COSENZA Si è conclusa con la richiesta di condanna a 16 anni di carcere nei confronti di Domenico Mignolo, la requisitoria del sostituto procuratore di Catanzaro Raffaella Sforza. Il trentenne cosentino è accusato della morte di Antonio Taranto, ucciso – nel 2015 – al culmine di una discussione a via Popilia a Cosenza.
Nel corso del procedimento sono state acquisite le confessioni di alcuni collaboratori di giustizia cosentini: Luciano Impieri, Celestino Abbruzzese e Giuseppe Zaffonte. Secondo i pentiti, a cadere nella sparatoria sarebbe dovuto essere Leonardo Bevilacqua mentre Taranto fu ucciso per errore. Con Bevilacqua c’era stata una lite in una discoteca cittadina, in seguito alla quale si era concordato il chiarimento concluso con l’omicidio. A rivelarlo Celestino Abbruzzese, che riporta frasi riferite dal proprio fratello. Per Abbruzzese, inoltre, dopo l’episodio sarebbe stata organizzata una riunione per provare a risolvere la questione e requisire le armi, evitando così l’esplosione di una vera e propria faida. Questo passaggio sarebbe stato chiarito da Zaffonte, che avrebbe partecipato personalmente all’incontro convocato per evitare un’escalation della tensione tra le fazioni: da un lato il gruppo di Antonio Abbruzzese, dall’altro quello che faceva riferimento a Rango. Sia Zaffonte che Celestino Abbruzzese riferiscono che, secondo le informazioni in loro possesso, a sparare fu Domenico Mignolo, affacciandosi dalla finestra «per colpire Leonardo Bevilacqua». Impieri, da parte sua, avrebbe confermato che a sparare sarebbe stato Mignolo, ribadendo la necessità di convocare la riunione successiva per «mettere una pietra sopra» alla vicenda e far tacere le armi. (f.b.)
x
x