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Rinascita, il prestito da un milione e 600mila euro e il «reddito sotto la media»

Secondo le indagini del Ros, l’imprenditore Artusa nel 2003 ha contratto un grosso mutuo ma «gli si contesta la difficoltà di poterlo pagare»

Pubblicato il: 06/01/2022 – 7:06
di Alessia Truzzolillo
Rinascita, il prestito da un milione e 600mila euro e il «reddito sotto la media»

LAMEZIA TERME Il 4 dicembre 2003 Mario Artusa ha ottenuto un mutuo di un milione e 600mila euro. Una sproporzione – secondo gli investigatori del Ros – rispetto al reddito dichiarato. L’equazione sulla sproporzione è stata tradotta nel corso del processo Rinascita-Scott dal maresciallo Antonella Panzino, interrogata dal sostituto procuratore della Dda di Catanzaro Antonio De Bernardo. «È stato necessario proiettare dall’altra parte, nella parte delle uscite, gli eventuali pagamenti – ha spiegato l’ufficiale –. Artusa ha stipulato questo mutuo ponendo in garanzia la casa, ancora in corso di costruzione perché c’era il terreno, nella frazione Porto Salvo di Vibo. Dopo sono stati posti in garanzia dei crediti delle aziende». Secondo quanto hanno rilevato le indagini, il piano di ammortamento prevedeva 180 rate mensili di 11.516,85 euro «che non possono essere pagate se non da redditi elevati».
Sono stati posti in garanzia dei crediti, di 700 e 250mila euro, delle società di Artusa, Mart e Modart. Crediti che sarebbero stati ceduti alla Banca. In seguito c’è stata una rinegoziazione del mutuo abbassando la rata di qualche migliaio di euro.

«Artusa non aveva il reddito per pagare le rate del mutuo»

Secondo l’analisi del Ros, Artusa – imprenditore nel settore dell’abbigliamento ritenuto vicino alla cosca Mancuso di Limbadi – «non poteva disporre immediatamente di 11mila euro al mese per poter pagare questo mutuo». L’imprenditore ha avuto un prestito molto elevato dalla Banca popolare Antoniana Veneta, dice il maresciallo Panzino, però «gli si contesta la difficoltà di poterlo pagare per incapienza reddituale».
Nel 2006 il mutuo viene rinegoziato con un nuovo piano di ammortamento che prevedeva il rimborso del capitale rimasto di un milione 428mila euro. 

«Ma le rate sono state pagate?»

Viene abbassata la rata a 8.570 euro per la durata di 264 mesi dal 12 luglio 2006 all’11 luglio 2028.
«Ma le rate sono state pagate?», chiede il pm.
Il maresciallo fa notare che risultano dei pignoramenti di alcuni beni e questo potrebbe voler dire che un residuo non sia stato saldato. Le garanzie dei crediti delle società Mart e Modart avrebbero giustificato il pagamento di parte del mutuo. «Questi crediti sono vantati da Artusa per aver lui stesso prestato alla sua azienda 700 più 250mila euro quando non aveva redditi. Quindi anche quella provvista, come si spiega?», è il punto di domanda che il maresciallo pone al termine della propria analisi. Secondo l’ufficiale la «storia reddituale degli Artusa è molto sotto la media. Tra l’altro risulta prima amministratore delle proprie società e poi dipendente negli ultimi anni. Ma sono dei cud proprio bassi».
Secondo l’accusa non vi è la certezza che il mutuo sia stato pagato fino alla fine. «Si possono solo fare delle ipotesi – chiede il pm – di come potrebbe aver pagato: o riscuotendo i crediti delle società o attingendo a chissà quali risorse, otteniamo dei dati algebrici che sono quelli delle rimanenze. Tenendo conto che abbia pagato in qualche modo».
«In qualche modo, sì, ma non dal reddito», risponde il maresciallo Panzino.
«Ma se fino alla negoziazione ha pagato e poi non ha pagato più questo come si rifletterebbe sui dati?», chiede il pm.
«Ancora peggio – è l’analisi ipotizzata dall’ufficiale – perché significherebbe che ha potuto godere di un milione e 600mila euro pagandone una parte e dopo ignorando tutto il resto, con le aziende fallite così non si poteva recuperare nulla, non intestandosi quasi nulla. L’unica casa intestata è occupata dai figli e dall’ex moglie quindi non si possono mandare via». (a.truzzolillo@corrierecal.it)

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