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«Ti ammazzo come i cani». La ferocia del clan di Platì a Milano – NOMI

Le minacce del 30enne Rocco Barbaro per il debito su una “partita” di droga. Per il gip, seppure «incensurato» aiuta il padre nella gestione del narcotraffico

Pubblicato il: 10/01/2022 – 12:21
«Ti ammazzo come i cani». La ferocia del clan di Platì a Milano – NOMI

MILANO «L’ho presa e l’ho messa sul tavolo(l’arma, ndr) … gli ho detto … vedi che ti ammazzo… come ai cani ti ammazzo… e me ne sono andato». Così si esprimeva, intercettato, Rocco Barbaro, 30 anni, arrestato assieme al padre Antonio, 53 anni, nell’inchiesta della Gdf di Pavia e del pm della Dda milanese Gianluca Prisco, che oggi ha portato anche ad altre 11 misure cautelari e con al centro le storiche famiglie ‘ndranghetiste originarie di Platì (Reggio Calabria) e radicatesi nel Nord Italia, in particolare nei territori a cavallo tra le province di Pavia, Milano e Monza Brianza e nel Torinese. Le accuse vanno dall’associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti alla detenzione e porto di armi fino ad una serie di episodi di estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. E in questo quadro si inseriscono le intercettazioni, con frasi intimidatorie, contenute nell’ordinanza di oltre 100 pagine firmata dal gip Raffaella Mascarino.

«Vedi che ti ammazzo». Le minacce per un debito di droga

Il 12 dicembre 2019, si legge, Rocco Barbaro si recò a casa di un persona per riscuotere «un credito» da 20mila euro su una “partita” di droga e «iniziava a suonare il clacson e chiamarlo a gran voce» e, dato che il debitore non scendeva perché «intimorito», con uno «stratagemma riusciva ad entrare nell’abitazione e lo minacciava e dopo aver poggiato la pistola sul tavolo, dicendo “vedi non voglio arrivare a questo…ma tu mi stai portando a queste conseguenze… tu non devi rompere le scatole … vedi che ti ammazzo, come ai cani ti ammazzo”».

Rocco Barbaro, «incensurato» ma «pericoloso»

Nonostante la sua «formale incensuratezza», scrive il gip sulla posizione di Rocco Barbaro, «la pericolosità dell’indagato è emersa chiaramente nell’analisi della presente indagine» come «costante coadiutore del padre Antonio nella gestione del narcotraffico e nelle attività criminali ad esso strumentali (armi ed estorsioni)».

Il ruolo delle donne

Tra i destinatari dell’ordinanza cautelare, con la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, c’è anche Maria Loreta Molluso, moglie di Rocco Barbaro e, secondo l’accusa della Dda, «partecipe dell’associazione con il compito di custodire lo stupefacente ed accompagnare il marito nei viaggi finalizzati alla cessione di cocaina extraregione».
Il gip, comunque, evidenzia che «per quanto riguarda le posizioni delle altre due presunte partecipi all’associazione», ossia Maria Loreta Molluso e Maria Romeo, anche lei indagata e moglie di Antonio Barbaro, a prescindere «dalle loro responsabilità nei singoli delitti» le due donne «non sembrano aver fornito alcun contributo significativo al funzionamento dell’apparato organizzativo predisposto dai loro mariti/figli, neppure dal punto di vista del rafforzamento del loro proposito criminoso».

Gli indagati

In carcere

Antonio Barbaro, Platì 1969;
Rocco Barbaro, Locri 1992;
Andrea Barbieri, Pavia 1976;
Francesco Antonio Cannata, Pizzo 1959;
Michele Cannata, Vibo Valentia 1981;
Mauro De Benedetto, Francoforte 1971;
Antonio Santo Perre, Locri 1989;
Domenico Sergi, Platì 1972.

Arresti domiciliari

Gianluca Infede, Torino 1972;
Domenico Rotella, Tiriolo 1965;
Ferdinando Matteo Sanfilippo, Milano 1971;
Franco Violi, Volpiano 1967;
Giuseppe Violi, Reggio Calabria 1992.

Obbligo di dimora

Domenico Mario Paladino, Albidona 1974.

Obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria

Maria Loreta Molluso, Locri 1998;
Luca De Giorgio, Rho 1983;
Pasquale De Giorgio, Oppido Mamertina 1958.

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