CATANZARO «L’allungamento delle aspettative di vita comporta una maggiore e più significativa presenza di appartenenti alla terza età nel contesto sociale. Ciò si traduce anche in una aumentata incidenza di determinate malattie di natura cognitiva. Ecco perché è importante realizzare degli approcci nuovi che diano opportunità diverse, ponendo al centro della nostra attenzione il benessere globale della persona e quello del familiare. Alla luce, inoltre, di quanto l’interazione possa essere un pilastro importante nel percorso di chi è colpito da malattie legate alla demenza, ed alleggerire di conseguenza il carico assistenziale dei caregiver, ho sottoposto all’attenzione della Giunta regionale, che ne ha approvato pienamente la ratio, una delibera il cui obiettivo fosse proprio la rete dei servizi territoriali rivolti a quella fascia di utenza che presenta sindromi quali l’Alzheimer». Lo afferma l’assessore regionale alle Politiche sociali, Tilde Minasi. «Come ente infatti – prosegue la Minasi – abbiamo ritenuto opportuno promuovere azioni integrate che guardino al sostegno, al sollievo e all’integrazione, pensando non solo ai centri diurni ma anche alla realizzazione di ulteriori spazi con la creazione dei cosiddetti “caffè Alzheimer”, i quali si pongono come vere e proprie palestre di relazione sia del malato con l’operatore, debitamente formato, che del familiare con quest’ultimo, nonché del miglioramento dei rapporti tra il paziente e i congiunti. Un intervento che, quindi, riguarda non solo i diretti interessati, ma anche chi vive costantemente le difficoltà connesse a determinate situazioni, così da fornire risposte specifiche e creare condizioni che siano benefiche sia per i pazienti che per le comunità. Per le persone con Alzheimer, infatti, le cure sanitarie da sole non bastano, ed è necessario – spiega l’assessore regionale alle Politiche sociali – investire di più in quelle terapie psico-sociali che trovano il loro focus anche in questi luoghi di aggregazione e di recupero della socializzazione dove si impegnano i soggetti stimolandone le abilità e le capacità ancora presenti, con tutte le ricadute positive che ne conseguono. Il servizio, poi, si indirizza pure a chi accudisce i propri cari prevedendo anche quella sostituzione temporanea nelle responsabilità di cura durante l’orario di lavoro o comunque nei periodi di impossibilità e fornendo aiuto grazie al confronto con chi vive le stesse esperienze e con addetti specializzati. Il tutto non può che incidere favorevolmente sulla quotidianità dell’intero nucleo familiare che si trova a gestire un malato di Alzheimer, nonché sul malato stesso che, affrontando in maniera differente il decorso della patologia, può registrare miglioramenti anche sotto l’aspetto dei disturbi comportamentali. Questo percorso, insieme agli progetti messi in campo sino ad oggi dall’assessorato al Welfare, vuole strutturare un modello di politiche sociali volto – conclude la Minasi – ad un concreto attivismo dei beneficiari, cui non deve andare solo l’assistenza tout court senza che questa sia accompagnata da un progetto di vita sociale e personale che ne consenta integrazione e favorisca l’abbattimento di barriere di isolamento e solitudine».
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