CATANZARO Si intitola “‘Ndrangheta, un processo per la storia” il reportage che l’emittente France24 ha dedicato alla criminalità organizzata in Calabria partendo dal maxiprocesso Rinascita, istruito dalla Dda di Catanzaro contro le cosche di Vibo Valentia. Se l’Italia tace, la stampa estera manda i propri giornalisti in Calabria per costruire lunghi e articolati servizi. E per la Francia questo non è il primo reportage se, tra gli articoli della stampa d’oltralpe, contiamo pure il documentario in fase di realizzazione prodotto dalla Disney.
France24 ha inviato in Calabria i propri corrispondenti da Roma, tra i quali la giornalista Louise Malnoy, a seguire l’attività di contrasto alla criminalità organizzata guidata dal procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. I francesi partono dal mostrare la vita blindata del magistrato il quale racconta la propria sotto scorta dal 1989. Una scorta che si è fatta ancora più stretta e stringente negli ultimi anni, con le nuove minacce contro il procuratore intercettate dagli investigatori. Gratteri spiega come le misure di sicurezza siano diventate più attente e siamo aumentati i controlli durante i percorsi. Il paragone, che ricostruisce France 24, è con le stragi che hanno ucciso i giudici Falcone e Borsellino.
Le prime immagini sono girate negli uffici della Procura di Catanzaro e raccontano una comunicazione tra Nicola Gratteri e i suoi pm. Direttamente al cuore delle attività investigative: «I rischi sono aumentati negli ultimi tempi – spiega il procuratore –, quando abbiamo spinto più in là, e sempre più in profondità, le nostre indagini». Le telecamere si soffermano sulle effigi di Falcone e Borsellino nello studio del magistrato. E le sue parole tornano all’attentato progettato contro uno dei suoi figli: «Ha una moto, avevano programmato di ucciderlo facendolo sembrare un banale incidente».
France 24 mostra il lavoro dei carabinieri di Vibo Valentia. E attraverso la voce del capitano Alessandro Bui, racconta l’arresto del latitante Domenico Bonavota: «Avevamo solo cinque minuti per entrare in azione. Nei pressi della casa c’erano persone per garantire una copertura al latitante mentre lui era nascosto sotto il letto».
A Nicotera, l’inviata Louise Malnoy incontra Carmine Zappia, imprenditore che ha deciso di denunciare. «Non è facile, ma ne vale la pena – dice –. Abbiamo bisogno di cambiare, e questo comporta sacrifici ma è necessario». Il suo negozio di tabacchi era costretto a pagare il pizzo. «Pagavo 15mila euro ogni tre mesi. A un certo punto ho capito che non avrebbero mai smesso. E non avevo più un euro per pagare». Ogni mattina le minacce diventavano più pesanti, fino a quando Zappia non ha deciso di denunciare «e due mesi dopo i miei aguzzini sono stati arrestati». Anche se la sfida ai clan gli è costata parecchi clienti. «Dobbiamo ringraziare il Signore che lo abbia fatto, perché non è facile. Ci leviamo il cappello davanti al signor Zappia», dice uno degli avventori.
I riflettori si spostano sul porto di Gioia Tauro, legato – spiega l’inviata – alla crescita del boss Luigi Mancuso nei ranghi della ‘ndrangheta che conta. Giorgio Pugliese, responsabile antifrode dell’Ufficio Dogane spiega: «In questo porto passano ogni anno tonnellate di cocaina, non chili. Nel 2020 il nostro ufficio ne ha sequestrato circa sette tonnellate». Sono una quarantina i container ispezionati ogni giorno e soltanto il 10-15% della droga importata viene intercettata dai controlli. «È come trovare un ago in un pagliaio», dice Loris Spadafora, uno dei responsabili delle verifiche.
France24 arriva a Soriano Calabro, piccolo centro delle Preserre vibonesi stretto nella morsa di una guerra di mafia tra le cosche Loielo ed Emanuele. La tv entra in casa di Martino Ceravolo, un commerciante, un padre al quale oggi non resta che mostrare i ricordi di suo figlio Filippo, morto a soli 19 anni, vittima innocente di un agguato di mafia il 25 ottobre 2012. Casa di Martino è un santuario dedicato a Filippo. Martino ha incorniciato anche il biglietto del treno che avrebbe dovuto portare Filippo a vedere a Pescara la partita della sua squadra del cuore, la Juventus. Un songo che il ragazzo non ha mai realizzato.
La vita di questo padre è protesa a mantenere viva la lotta per ottenere giustizia e verità. E a ricordare a tutta la popolazione la morte di un innocente in un agguato destinato a un altro, c’è un monumento al centro di Soriano che svetta contro il cielo e porta un medaglione al centro col viso del 19enne.
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