeni criminosi dovrebbe partire dal cambio di mentalità. Il sito, da una parte sarà dotato di un sistema di sicurezza avanzato, dall’altra proverà a far leva sulle coscienze educando. «Non credo che le operazioni di polizia e sicurezza tout-court, siano sufficienti e unica via per garantire la sicurezza e la legalità. Sono sicuramente uno strumento importante e imprescindibile, ma soprattutto in un’area che si propone come polo culturale non possono essere gli unici. Se non cambia la mentalità, se non cambia il modo di approcciarsi alle cose e la cultura, possiamo mettere solo delle pezze. Stiamo agendo in due direzioni. La prima, cercando di proteggere il nostro patrimonio come se non esistesse un programma di espansione culturale inclusivo, quindi tenteremo di costruire questo programma come se non avessimo problemi di legalità. Siamo stati confortati da un bando del ministero dell’Interno che ci ha finanziato una serie di strumentazioni la cui progettazione è partita da poco. Secondo, nei prossimi giorni avvieremo tutta una serie di iniziative per diffondere la cultura della legalità, insieme a personaggi importanti, giornalisti, magistrati, ma soprattutto insieme ai ragazzi della Sibaritide che intendiamo coinvolgere in un programma-progetto di costruzione di una coscienza della legalità, che porti Sibari ad essere un polo di legalità culturale, per cambiare il modo di approcciarsi alla vita. Se non si crea una coscienza civica non avremo mai giustizia e legalità».
Tra le “piaghe” illegali, la prostituzione. «Quando da sud verso nord si percorre la statale 106 e si arriva al parco del cavallo a sinistra e Casabianca a destra e si intravede il museo in lontananza, si stanno attraversando le pertinenze del parco. Ai lati della strada sono ben visibili le prostitute. È, quindi, facilmente intuibile come esercitino nelle pertinenze di questo istituto».

Un’impronta nuova

A Sibari, ovviamente, non ci sono solo problemi. Uno dei percorsi appena imboccati è la rivelazione al mondo di 20mila cassette e 400mila reperti chiusi nei magazzini e nei depositi del museo. «Alcune settimane fa – prosegue il direttore del parco archeologico di Sibari – ho presentato al Museo nazionale romano di Palazzo Massimo il nostro progetto di valorizzazione dei depositi e dei magazzini. Saranno interamente digitalizzati e poi resi fruibili sia fisicamente, con visite periodiche, sia virtualmente, con una banca dati accessibile al web da chiunque e con contenuti didattici per chi vuole apprendere la storia e scientifici per gli specialisti». Il primo passo è quello di catalogare i reperti. «Abbiamo avviato la campagna di catalogazione selezionando quattro giovani ricercatori, con un bando internazionale, alla Scuola Imt di Lucca e all’Università della Campania “Vanvitelli”. I primi tre sono già stati selezionati e prenderanno servizio a gennaio. L’obiettivo e completare entro l’anno l’opera di catalogazione che ci dovrà accompagnare all’allestimento definitivo del museo e ad aprire i magazzini al pubblico».

Flussi turistici: la madre di tutte le questioni

La ricchezza di beni culturali, oltre che naturali, va però “venduta”. Ed in una terra che ambisce a produrre dal turismo la fetta preponderante del proprio “pil”, ma ancora impreparata ad attrarre i grandi flussi turistici – per tutta una serie di problemi infrastrutturali – «ci vuole volontà politica».
«Ci vuole – puntualizza il direttore – quella volontà politica di creare una campagna di marketing territoriale che, da un lato, coordini tutte le risorse culturali, economiche ed imprenditoriali del territorio. Dall’altro “apra” il territorio. Noi siamo qui anche per questo, per favorire queste logiche e insegnare che questi sono i percorsi che possono produrre uno sviluppo anche turistico di questa terra. Abbiamo iniziato un’opera di valorizzazione del parco ma se si prova a chiamare gli alberghi della Sibaritide, che sono di per sé pochi, li si trova chiusi per l’80%. Chi volesse venire a visitare museo e il parco, dove alloggerebbe? Dovrebbe venire, visitare museo o la mostra di Giorgia Catapano e tornarsene a casa. Dunque, se non ci sono un coordinamento e la volontà di sviluppare la mentalità dell’imprenditoria turistica, che è altro dall’aprire un albergo, e se non c’è la volontà di fare marketing territoriale, che è altro dal fare pubblicità, se non si creano i presupposti culturali per un’azione del genere, tutte le iniziative di valorizzazione restano degli spot».
Proprio in questa direzione, tra i progetti in itinere vi è quello di creare la rete dei musei della Magna Grecia. «Con Annamaria Mauro – spiega Demma – direttrice regionale dei musei della Basilicata, nonché la collega che dirige il museo autonomo di nuova istituzione nazionale della Basilicata a Matera, abbiamo già iniziato a ragionare sullo sviluppo di un sistema museale che coinvolga i principali siti della Magna Grecia. Poi parleremo con il MaRTa di Taranto e le altre realtà pugliesi. Intanto iniziamo da noi che siamo vicini a lavorare su questo sistema museale che, mi auguro, potremo presentare al pubblico quest’estate».

 «Sybaris è a sei metri sotto terra»

«Se volessimo stilare una scala di importanza delle città, della storia antica e antichissima d’Italia meglio conservate, Sybaris sarebbe ai primissimi posti insieme a Roma, Siracusa, Cuma, Pompei ed Ercolano. Se, invece, volessimo redigere la graduatoria sulla quantità di patrimonio conservato saremmo più in giù. Non siamo Paestum. Abbiamo ricevuto dalla storia una serie di importanti mazzate – commenta Filippo Demma – per cui le nostre bellissime evidenze archeologiche, purtroppo, non si sono conservate come quelle di Pompei».

«Sì, l’antichissima città di Sybaris è a sei metri sotto terra. Quello che si vede sono le strutture dell’antica città di Copia, colonia romana fondata all’inizio del II secolo a.C. sulle strutture della precedente Thurii, colonia panellenica fondata da genti provenienti da tutta la Grecia su iniziativa ateniese che occupò il sito della antica colonia di Sybaris, distrutta nel 510 a.C. Thurii fu fondata nel 444, un lasso di tempo notevole tra le Sybaris e Copia. Sybaris, è noto, fu abbandonata anche perché Crotone, che aveva vinto la guerra, non ne permise mai la ricostruzione. Naturalmente il Crati e il Sybaris l’odierno Coscile, fecero il loro lavoro, impaludando l’area e posando sedimenti. Quando arrivarono i coloni ateniesi 150 anni più tardi non trovarono più Sybaris ed edificarono sopra i sedimenti portati dalle acque. Già Thurii aveva coperto Sybaris, poi ci fu Copia che in parte coprì e riutilizzò le strutture di Thurii; quindi varie alluvioni e impaludamenti dal VII secolo d.C. e poi la bonifica hanno sopraffatto l’area con un ulteriore e imponente strato di oltre un metro e tutto questo ha portato Sybaris a sei metri sotto terra».
«È possibile effettuare scavi archeologici che recuperino quelle evidenze. È stato già fatto negli anni ’70, lo ha fatto anche il prof. Greco agli inizi del 2000 e lo rifaremo anche noi. Una cosa però e impiantare un programma di ricerca archeologica in cui si vede e si scava, un’altra è tenere visibili cose che sono sei metri sotto terra nel mezzo di una palude e di una falda acquifera. Si tratta di un lavoro staticamente complicato, costosissimo e anche pericoloso. Lo faremo, naturalmente. Il piano di messa in sicurezza dal rischio idrogeologico mira anche a questo, ma è un piano lungo costoso e che porterà i suoi frutti in un futuro non vicinissimo. Nel frattempo – conclude Filippo Demma – faremo delle incursioni nel nostro passato più antico e ne daremo conto al nostro pubblico tenendo gli scavi aperti finché sarà possibile e poi mostrando immediatamente i reperti, raccontando i risultati con tutte le tecnologie a disposizione». (l.latella@corrierecal.it)

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