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Cosenza, Galeazzi: «Nessuno ha mai creduto al suicidio di Bergamini»

L’ex compagno del giocatore di Argenta testimonia nel processo in corso in Corte d’Assise. L’incontro casuale con Internò: «Pensi non dica la verità?»

Pubblicato il: 10/01/2022 – 17:20
di Fabio Benincasa
Cosenza, Galeazzi: «Nessuno ha mai creduto al suicidio di Bergamini»

COSENZA «Nessuno di noi nello spogliatoio ha mai creduto al suicidio di Denis Bergamini: un giovane con un contratto sul tavolo, oneroso e in Serie A, lascia il ritiro e va uccidersi a 100 chilometri di distanza? Era pieno di vita e per questo dico che non si è ucciso. Il mio non è un dubbio ma una certezza». Sergio Galeazzi ex giocatore del Cosenza Calcio, è il testimone chiamato a deporre nel processo in corso in Corte d’Assise a Cosenza e che mira a far luce sulla morte dell’ex calciatore. Amico del centrocampista di Argenta scomparso il 18 novembre del 1989, Galeazzi ripercorre i mesi precedenti la morte: dall’acquisto della Maserati fino alla relazione con Isabella Internò.

L’acquisto della Maserati

«Gli anni trascorsi a Cosenza sono stati i migliori della mia carriera», confessa Galeazzi che aggiunge: «firmai un triennale da 30 milioni a salire, ero giovane». «Eravamo in ritiro quando vennero a farci vedere questa auto, una Maserati, la provammo io e Denis. «Prima di esprimere un giudizio chiamai mio padre – continua Galeazzi – e ricordo mi disse “tu sei pazzo a voler comprare una Maserati”, mi dissuase dall’acquistare la vettura che poi comprò Denis». Bergamini prima di concludere l’acquisto «mi disse “se vuoi prendila”, ma rifiutai». Sull’episodio il teste viene incalzato prima dalle domande del pm poi nel controesame dall’avvocato di Isabella Internò, Pugliese. A proporre l’acquisto dell’auto ai due calciatori furono, secondo il racconto di Galeazzi: Santino Fiorentino (ex dirigente del Cosenza) e suo cognato.

Pallone e mala cosentina

Tra la fine degli anni 80′ e gli inizi degli anni 90′ gli spogliatoi del San Vito si riempiono di chiacchiere sulle presunte cattive frequentazioni di alcuni calciatori. Galeazzi precisa di non aver mai notato nulla di anomalo e quando viene chiesto cosa sappia a proposito di tale Tonino Paese risponde richiamando le confessioni di alcuni suoi conoscenti che lo avrebbero etichettato come «poco di buono», un soggetto che «apparteneva alla mala cosentina». Su Tonino Sena, invece il teste risponde con un «non ricordo» ed esclude qualsiasi conversazione avviata con i soggetti chiamati in causa in merito alla morte di Denis Bergamini. Il pm Luca Primicero contesta le affermazioni di Galeazzi e richiama una intercettazione con protagonisti lo stesso ex calciatore del club silano e Giuseppe Scienza (ex calciatore del Torino e compaesano di Galeazzi). Nella captazione, Galeazzi si rivolge al suo amico: «Ma no lì non c’è di mezzo niente, già allora quando era successo sono venuti da noi e hanno detto noi qua non c’entriamo niente, se c’eravamo di mezzo noi non lo trovavate più. Non lo lasciavano in mezzo alla strada». Il testimone ricorda di aver appreso questa informazione, ma precisa di non aver mai incontrato nessun soggetto legato o presunto appartenente alla mala cosentina.

Il 18 novembre 1989

Il gruppo del Cosenza era coeso. Tanti i giovani in rampa di lancio e molti i rapporti stretti tra compagni di spogliatoio. «L’allenatore voleva invitarci a mangiare da lui e Denis disse rinviare alla settimana successiva dopo la gara con il Messina. Diceva che avremo battuto il Messina e che avremo festeggiato». Il flashback di Galeazzi riporta tutti indietro nel tempo, ai giorni ed alle ore precedenti la morte di Bergamini. Il 18 Novembre 1989 «abbiamo fatto allenamento e siamo andati al motel Agip per pranzo, poi dopo un po’ di riposo ci siamo recati al cinema Garden». «L’allenamento finì intorno alle 11.30, dopo qualcuno è passato da casa prima del pranzo, altri si sono diretti al Motel». Dopo aver mangiato qualcosa, Galeazzi e Lombardo (compagni di stanza) raggiungono le loro camere per un riposino e la stessa cosa fanno Denis e Michele Padovano. «Abbiamo riposato fino alle 16 e poi Denis disse che avrebbe preso la sua macchina per andare al cinema». «Arrivammo intorno alle 16.30 e prendemmo posto verso le ultime file, Denis invece era seduto due file sotto la nostra, versa destra». Galeazzi ricorda un particolare dettaglio legato ai minuti antecedenti l’inizio del film. «facevamo dei pallini con il biglietto del cinema per tirarli sulla testa a Denis. Lui si girò sorridendo». «Non ricordo se fosse seduto da solo – aggiunge Galeazzi – forse aveva le braccia larghe». Ad un certo punto però, qualche secondo prima del buoi in sala, Denis si alza e «percorre la scala fino all’uscita. Ricordo che c’erano due persone ma ho visto solo delle sagome e non so chi siano. Poi si sono spente le luci ed abbiamo visto il film».
Nessuno nota l’assenza di Denis, i calciatori completano la visione del film e fanno rientro al Motel Agip per l’ora di cena prevista alle 19.30. «Dopo aver presto posto è partito un applauso – aggiunge Galeazzi – perché Denis non era a tavola e quando facevi ritardo prendevi una multa». Era una goliardata, roba da spogliatoio. «Ricordo – continua il testimone – che l’allenatore chiese al fisioterapista Maltese di andare a chiamare Denis in camera perché pensava si fosse addormentato». Dopo qualche minuto però al Motel Agip giungeranno due telefonate. La prima sembrò a tutti uno scherzo, e l’allenatore rossoblù «chiese a me e a Lombardo se Denis fosse ancora fidanzato, rispondemmo di no ed esclamò “allora è uno scherzo”». Poi però arrivò una seconda telefonata e questa volta un cameriere ad annunciò al gruppo che «avevano chiamato i carabinieri per confermare la morte di Denis, investito da un camion». L’allora direttore sportivo, Ranzani, balzò dalla sedia e senza proferire parola si diresse sul luogo della morte.

Una strana telefonata

L’ora del riposino pomeridiano, Denis la trascorse con l’amico e compagno di stanza Michele Padovano. Lo stesso attaccante ex Juventus, confessa Galeazzi, «mi disse che Denis ricevette una telefonata e rimase sul letto fissando il soffitto». In quel periodo Bergamini aveva interrotto la relazione sentimentale con la giovane Internò: «i due si erano lasciati mesi prima della morte. Lei non accettava la fine della storia. Denis mi disse che si fermò a Monza con una nuova ragazza con cui non fece nulla ma che era stato benissimo. Della circostanza erano stati informati anche altri compagni». Il giorno dopo il funerale di Bergamini, Galeazzi incontra (per caso) Isabella Internò. «Mi trovavo nei pressi del quartiere “Città 2000” a Cosenza e «mi chiese perché non l’avessi salutata. Io risposi dicendo che non l’avevo vista e lei aggiunse “pensi che non abbia detto la verità?“.
Sulla morte di Bergamini, invece, Galeazzi sembra aver pochi dubbi anzi nessuno. Ripete più volte di non aver mai creduto al suicidio e di non essere a conoscenza del motivo per cui Denis fosse finito a Roseto Capo Spulico. Sul punto, il teste precisa: «mi dissero che c’era un carabiniere da quelle parti e che era parente della famiglia di Isabella o dell’attuale marito».

L’aborto di Isabella Internò

«Ho conosciuto meglio Donata dopo la morte del fratello Denis. Abbiamo avuto un rapporto legato ad uno scambio di idee su quanto accaduto e ci sentivamo almeno una volta a mese, sono stato anche a casa di Donata». Galeazzi descrive il rapporto che lo lega alla famiglia Bergamini, e ricorda di aver appreso della riapertura delle indagini e dell’ipotesi dell’omicidio proprio da Donata Bergamini. Dell’aborto di Isabella Internò (avvenuto nel 1987), il testimone dice di averlo appreso direttamente da Denis «durante la preparazione». «Mi disse che i familiari della fidanzata lo misero con le spalle al muro “o sposi Isabella o ci saranno delle conseguenze“. Denis «non voleva sposarla ma solo fare il genitore».

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